Oggi è il giorno tanto atteso, debutta in Italia Mass Effect: Andromeda, e noi grazie a BioWare ed EA ci stiamo giocando da un paio di giorni. Come avrete letto dal titolo abbiamo deciso, vista la vastità del titolo, di dividere la recensione in due parti: la prima nella giornata di oggi che vi racconterà ciò che pensiamo di Mass Effect: Andromeda (dopo due giorni di gioco), e la seconda parte che uscirà fra un paio di giorni che sancirà il nostro giudizio finale sul titolo.
Ma senza ulteriori fronzoli iniziamo con la recensione.
Versione testata: PS4
Mass Effect: Andromeda incomincia nel 2185, anno in cui si svolgono gli avvenimenti di Mass Effect 3, la minaccia dei Razziatori incombe sulla Via Lattea, e il futuro agli occhi delle razze che vi abitano sembra tutto tranne che roseo. L’iniziativa Andromeda sembra creare uno spiraglio: 6 arche da 20.000 posti ciascuna trasporteranno esponenti di ogni razza nella galassia di Andromeda per trovare una nuova casa e possibilmente dare un futuro alle specie della Via Lattea. Così dopo un viaggio di 600 anni in ibernazione sull’arca, iniziano le avventure dei gemelli Scott e Sara Ryder, questo il nome dei nostri protagonisti.
Quello che potrebbe sembrare un inizio non originalissimo, ma tutto sommato piacevole e degno di una possibilità, cade inesorabilmente fin da subito al cospetto dei problemi tecnici che il titolo ha; ma andiamo con ordine.
OLD BUT GOLD…..NON QUESTA VOLTA
Andromeda partiva fin da subito con un’eredità scomoda, la trilogia del comandante Shepard che ha indiscutibilmente segnato il mondo videoludico. Uguagliare i risultati, o se possibile migliorarli era obbiettivamente difficile, ma non impossibile. Badate bene, non stiamo parlando di un disastro, ma il gioco è permeato da un aura di “vecchio” e “già visto” sia nella narrazione sia nella componente grafica, che in un nuovo inizio non può e non deve essere presente. Le animazioni dei volti, dei corpi, sembrano obsolete (oltre che in qualche caso davvero “poco curate“) paragonate a molte altre viste in giochi usciti di recente. Dal punto di vista grafico quindi, il gioco non eccelle ma anzi spesso questi problemi rendono impossibile prendere sul serio alcune scene del gioco, che sarebbero importanti al fine della trama. In un gioco in cui le scelte emotive nei dialoghi hanno un peso specifico, il doppiaggio e le animazioni facciali devono, e sottolineo devono, essere curate nei minimi dettagli. L’impossibilità di ascoltare in lingua Italiana i dialoghi, sebbene inizialmente sembri un ostacolo, viene parzialmente attutita dalla più che buona localizzazione dei sottotitoli; quello che però, ancora una volta, ci lascia perplessi è la veramente bassa qualità di alcuni doppiaggi, che aumentano la difficoltà a dare un tono serioso a molti degli argomenti trattati.
ANDIAM, ANDIAM, ANDIAM AD ESPLORAR
Era importante partire dai grossi difetti tecnici riscontrati nel titolo, proprio perché crediamo che nelle ore di gioco che ci mancano, e che ci porteranno al giudizio finale, questi problemi non potranno migliorare. Dove invece il gioco ci ha piacevolmente colpito, e anche rasserenato, è la caratterizzazione dei mondi, l’immensità della componente esplorativa e le sensazioni che essa ti dona. Uno dei punti di forza della saga Mass Effect è sempre stata la componente esplorativa, sia dal punto di vista artistico dei pianeti, che dal punto di vista della gestione della navigazione per i vari sistemi. Anche in questo capitolo quindi, le sensazioni visive degli ambienti di Heleus, o di Eos (per fare due esempi) sono varie, contrastanti ed artisticamente d’impatto. Gli stessi Monoliti (strutture aliene da esaminare presenti in ogni pianeta) risultano diversi agli occhi del giocatore, pur essendo pressoché simili nell’architettura, proprio grazie all’immersione che l’ambiente dona al giocatore.
Come dicevamo prima, oltre alla caratterizzazione artistica dei pianeti, anche la loro esplorazione (sia essa con la nuova astronave Tempest, sia essa via terra con il Nomad) risulta molto piacevole e ben strutturata. Perdersi tra i vari sistemi di Andromeda cercando anomalie, o girovagare sui pianeti a cercare minerali è ancora un bellissimo passatempo.
UN JETPACK TI SALVA LA VITA
Se la componente grafica arranca, e la componente esplorativa invece mantiene degli ottimi standard, il feeling pad alla mano nei combattimenti è veramente ottimo. Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere gli scontri e il gameplay di Mass effect: Andromeda probabilmente userei: Jetpack.
Questo strumento ha davvero rinnovato, e consolidato il gameplay di Mass Effect, ponendolo come migliore dell’intera saga. Il dinamismo, le opportunità e le combinazioni che il Jetpack offre negli scontri è davvero incredibile, il tutto senza mai dare l’idea di perdere il controllo. Ad aiutare il tutto vi sono poi le abilità ed i Profili; se le prime divise in tre macro aree: Combattimento, Biotica e Tecnologia, permettono l’utilizzo di diversi gadget e “poteri”, i Profili (anch’essi intercambiabili in ogni momento come le abilità) donano delle caratteristiche passive al giocatore, che permettono diversi approcci alle battaglie. Cambiare da un profilo Sentinella che permette di rigenerare più velocemente gli scudi, ad un profilo Ingegnere che aumenta la potenza e la durata di tutte le abilità del ramo Tecnologia, capite che permette davvero un’enorme profondità nelle battaglie.
C’È ANCORA SPERANZA PER LA GALASSIA?
In ultima analisi, abbiamo voluto lasciare la parte strettamente legata alla trama, alla narrativa e al multiplayer. Se nel primo caso è presto per esprimerci dato che ci mancano ancora un po’ di ore per finire la storia; per quanto riguarda il multiplayer ci riserviamo ancora qualche giorno proprio per valutare meglio la tenuta delle partite e dei server. Sappiate però che le partite multiplayer effettuate ci hanno convinto sia dal punto di vista della profondità che dal punto di vista della stabilità.
Visto che ci mancano ancora un po’ di ore per terminare il titolo, vogliamo sperare che la trama decolli, che svolti definitivamente e come un diesel si proietti verso un finale che ci possa far ben sperare. Ad oggi ci sentiamo di dire che c’è ancora speranza per la galassia.
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