Dopo una serie di accuse mosse nelle scorse settimane, altre otto donne, ex e attuali dipendenti di Sony PlayStation, hanno aggiunto i loro resoconti di trattamento sessista a una class action contro il gigante dei giochi.
Le nuove dichiarazioni si aggiungono all’affermazione dell’ex analista della sicurezza IT Emma Majo secondo cui PlayStation, come molte altre società di giochi, ha da tempo una cultura del posto di lavoro ostile alle donne.
Majo ha intentato una causa per discriminazione di genere contro PlayStation lo scorso novembre, non solo per denunciare il proprio caso ma a nome di tutte le donne che hanno lavorato per l’azienda.
Sony ha negato le affermazioni di Majo il mese scorso, chiedendo a un tribunale di archiviare la causa per mancanza di fatti specifici.
Majo “non riesce a identificare una singola politica, pratica o procedura su [PlayStation] che presumibilmente ha costituito la base di qualsiasi discriminazione intenzionale diffusa o ha avuto un impatto discriminatorio sulle donne”, hanno scritto gli avvocati di Sony all’epoca.
In risposta, l’avvocato di Majo ha presentato ieri le dichiarazioni di altre otto donne, incluso un attuale dipendente di PlayStation. Le donne descrivono una serie di comportamenti in più uffici PlayStation con sede negli Stati Uniti, inclusi commenti umilianti, avance sgradite, mancanza di attenzione rivolta al loro lavoro o alle loro idee e, più frequentemente, la sensazione che fosse più difficile per le donne essere promosse in azienda.
Marie Harrington, veterana di Sony Online Entertainment e Sony PlayStation da oltre 16 anni, ha citato la mancanza di donne considerate per ruoli senior durante le “sessioni di calibrazione”. Durante una sessione, ha detto, solo quattro donne sono state prese in considerazione per le promozioni, rispetto a quasi 70 uomini. Ha descritto di aver sentito commenti sulla vita familiare delle candidate donne che non erano stati fatti su candidati maschi.
Un’altra donna ha citato uno studio di terze parti che ha riscontrato un “grande squilibrio in termini di distribuzione dei dipendenti” nel suo team, senza però scendere nei dettagli.
“Credo che Sony non sia attrezzata per gestire adeguatamente gli ambienti tossici”, ha scritto Kara Johnson, ex program manager, nella sua dichiarazione.
Al momento Sony non ha ancora risposto a queste nuove accuse, ma certo è che se le informazioni si rivelassero veritiere, il gigante nipponico si ritroverebbe ad avere a che fare con un ciclone mediatico di grandi proporzioni. Le accuse arrivano infatti a meno di un anno di distanza dal famoso caso di Activision Blizzard, azienda che ha subito un notevole contraccolpo d’immagine e che ancora oggi è in fase di assestamento.
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