Home Videogiochi Modern Warfare, tra level design e TTK arrivano i primi dubbi | Speciale

Modern Warfare, tra level design e TTK arrivano i primi dubbi | Speciale

Ci sarà ovviamente modo di parlarne più approfonditamente nel corso della nostra recensione, che uscirà nel corso della prossima settimana, ma dopo questo primo week-end passato sul multigiocatore di Call of Duty: Modern Warfare, sono affiorati alcuni dubbi che desideriamo esporvi.

In realtà, la gran parte dei problemi riscontrati sul multiplayer tradizionale, l’offerta più classica tra i classici di Call of Duty, si può ridurre ad una considerazione profonda sul Time To Kill scelto da Infinity Ward per il lancio di Modern Warfare, che non ha subìto variazioni dalla beta di settembre nonostante in molti, tra cui noi, denunciammo questo aspetto da sistemare in vista dell’uscita del gioco.

In soldoni, per chi non lo sapesse, prima di continuare: che cos’è il Time To Kill, o TTK? Banalmente potremmo definirlo come “la vita posseduta dal personaggio virtuale”. Più nello specifico, possiamo parlarne come la quantità di tempo necessaria per riuscire ad abbattere un nemico, che va a braccetto con il suo TTD (Time To Death, ossia il tempo che intercorre tra il primo colpo che riceviamo e quello critico), anche se in quel caso intervengono elementi legati al netcode, alla perdita di pacchetti di informazioni inviate tramite la rete e così via. Questioni che in questo momento non ci interessano particolarmente, quindi concentriamoci sul TTK, ma non solo.

Parlavamo, nel titolo, anche del level design delle mappe di Modern Warfare, che dopo questi primi giorni di gioco possiamo definire come il più complesso mai visto nella serie. Nel corso di questi 17 anni che ci separano dal primissimo capitolo della serie, Call of Duty del 2002, il level design ha sostanzialmente seguito delle regole ben precise che ritroviamo in tutti i videogiochi targati Activision, ad eccezione degli “sconvolgimenti” provocati dalla deriva futuristica inaugurata con Advanced Warfare e proseguita poi con Black Ops III e Infinite Warfare nei quali la presenza dell’esoscheletro aveva ovviamente portato ad un cambiamento nella filosofia di costruzione di una mappa.

Qui, sul reboot di Modern Warfare, si torna ad un level design molto classico, che richiama non solo nelle ambientazioni uno tra i migliori nella serie, guardacaso proprio quello della trilogia classica di Modern Warfare sviluppata a cavallo tra il 2007 e il 2011 e che rese gigantesco il nome di Call of Duty in tutto il mondo. Non è però solamente un ritorno alle origini, perché questa volta Infinity Ward ha scelto di mettersi al passo coi tempi, proporre qualcosa che sa di già visto ma che nel contempo dimostra di aver preso spunti dal recente mondo videoludico, fatto di “mondi” (in questo caso, aree) sempre più complesse, studiate e dettagliate nei minimi termini.

La conseguenza diretta di questo nuovo modus operandi di IW è che le nuove mappe di Modern Warfare, testate con parecchie ore sul groppone in questi giorni, si ritrovano nel limbo tra chi le ama e chi invece le odia, conscio del fatto che nell’acquistare questo nuovo gioco si trova di fronte a qualcosa di ben diverso da MW1, MW2 e MW3 nonostante il nome sia lo stesso. Ogni mappa di gioco presenta innumerevoli scorciatoie, anfratti, nascondigli, vie secondarie su più livelli, frutto di un’intricatissimo design dei livelli che dimostra quanto i ragazzi di Infinity Ward abbiano voluto sconvolgere il tradizionale Call of Duty al quale siamo abituati mantenendosi però sempre ben coerenti con la serie. Un problema che, a mio avviso, è sì importante, ma che risulta notevolmente peggiore di quanto possa essere a causa del TTK, il vero problema sul quale gli sviluppatori devono intervenire.

La sensazione di aver reso Call of Duty più realistico, specialmente nei movimenti e nella padronanza delle armi da fuoco, è molto piacevole, ma allo stesso tempo ci troviamo di fronte ad un ennesimo fattore che non fa altro che favorire il proliferare del fenomeno del camping e la conseguente rovina di una sana esperienza. Provare per credere: tra un TTK dannatamente basso e oltremodo aiutato eccessivamente da alcune armi che sembrano racchiudere in loro la potenza del Sole scaricata addosso all’ignaro giocatore, e un’inadeguatezza a riuscire a rispondere correttamente e prontamente al fuoco nemico, figlia anche del level design straordinariamente complesso, il multigiocatore di Modern Warfare si sta riducendo ad uno “scambia-bare” (termine colloquiale con il quale si indica una situazione ciclica di spawn, uccisione, morte, respawn e via così) di notevoli proporzioni, che sta preoccupando non solo noi ma anche molti altri giocatori ed esperti del settore, tra i quali anche alcuni pro player del circuito e commentatori del mondo eSport. Tra questi, girovagando per la rete, abbiamo scoperto che c’è anche il nostro Ivan “Rampage in the Box” Grieco, che in un video alcuni giorni fa ha sostanzialmente commentato gli stessi problemi riscontrati da noi su Modern Warfare. Ve lo lascio in fondo all’articolo.

Basta guardare un qualsiasi video gameplay di Modern Warfare per rendersene conto, senza andare forzatamente ad acquistare il gioco per provarlo in prima persona: Infinity Ward non ha tenuto conto, presa coscienza che il level design è tra i meno permissivi della storia del franchise per un giocatore, che Call of Duty deve in qualche modo continuare a vivere di una piccola ma importante dose arcade, che non lo faccia precipitare nel mucchio degli sparatutto tattici che sono ovviamente molto differenti. Vincere uno scontro a fuoco, su Modern Warfare, è difficile, specialmente se voi siete in movimento. Entrare in serie (ossia accumulare più uccisioni contemporaneamente) non è affatto semplice, specialmente se non siete dotati di ottime cuffie per ascoltare anche i più piccoli e impercettibili movimenti dei nemici, che tra l’altro, in questa fase, si confondono notevolmente con i rumori prodotti dagli alleati con annesso senso di smarrimento da parte vostra una volta che sarete brutalmente freddati per non aver compreso chi arriva da dove. Addirittura, sempre riferendoci al multigiocatore tradizionale (Ground War e 2v2 meritano altri tipi di considerazioni), capita non di rado di respawnare direttamente di fronte ad un nemico che ha il mirino puntato su di voi, forse perché l’intricato design degli ambienti cozza con la logica del software che va in confusione al momento di scegliere il punto più adatto per farvi rientrare in partita. Risultato: siete appena morti, tornate in vita e appena mettete un piede fuori dall’edificio in cui vi trovate, venite freddati in tempo record senza alcuna possibilità di poter rispondere al fuoco nemico.

È una sensazione che non avremmo voluto provare, e un pensiero che non avremmo voluto articolare: Call of Duty: Modern Warfare sembra spingere il giocatore a restare sui propri passi, a concedersi intere partite di immobilità totale nell’attesa che un nemico si palesi di fronte al mirino, mentre il soldato accovacciato si sporge leggermente per evitare di mostrare troppe aree sensibili e critiche del suo corpo. Figlio, tutto questo, di alcune incongruenze nel game design, la cui causa di tutto, come ho già avuto modo di ribadire, si rivela essere un Time To Kill troppo basso, per nulla permissivo e clamorosamente sbilanciato. Urge un intervento, e al più presto, da parte di Infinity Ward. Il gioco ha un enorme potenziale per ciò che abbiamo visto finore, Call of Duty sembra essere pronto alla maturazione definitiva andando ad abbracciare anche altre filosofie dai competitor come Battlefield, dal quale Ground War (ma non solo) prende ovviamente spunto. Il comparto grafico è molto soddisfacente, la personalizzazione degli equipaggiamenti è molto variegata ed esaltante. Occorre però tornare sui propri passi e trovare un modo per rendere più competitivo e godibile, perché di questo si tratta, il multigiocatore tradizionale. Per il level design, che vi piaccia oppure no, è troppo tardi (a meno di stravolgimenti per i contenuti futuri). Per il resto, c’è invece la possibilità di farlo.

Per chiudere, qui sotto vi lascio il video di Ivan “Rampage in the Box” Grieco che concorda con la nostra analisi.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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