Dopo la conclusione di Minecraft: Story Mode: Season Two con il quinto episodio uscito pochi giorni fa, sentivo fortemente il bisogno di scrivere un pezzo del genere. Un articolo dettato dall’amore che ho saputo provare per Telltale Games e le sue storie, un sentimento che oggi, ma non da oggi, non c’è più. L’ennesima delusione è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quando nel 2004, in California, venne fondata Telltale Games, forse nessuno all’interno dello studio si sarebbe mai aspettato il successo che la software house ha raccolto in questi anni. Dopo un inizio traballante e con esperimenti come CSI: Omicidio in 3 dimensioni o Sam & Max, anche per Telltale, casa specializzata in avventure grafiche a episodi con una forte componente narrativa e una ramificazione intrecciata delle scelte del giocatore, venne il momento del grande passo per farsi conoscere nel mondo dei videogiochi che contano. Questa occasione fu la collaborazione con Lucasarts per il quinto episodio di una serie storica, Tales of Monkey Island, gioco molto criticato dalla fanbase originale del gioco ma accolto altrettanto positivamente dalla critica e da una grossa fetta del pubblico. Questo gioco, nel 2009, rappresentò l’inizio di una fulgida carriera per i ragazzi di Telltale Games, un percorso di crescita formativa e non solo che ha quasi permesso all’azienda californiana di sedersi al tavolo dei grandi. Quasi, però. Perché la macchina Telltale, negli ultimi anni, si è clamorosamente inceppata.
Tales of Monkey Island non aveva certo deluso le aspettative dello studio, e commercialmente anche i successivi titoli “principali” della software house si dimostrarono motivo di vanto. Back to the Future: The Game, ipotetico quarto capitolo della saga diretta da Robert Zemeckis e con protagonisti Michael J. Fox e Christopher Lloyd, fu un grande successo, il più alto fino a quell’anno per Telltale (era il 2010/2011 vista la cadenza a episodi), avvicinato ma non raggiunto da Jurassic Park: The Game nel 2011/2012. Entrambi i titoli, però, presentavano vistosi difetti, su tutti errori di timeline e paradossi (ovviamente in Back to the Future), e ottimizzazioni tecniche di basso livello per l’epoca. Nonostante questo, Telltale proseguiva lungo la sua strada, e imparando dai propri errori finirà, nel 2012, per creare la sua migliore opera: la prima stagione di The Walking Dead.
In quell’anno, la serie TV di AMC stava vivendo forse il momento migliore (reputo la seconda stagione, a cavallo tra il 2011 e il 2012, come la più riuscita tra tutte), a differenza di oggi dove la trasposizione televisiva del fumetto di Robert Kirkman sta vivendo una stagnazione creativa e non solo che sta affossando la qualità e conseguentemente gli ascolti. Telltale colse la palla al balzo, stringendo un accordo per ambientare uno spin-off videoludico nell’universo di TWD in una stagione da 5 episodi, alla quale seguirà poi un ulteriore spin-off visto il successo del gioco. Proprio così, perché The Walking Dead: Season One si rivelò essere una delle migliori avventure grafiche dell’ultimo decennio, che fondeva una narrazione ricca di suspance e momenti da ricordare con temi forti e maturi, un gameplay semplice ma fatto di semplici e riusciti puzzle da portare a compimento, e soprattutto scelte da fare a discrezione del giocatore che potevano portare a pesanti cambiamenti nella storia seppur mantenendola lungo un ovvio binario per non sfaldare quanto fatto in precedenza. La formula aveva conquistato tutti, dal pubblico alla critica, raccogliendo un successo globale e portando il gioco ad essere riproposto più volte su altre piattaforme, smartphone e mobile. Le immediate produzioni successive di casa Telltale, The Wolf Among Us (2013) e The Walking Dead: Season Two (2013/2014), vissero della luce riflessa del primo capitolo della storia di Clementine nel suo mondo post-apocalittico, rivelandosi nel bene e nel male (considerazione da fare specialmente per TWD 2, qualitativamente inferiore rispetto al precedente) come altri successi importanti per gli sviluppatori californiani.
Forte di questi ecclatanti risultati, Telltale finirà, in quel periodo, col fare il cosiddetto passo più lungo della gamba. Un allargamento degli uffici, nuove assunzioni, nuovi spin-off su licenza e soprattutto tanti nuovi giochi, ad un ritmo molto più serrato rispetto a prima. L’obiettivo era sempre lo stesso: sfruttare brand di successo per sviluppare avventure grafiche, senza toccare in alcun modo i fatti delle serie principali ma ponendosi invece come una sorta di altra storia a quella che già i giocatori avevano vissuto. È il caso, ad esempio, di Tales from the Borderlands, ispirato al mondo creato da Gearbox Software e che potrebbe essere addirittura un ponte di connessione con i fatti del futuro Borderlands 3. A discapito della sua grande qualità, TFTB fruttò molte poche vendite, motivo forse questo per cui Telltale è ancora particolarmente restia nel tornare sul franchise per una Season Two. Era il novembre 2014 quando venne lanciato il primo episodio dello spin-off dedicato ai Cacciatori della Cripta, e da quel momento le cose, per Telltale, non saranno più come prima.
Nell’arco di poco più di un anno, la software house di San Rafael sfornerà Game of Thrones, Minecraft: Story Mode e The Walking Dead: Michonne, oltre appunto a TFTB. In tutti i tre casi, grossi disastri. In Game of Thrones, Telltale decide di raccontare la storia di un’inedita casata, quella dei Forrester, facendoli straordinariamente mal interagire con Daenerys Targaryen, Cersei Lannister, Jon Snow e tutti gli altri illustri protagonisti della serie TV. In Minecraft: Story Mode, come suggerisce il nome, gli sviluppatori crearono una storia appositamente per il mondo a cubetti del fenomeno videoludico chiamato Minecraft, con risultati terrificanti vista anche un’interattività sostanzialmente inesistente e insignificante tra il giocatore e il gioco, che proseguiva anche senza premere pulsanti nella quasi totalità dei QTE. TWD: Michonne, spin-off di TWD di tre episodi dedicato interamente al personaggio di Michonne, è invece forse il peggior gioco di Telltale, del quale salvo davvero pochissimo. E in tutte le tre produzioni di scarsa qualità, una cosa balzava subito all’occhio ad un amante delle avventure grafiche come me, ormai seguace di Telltale da anni: la mancanza di originalità e di coraggio. La formula che era stata decisa con i vari Back to the Future e Jurassic Park, e affinata poi con TWD S1, era totalmente invariata. Nessuna novità, nessuna ispirazione, e anche la narrazione diveniva sempre meno “decisa” dal giocatore. Le scelte a bivi si risolvevano in semplici artifici per proseguire nella solita direzione decisa dal gioco, e divergere dal percorso stabilito era diventato sostanzialmente impossibile. Il troppo, purtroppo, stava stroppiando, se volessimo rivisitare un celebre detto.
Le più recenti produzioni me ne hanno dato la conferma. Non si tratta di un pensiero buttato lì per caso, ma di una serie di considerazioni maturate nel tempo e che, per quanto mi riguardano, rappresentano pienamente la situazione creativa in casa Telltale. Una stagnazione tecnica (zero passi avanti sul motore grafico), ideologica (stessa formula da più di 10 anni ormai) e narrativa (storie senza mordente e spesso mal sfruttate nonostante il potenziale), che si riflette tuttora in una serie di drastiche decisioni come l’importante taglio del personale che nello scorso novembre è costato il lavoro al 25% dei dipendenti della società. Una software house in netta crisi, e come detto le ultime produzioni non hanno certamente aiutato: The Walking Dead: A New Frontier non è riuscito a replicare la splendida stagione iniziale, l’accanimento terapeutico su Minecraft: Story Mode inizia a puzzare di clamorosa mancanza di idee, le nuove IP Guardians of the Galaxy e Batman (prima e seconda stagione) non hanno avuto la risposta sperata, e ora c’è chi comincia a domandarsi come si metteranno le cose ad esempio con la Marvel, con la quale Telltale ha già un accordo per vari videogiochi. L’unica soluzione, alla luce degli annunci di Telltale, sembra essere quella di tornare al passato: oltre a TWD S4, stagione conclusiva della serie, sono stati infatti annunciati i ritorni di The Wolf Among Us, Game of Thrones (non se ne sentiva il bisogno, ma tant’è) e Tales from the Borderlands, vale a dire, a grandi linee, le produzioni più apprezzate della storia dell’azienda.
Una mossa che sa davvero molto di ultima spiaggia, per una software house che sta vivendo probabilmente la sua più grande crisi dalla fondazione nel 2004. Da appassionato delle produzioni Telltale, ho vissuto la grande ascesa di questa casa ricca di creatività e voglia di fare, seguita poi troppo rapidamente da una discesa che, oltre a farmi passare la voglia di giocare alle loro opere, sta costando molto a troppi. Nel frattempo, la concorrenza cresce, si attrezza e supera senza troppe difficoltà la casa di San Rafael grazie al loro (lungo) momento no. Dontnod Entertainment, ad esempio, ha portato al successo Life is Strange, per quanto mi riguarda la miglior avventura grafica da tanti anni a questa parte. In questa produzione c’è tutto: voglia di fare, voglia di sorprendere, voglia di dimostrare le proprie capacità. Tutte cose che in Telltale Games, dopo molti anni, non ritrovo più. La macchina non si è solo inceppata, ma proprio rotta. E sistemare una cosa rotta non è mai semplice.
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