Era il 22 gennaio 2014 quando il team di Warhorse Studios, fondato nel 2011 e capeggiato da Daniel Vávra, annunciava l’avvio della campagna in crowdfunding per Kingdom Come: Deliverance. La campagna su Kickstarter raggiunse in poco meno di un mese la soglia monetaria prefissata dal team, e la situazione si sviluppò definitivamente dopo circa un anno: il 3 marzo 2015 venne pubblicata una beta riservata ai backers della campagna. Di tempo ne è passato decisamente molto da quel giorno, fino alla pubblicazione del titolo, avvenuta lo scorso 13 febbraio sulle console next-gen e su PC e accompagnata da una patch al day-one di ben 28 GB: un primo segnale che ci ha lasciati decisamente perplessi, senza tuttavia farci partire in pregiudizio.
Ci teniamo a precisare alcune cose. Abbiamo giocato a Kingdom Come: Deliverance con la coscienza di non trovarci dinanzi ad un titolo tripla A, o quantomeno non prodotto da un’azienda leader nel settore videoludico. Sì, perchè sebbene Warhorse Studios sia sotto il controllo di Daniel Vávra, ex dipendente di 2K Czech, il team è pur sempre composto da sviluppatori minori, e finanziato dal milionario Zdeněk Bakala: l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco non sono mancate, e ciò si nota sicuramente giocando a KC:D.
Inoltre, abbiamo potuto provare la versione PS4 Fat: non sappiamo chiaramente quale sia la posizione di Warhorse Studios, ma sappiamo per certo che il titolo è stato ottimizzato ad-hoc per PS4 Pro, anche se i pareri della critica internazionale restano comunque discordanti.
Sottolineiamo un concetto: è lecito rimandare qualsiasi opinione personale alle future patch. Questa recensione si basa su quanto abbiamo potuto raccogliere ora, ma di certo alcuni pareri andranno riletti sotto un’altra luce dopo i prossimi aggiornamenti.
Riverenza e pregiudizi nella Boemia medievale
L’incipit del gioco è quanto di più semplice si possa immaginare. Le prime scene, infatti, vedono il protagonista, Henry, svegliarsi nella propria casa, situata nella cittadina di Skalica. Henry è il figlio del fabbro, ben visto dal governatore locale, ser Radzig, il quale ha commissionato ai due la creazione di una spada, che sarà in qualche modo il filo conduttore dei primi momenti di gioco. Come un fulmine a ciel sereno, arriva l’esercito dei Cumani, mandato dall’aspirante al trono Sigismondo, fratello dell’attuale imperatore Venceslao. L’esercito pone sotto assedio Skalica, costringendo il giovane Henry a fuggire dal feudo in cerca di aiuto nelle vicinanze.
Ciò che gli sviluppatori hanno voluto restituire al giocatore è la sensazione di pura e semplice vita quotidiana medievale, che sta alla base dell’estremo realismo su cui si basa tutta la produzione. Conclusi i primi discorsi con la madre, infatti, ci troveremo a guidare Henry nella propria casa e in città: il numero di azioni che è possibile compiere rende subito idea della peculiare attenzione riposta nei minimi dettagli. E’ possibile ad esempio mangiare dalla pentola sul focolare, sedersi al tavolo o sugli sgabelli, frugare in alcune casse e sacchi di ortaggi: in un certo senso, la libertà d’azione offerta è quasi paragonabile a quanto visto in Skyrim.
Procedendo attraverso le quest principali, delle quali non vogliamo spoilerarvi nulla, siamo rimasti davvero colpiti dalla capacità di coinvolgimento offerta dalle cut-scene, secondo noi davvero ben fatte, che ripagano appieno una storia molto interessante. Dopo cinque ore di gioco ci siamo trovati ai titoli d’inizio, segnando praticamente la fine del prologo: una scelta un po’ bizzarra che ci ha lasciati di stucco, ma che forse dà un primo segnale circa la longevità del titolo, probabilmente molto estesa.
Storicismo a profusione
Ci ha colpito soprattutto un altro aspetto di Kingdom Come: Deliverance, ossia l’attenzione (maniacale) riposta sulla veridicità storica. Ad ogni nuova scoperta, sia essa il mugnaio, il bagno pubblico, il mercante o il locandiere, apparirà una nuova voce nel Codex, una sorta di diario sul quale sarà possibile leggere una quantità enorme di informazioni sulla vita del tempo. Informazioni che non sono semplicemente scritte, ma sono concretizzate nel gioco, permettendo di giocare in una vera società medioevale ricreata alla perfezione. Lo stesso vale per le vicende storiche, raccontate man mano che si procede nella storia con particolare accuratezza, segno di come Warhorse Studios si sia impegnata molto nella ricerca della veridicità.
Una realtà ricreata anche sul piano delle relazioni interpersonali: dialogare con un ricco signorotto vestiti da garzoni farà perdere di credibilità nei suoi confronti, mentre a parti invertite metterà Henry in una posizione di superiorità carismatica. La persuasione nei dialoghi si basa su un sistema semplice, ma efficace. Per ogni tipologia di discorso (persuasione, irruenza, corruzione e così via) appare una griglia nella parte bassa dello schermo: ad Henry sono assegnati dei valori, corrispondenti alle abilità di dialogo sviluppate. Se tali valori superano i valori assegnati all’interlocutore, il dialogo volgerà a favore del nostro protagonista. Anche la compravendita presso i mercanti funziona secondo un sistema di persuasione, sebbene un pò diverso: è piuttosto una contrattazione, sulla quale influisce anche in questo caso l’abilità corrispondente.
Particolare importanza è stata riposta sull’apparenza del personaggio. Nel Medioevo i pregiudizi la facevano da padrone, quindi gli sviluppatori hanno agito di conseguenza. La presenza di trogoli e bagni pubblici non è casuale, dato che lavarsi assume un ruolo fondamentale: ad esempio, presentarsi alla gente coi vestiti sporchi vi farà passare per delinquenti. Come già citato prima, anche l’abbigliamento riveste un’importanza notevole: ci è capitato di dialogare, vestiti di un’armatura luccicante, con un paesano che mostrava grande riverenza nei nostri confronti, mentre il balivo del paese, al vederci addosso gli stracci, ci ha mandati via brutalmente.
Va segnalata la presenza di molte attività secondarie: si passa dalla caccia al lavoro come fabbro, dai minigiochi alle gare di arcieria, fino ai duelli o alla possibilità di pattugliare le mura dei feudi. Tutte queste attività faranno guadagnare reputazione a Henry e faranno cambiare il suo rapporto con i cittadini del luogo.
Un gameplay lento, ma (abbastanza) funzionale
Anche il gameplay resta saldo all’estrema volontà di realismo impiegata da Warhorse Studios. Bisogna riconoscere il merito di aver introdotto una progressione del personaggio profondissima, che permette di sviluppare abilità e conoscenze in grande abbondanza. Pregevole il fatto che nessuna di queste renderà Henry invincibile: in questo senso, la progressione va di pari passo con il naturale apprendimento delle nuove skills in maniera del tutto realistica, negando ad esempio farming ripetitivi e facili da ottenere.
Il nostro personaggio, poi, percepisce la fame, la stanchezza, gli effetti negativi dei cibi avariati e perfino la fatica cumulativa nel trasportare troppo peso. Tutte condizioni vitali che riconfermano per l’ennesima volta la volontà di creare un gameplay il più verosimile possibile, senza scadere (quasi mai) nell’assurdo: Henry risentirà anche della comodità dei giacigli su cui si ritroverà a dormire, o del troppo cibo ingerito. Insomma, è chiaro che il team di Warhorse ha svolto un lavoro egregio, prestando attenzione al minimo dettaglio, se pensiamo che nelle fasi stealth influisce anche la condizione igienica del nostro protagonista: essere sporchi e imbrattati di fango farà sì che l’odore addosso ad Henry si sparga nelle vicinanze, allertando gli NPC.
Tutto sommato, anche i combattimenti ci sono sembrati credibili. Essi si basano su un puntatore a stella, dotato di cinque punte e di un “perno” centrale. Le cinque punte rappresentano le cinque direzioni dalle quali è possibile attaccare, selezionandole di volta in volta, mentre il “perno” centrale rappresenta la stoccata, effettuabile con il tasto R1. Sviluppando le abilità di Henry, sarà possibile apprendere nuove combo che introducono maggiore varietà nei combattimenti, senza contare poi le abilità di parata con gli scudi o con le spade stesse. Dobbiamo tuttavia segnalare alcuni problemi, relativi soprattutto alle collisioni: ci siamo ritrovati a combattere contro un cittadino sprovvisto di armi e di armatura. Noi, corazzati e armati di spada e scudo, nonostante riuscissimo a colpirlo più volte, lo abbiamo abbattuto dopo parecchie stoccate: ci è sembrato che le collisioni talvolta non funzionano a dovere, menando fendenti che nemmeno sfiorano l’avversario nonostante la vicinanza.
Simile è la nostra opinione riguardo l’arco e l’arcieria. Warhorse non ha introdotto un puntatore, in sintonia ancora una volta con il realismo che pervade il gioco: l’abilità di tiro, quindi, si baserà unicamente sul fare esperienza, andando a caccia il più possibile e imparando volta per volta le traiettorie ideali. Un sistema che ci è piaciuto, perchè ha avuto il coraggio di “stravolgere” gli standard dei GDR, ma che al contempo ci ha spesso irritato. In alcune missioni, ad esempio, dovrete andare a caccia di lepri nel bosco, animali abbastanza piccoli e talvolta difficili da vedere: molto spesso capita di scoccare una moltitudine di frecce letteralmente “a vuoto”, e in alcuni casi non colpiscono nemmeno il bersaglio, sebbene l’animazione della freccia finisca addosso all’animale. Chiaramente è necessario far pratica il più possibile e capire quali siano le altezze ideali di tiro, e dopo un po’ di tentativi si riesce a entrare nel meccanismo, nonostante sia sempre piuttosto difficoltoso da usare.
Per quanto riguarda lo scassinamento, non vogliamo ancora esprimerci in via definitiva, dal momento che Warhorse ha promesso di risolvere i relativi problemi nella prossima, attesissima patch. Per il momento, possiamo dire che si tratta di un sistema sicuramente più realistico di quelli visti in altri GDR, ma davvero tosto e difficile da padroneggiare, a tratti irritante come l’arcieria.
Tutto sommato comunque il gameplay si è rivelato essere appagante sul lungo periodo, nonostante la complessiva lentezza nel progredire e nel comprendere i meccanismi di combattimento, e siamo sicuri che soddisferà almeno i giocatori più hardcore alla ricerca di un titolo per nulla banale. Il gameplay è reso ancora più profondo dalla possibilità di svolgere le missioni seguendo piste differenti. Ogni scelta cambierà il vostro rapporto con la società, così come vi permetterà di guadagnare tempo o perfino di perderne; altre volte porterà a finali di quest leggermente diversi, con le inevitabili conseguenze del caso, ma la libertà data al giocatore è comunque parecchia.
Un comparto tecnico più croce che delizia
Aprendo il capitolo riguardante il comparto tecnico entriamo probabilmente nella criticità più grande di Kingdom Come: Deliverance, l’aspetto su cui Warhorse Studios dovrà sicuramente lavorare di più, almeno su PS4 ma a quanto pare anche su Xbox One.
Strappiamo subito un complimento per il comparto sonoro, composto da musiche di sottofondo apprezzabilissime e da effetti sonori credibili e realistici, come il suono delle spade che si scheggiano, i passi sopra le pozzanghere, la pioggia e così via. Anche i dialoghi sono ben resi, ricchi di ironia e accompagnati da un doppiaggio più che valido.
Ma è nella grafica e nell’eccessiva presenza di bug che Kingdom Come: Deliverance ci ha fatto davvero storcere il naso. Sia chiaro: i paesaggi ricreati dal team di sviluppo sono bellissimi, e permettono di tuffarsi in una Boemia ricreata con cura maniacale. In questo senso viaggiare diventa un piacere, sia nelle cittadine, sia nelle distese erbose piene di fiori o nelle foreste adiacenti, magari mentre si caccia: gli scorci offerti sono molto belli ed evocativi.
Peccato che proprio nelle città si evidenziano i problemi più gravi, dei quali tra l’altro Warhorse Studios non ha fatto menzione per la prossima patch (almeno finora). Nella nostra versione PS4, entrando all’interno delle mura di un feudo si notano subito pesanti cali di frame rate e soprattutto pop-up e caricamenti di texture in grandissimo ritardo, segno di come il motore CryENGINE sia stato ottimizzato davvero male. Talvolta è necessario recarsi nell’immediata vicinanza di un’abitazione per veder finalmente caricarsi le texture delle mura; altre volte, a pochi metri di distanza da un cittadino, non è possibile vedere ad esempio il suo berretto, che si caricherà in ritardo dopo essersi avvicinati ulteriormente. Altre volte, alcune texture restano slavate e solo parzialmente caricate per tutto il tempo in cui le si osserva. Tutto ciò sembra risolversi fuori dalle mura cittadine, fortunatamente, anche se abbiamo visto intere abitazioni apparire all’improvviso anche in campagna, dove il frame rate è molto più stabile e pop-up del genere solitamente non accadono. A questo si uniscono gravi problemi relativi alle luci riflesse, ai contorni dei personaggi ed all’anti-aliasing.
I bug costituiscono l’altro, grave problema di Kingdom Come: Deliverance. Fermo restando che dobbiamo aspettare la patch, ad oggi è possibile vedere cadaveri sparire dopo una dormita, personaggi che attraversano muri o che camminano addosso ad ostacoli all’infinito, collisioni mancate ed altri piccoli errori. Ma i bug non si limitano solo a questo. Un mugnaio esperto nello scassinamento ci ha regalato qualche grimaldello e ci ha incaricato di esercitarci nello scassinare uno scrigno: ebbene, dopo aver rotto tutti i grimaldelli il dialogo con il mugnaio si è bloccato, o meglio, non è stato proprio possibile premere il comando “Parla” se non dopo una decina di minuti. Altri bug frequenti sono rappresentati ad esempio dai cittadini, che continuano a ripeterci di rinfoderare l’arma, nonostante sia già nel fodero.
Per ultimi (ma non per importanza) meritano di essere menzionati i tempi di caricamento. Siamo consapevoli del fatto che su PS4 Pro e, ancora meglio, su PC siano di sicuro più rapidi, ma per quanto riguarda PS4 Fat sono davvero troppi. Il peggiore in assoluto si registra nel caricamento che porta al menu principale, della durata di almeno due minuti, durante i quali dovrete sorbirvi ogni volta il riassunto del background storico del gioco. I caricamenti sono presenti nelle situazioni più comuni, ad esempio raccogliendo piante e fiori: la raccolta di questi ingredienti comporta l’avvio di un’animazione, non troppo lunga ma del tutto inutile, se si pensa che non avviene lo stesso quando si raccoglie una spada o uno scudo. Allo stesso modo, parlando con un qualsiasi NPC parte un piccolo caricamento con schermata nera, sia all’entrata sia all’uscita dalla conversazione: anche in questo caso non è nulla di biblico, ma di sicuro è fastidioso perchè sostanzialmente è inutile.
PRO
- Un realismo spinto e curatissimo, assolutamente innovativo nel genere dei GDR
- Sviluppo del personaggio profondo e completo
- Storicamente accurato e ricco di informazioni
- Grande libertà d’azione e di scelta, anche nello svolgimento delle missioni
CONTRO
- Cali di frame rate pesanti, pop-up e caricamenti di texture vistosi
- Alcune meccaniche complesse e difficili da padroneggiare
- Bug, glitch e qualche situazione assurda di troppo
- Tempi di caricamento da migliorare
Le nostre momentanee impressioni
Ripartiamo da quanto detto all’inizio: abbiamo giocato Kingdom Come: Deliverance ben sapendo cosa sia Warhorse Studios. Una software house pressochè nuova, sicuramente non all’altezza (economica ed esperienziale) delle “major” come Ubisoft, EA, Bethesda e compagnia. Ma proprio per questo siamo rimasti ancora più colpiti dal lavoro svolto. Competere oggi nel panorama dei videogiochi ad alto livello è una sfida ardua, che richiede competenze tecniche avanzate e soprattutto la capacità di innovare, in un mercato che vede troppo spesso “le solite minestre riscaldate”. Erano anni, forse, che non si vedeva un gioco di ruolo così realistico, profondo e capace di azzardare sulle meccaniche di gioco.
In sostanza, vogliamo chiarire che Kingdom Come: Deliverance è un gioco ambizioso, riuscito a sviluppare (quasi) ogni sua potenzialità. Nonostante i problemi tecnici che lo affliggono, è un titolo che di sicuro merita attenzione, e perciò attendiamo con ansia le prossime patch che, ne siamo sicuri, risolveranno la maggior parte dei difetti segnalati. Probabilmente Warhorse Studios è la dimostrazione di come non sia sufficiente l’esperienza, ma sia necessaria un’altra dote: la passione.
Continuate a seguirci per conoscere le nostre future impressioni, dopo i prossimi aggiornamenti promessi da Warhorse Studios.
Ringraziamo Koch Media Games per la copia stampa di Kingdom Come: Deliverance.
Scrivi un commento