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Mario vs. Donkey Kong | Recensione

Il 2024 sarà l’anno finale di Nintendo Switch? Chissà. Solo il tempo ce lo dirà. Quel che è certo è che la grande N ha tirato il freno a mano in questi mesi, dopo gli esorbitanti successi di Tears of the Kingdom e Super Mario Bros. Wonder, dedicandosi più alle riedizioni di alcuni classici che a nuove e visionarie esperienze. Un esempio perfetto è il piccolo ma dolce Mario vs. Donkey Kong, rifacimento dell’originale e omonimo gioco per Game Boy Advance che, proprio come Super Mario RPG lo scorso novembre, ha il compito di tirare a lucido un classico Nintendo.

Presentato solo pochi mesi fa, il titolo si presenta così con una nuova veste e alcune funzionalità divertenti che vi presentiamo di seguito, anche se la sostanza, come nel caso di Super Mario RPG, è rimasta ovviamente invariata. Dopo una serie di prove opache per la serie, a quasi dieci anni di distanza dall’ultimo capitolo (era Tipping Stars, nel 2015) Mario e Donkey Kong tornano a darsi battaglia in un mix di puzzle e platform con un certo richiamo allo storico Lemmings, condito dall’inconfondibile stile mariesco.

Ecco la nostra recensione di Mario vs. Donkey Kong!

Mini-giochi di mini-Mario

Ciò che fa partire la storia è la solita premessa: se nei platform il nemico è sempre (o quasi) Bowser, stavolta è Donkey Kong a fare danni. Il primate resta infatti ingolosito dai Mini-Mario, piccoli giocattoli a orologeria prodotti dai Toad in una fabbrica del Regno dei Funghi, e decide di rubarli senza pensarci troppo. In pieno stile capitalista, vedendosi privato dei potenziali introiti per il merchandise basato su se stesso, tocca ovviamente a Mario inseguire Donkey Kong in una serie di scenari piccoli ma intelligenti, per fermare lo scimmione e recuperare fino all’ultimo giocattolo.

Come era lecito aspettarsi, il remake non approfondisce in alcun modo una storia che non ha alcun bisogno di essere approfondita, in quanto è solo una classica premessa per introdurre gli eventi. I mini-Mario, simpatici giocattoli che riproducono le fattezze dell’ormai ex-idraulico, sono infatti la pretesa per avanzare, con il baffuto protagonista chiamato a risolvere brevi fasi puzzle-platform di difficoltà via via crescente il cui obiettivo finale è, appunto, raccogliere il mini-Mario. Una serie di trappole e nemici si interpongono sulla via per raggiungere il giocattolo, e una volta completata una serie di sei livelli a tema recuperando i mini, arriva la fase finale.

Le cose qui cambiano, anche se in parte. Il nuovo livello è sempre strutturato sulla base di dinamiche puzzle e platform, ma stavolta l’obiettivo sarà accompagnare i sei mini-Mario appena raccolti lungo un percorso, facendo inoltre raccogliere tre blocchi di lettere per formare la parola TOY. Un diversivo niente male, perché in questo caso i giocatori sono chiamati non solo a osservare le movenze di Mario, ma a seguire anche i giocattoli, i quali sono limitati nei movimenti automatici che compiono per replicare il loro eroe.

L’ultima fase di ogni mondo, per così dire, è una boss fight contro Donkey Kong nella quale sarà richiesta una piccola dose di manualità con le piattaforme, anche se non si tratta di nulla di proibitivo. Fatto questo, si riparte da capo in una nuova area, e il gioco mantiene una buonissima curva di apprendimento che rende piacevole avanzare.

Le agili acrobazie di Mario sembrano naturali e intuitive, sin da subito, anche per chi non ha mai avuto il piacere di assaporare il gioco all’epoca della sua prima release nel 2004. Non si parla di animazioni e movimenti fluidi come in un tradizionale platform di Mario, ma è bene precisare che l’operazione è differente. Mentre in Wonder il protagonista è rapido e leggiadro, stavolta l’azione si fa più pesante e lenta, poiché il gioco è costruito per facilitare enigmi complessi che spesso implicano la raccolta e lo spostamento di elementi platform o nemici. Talvolta la soluzione di un puzzle richiede una maggior precisione, giocando sull’elemento della chiave per aprire la porta che possiede un timer prima di tornare al punto di partenza, dopo essere stata lasciata a terra. Il gioco è però abbastanza furbo da non aumentare bruscamente la difficoltà, e anzi inserisce di tanto in tanto alcuni stage più rilassanti per dare modo di riprendere fiato.

Le novità

Partendo quindi dal presupposto che la formula di base non è cambiata di una virgola, Mario vs. Donkey Kong include comunque alcune novità. All’inizio del gioco è ad esempio possibile scegliere tra una modalità tradizionale, con le classiche vite, e una più rilassante, priva di questo limite. A conti fatti, comunque, anche la modalità con vite limitate non presenta grandi difficoltà, e anzi vedere la schermata di game over riporta semplicemente all’inizio dello stage. Nulla di proibitivo.

Il remame espande però il gioco originale con due mondi completamente nuovi, creando complessivamente otto aree. Quei due, chiamati Merry Mini-Land e Slippery Summit, sono caratterizzati da stili artistici ben precisi, e sono stati integrati in maniera naturale al gioco, senza risultare fuori posto: Merry Mini-Land è ambientato in un parco a tema nel quale fare attenzione alle correnti di vento, mentre Slippery Summit è un’ambientazione più fredda nella quale la meccanica di scivolamento sul ghiaccio viene sfruttata perfettamente per i puzzle.

Per giustificare il prezzo (che resta comunque un po’ altino per l’operazione), Mario vs. Donkey Kong implementa poi una delle caratteristiche più amate delle produzioni Nintendo degli ultimi anni, e cioè la rigiocabilità di mondi e ambienti al termine della storia principale riforniti però stavolta di espedienti e trappole simili ma più difficili. Un ottimo metodo per dare ai giocatori nuovi motivi per restare nel mondo di gioco: stavolta Mario è accompagnato in ogni livello da un mini-Mario, e la grande conquista richiesta ai giocatori è la capacità di coniugare tutto quello che hanno imparato fino a quel punto e fonderlo in un’esperienza familiare ma anche nuova. Dal gioco originale tornano anche i livelli Esperto, e lì sì che la precisione e la difficoltà aumentano considerevolmente.

Il risultato sono gli oltre 130 livelli di Mario vs. Donkey Kong, un titolo che porta con sé la nostalgia proponendo comunque qualcosa di nuovo, in particolare i progressivamente molto complessi stage inediti che innalzano notevolmente l’asticella della difficoltà. Sembra quasi che gli sviluppatori abbiano replicato l’errore di Toys for Bob con Crash Bandicoot 4, rendendo in certi casi frustrante l’esperienza della seconda metà di gioco. Un problema? Forse sì, poiché appunto la curva di apprendimento, molto intelligente nella versione originale, si presenta squilibrata nel momento in cui arrivano i contenuti inediti.

Al di là di questa deriva quasi hardcore di Mario vs. Donkey Kong, probabilmente esagerata per quella che a conti fatti è un’operazione nostalgia, il remake porta con sé anche una modalità multipayer cooperativa. Un secondo giocatore può ora impersonare un Toad che si muove esattamente come Mario: i due, collaborando e interagendo in più modi, possono completare i livelli divertendosi in compagnia ma tenendo bene a mente che le chiavi da raccogliere, stavolta, saranno due.

Parlando invece dell’aspetto puramente artistico e tecnico, il gioco si attesta su livelli molto piacevoli. Mentre i Mario giocattolo nel gioco originale erano quasi irriconoscibili, qui sono puliti, con un design dolcissimo, e anche i nemici sono stati rivisti per adattarsi a questo giocattoloso contesto. È un piacere vedere come questi nemici di Mario, in gran parte familiari, siano stati ricontestualizzati come piccoli giocattoli a orologeria, dando una buona dose di carisma a questa operazione.

7.9
Review Overview
Riassunto

Mario vs. Donkey Kong è un remake senza grandi pretese, per uno dei giochi puzzle-platform più divertenti della storia del baffuto idraulico. Senza grandi pretese, sì, ma con varie novità e anche una deriva quasi hardcore che fa pensare: forse gli sviluppatori si sono fatti prendere la mano? Forse hanno tentato di andare a toccare le corde di un pubblico più adulto e propenso a ingegnarsi per risolvere un enigma? Chissà. In tutto questo, il gioco del 2004 è stato riportato alla luce, ed è una bella prova per Nintendo.

Pro
Un puzzle-platform ispirato Restauro niente male Ottimi contenuti inediti...
Contro
... anche se la difficoltà diventa troppo elevata Si poteva pensare a un prezzo più abbordabile, per ingolosire il pubblico
  • Concept & Trama7.5
  • Gameplay8
  • Comparto Artistico8
  • Comparto Tecnico8
Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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