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[Recensione] Avatar: Frontiers of Pandora

Avatar: Frontiers of Pandora avrebbe dovuto accompagnare un anno fa l’uscita al cinema del secondo capitolo della serie più redditizia di James Cameron, ma purtroppo i Massive Entertainment, già autori della serie The Division, non sono riusciti a portare a compimento la loro opera in tempo per l’occasione. Si è ipotizzato che gli sviluppatori non fossero in grado di sostenere il peso di un marchio hollywoodiano così grande e che alcuni elementi dovessero essere riprogettati. Il tempo extra è stato sicuramente utile perché, come vi racconteremo, Avatar: Frontiers of Pandora è artisticamente e graficamente sublime.

Alla riconquista di Pandora

È interessante notare che, sebbene il nuovo lavoro di Ubisoft costruisca le proprie fondamenta sull’universo cinematografico di Cameron, non è necessario avere familiarità con la serie Avatar per comprendere la storia presentata qui. Impersoniamo uno dei membri della popolazione dei Na’vi, rapito dalla Resources Development Administration diversi anni prima. Il personaggio è stato addestrato a servire i coloni umani, e dopo sedici anni, in seguito alla rivolta guidata da Jake Sully, l’eroe (o l’eroina, a seconda delle nostre scelte di personalizzazione) riacquista la libertà e conosce per la prima volta la vita su Pandora. La nostra missione, nel più classico dei topos narrativi, è liberare il nostro mondo natio e riguadagnare il rispetto dei clan.
Proprio come accade nelle pellicole di James Cameron, la trama e lo sviluppo dei personaggi potranno non essere i più avvincenti ed originali della storia dei videogiochi, ma di certo non ci si annoia.

Il punto di forza di Avatar: Frontiers of Pandora è senza dubbio rappresentato dalle missioni principali, interessanti e varie. In primo luogo, combattiamo e riconquistiamo le aree dagli occupanti umani, ma non mancano altre missioni coinvolgenti: ci intrufoliamo nelle basi dei coloni, hackeriamo le loro tecnologie, ma soprattutto corriamo nelle lussureggianti giungle di Pandora.
Mentre le missioni principali sono coinvolgenti, le missioni secondarie sono presenti più che altro come riempitivo, e rappresentano il classico esempio delle subquest che ci propone (o propina) Ubisoft da quasi due decine di anni. È una formula che o si ama o si odia, ma di sicuro in Avatar non aggiunge nulla di nuovo.
Vale la pena menzionare che durante le missioni più complesse e a più fasi, non abbiamo la possibilità di salvare lo stato di gioco. In pratica, questo significa che quando si è completata la maggior parte di una missione e commettiamo uno sbaglio o perdiamo la vita proprio alla fine, bisogna ricominciare tutto da capo. E sappiate che queste missioni possono essere piuttosto lunghe.

Tante frecce al nostro arco

Il combat system di Frontiers of Pandora adotta diversi tipi di armi. All’inizio usiamo solo l’arco lungo, ma più avanti avremo accesso anche a un fucile automatico e a una lancia, tra le altre cose. Non c’è molta varietà, ma è un elemento giustificato dal contesto: il primitivismo dell’arsenale sembra essere in linea con la filosofia Na’vi. È anche vero che ogni arma adotta delle variazioni a seconda dei proiettili che vorremo utilizzare: ad esempio, l’arco può utilizzare sia i dardi semplici che quelli esplosivi, particolarmente adatti per abbattere i nemici corazzati.
Man mano che si avanza, si acquisiscono nuovi punti abilità, che possono essere spesi per lo sviluppo del personaggio. I progressi avvengono su più livelli: combattimento, sopravvivenza o rapporto con gli animali. I Massive Entertainment hanno curato particolarmente il sistema di crafting e la possibilità di preparare il cibo. In quest’ultimo caso, possiamo creare un piatto più elaborato a partire da due ingredienti di base, che ripristinano solo parzialmente la nostra forza, per garantire una rigenerazione completa dell’energia.

Tra le altre attrazioni c’è la possibilità di volare o di salire sul dorso di un animale. È un’esperienza affascinante che ci permette di godere della bellezza di Pandora da una prospettiva diversa.
L’Ikran, il nostro volatile simile a un drago, è in grado di assisterci in battaglia, ma prima di poterci salire a bordo dovranno passare un po’ di ore di gioco, durante le quali dovremo percorrere buona parte della distanza a piedi (il fast travel non è sempre possibile). La necessità di scarpinare qua e là può far sentire un po’ di stanchezza prima ancora che il gioco inizi definitivamente, ma vi garantiamo che gli scorci che ci regala Pandora lasciano davvero a bocca aperta.

Un mondo incantevole

La grafica è senza dubbio il punto di forza di Avatar. Soprattutto l’alto livello di dettaglio e il dinamismo del mondo meritano un elogio. Ovunque si guardi, si vede un panorama degno di un quadro surrealista e ogni angolo della mappa è vibrante.
Ma le nostre lodi non si limitano ai paesaggi e ai loro dettagli. Anche i cicli meteorologici fanno un ottimo lavoro: un temporale mette in moto ogni singolo filo d’erba. Anche i colori del mondo cambiano in modo significativo assecondando lo scorrere del tempo. Proprio per questa ragione, esplorare Pandora di notte dà una sensazione completamente diversa da quella che si prova passeggiando di giorno: la luna dei Na’vi diventa magica e misteriosa.

Qualche problema di na’vigazione

L’elemento più fastidioso della produzione Ubisoft si è rivelato il sistema di navigazione e di puntamento degli obiettivi. La mappa con i marcatori è visivamente accattivante, ma questo è il suo unico punto di forza, dato che sembra non avere alcuna utilità pratica. Il mondo di Avatar è pieno di colline, dirupi e scogliere e Pandora ha il suo fascino, ma quando si tratta di trovare un punto specifico nella mappa, diventa un po’ complicato.
Gli sviluppatori ci hanno dato la possibilità di utilizzare il senso Na’vi, che fa illuminare l’obiettivo della quest con una luce intensa. Tuttavia, sembra che qualcosa non abbia funzionato a dovere. A cosa serve un punto luminoso che mi indica che devo salire, se davanti a me c’è una ripida parete di roccia e non riesco a vedere nulla nel raggio di un chilometro che mi permetta di arrampicarmi?
A volte abbiamo avuto l’impressione che, nonostante la struttura open world, gli sviluppatori avessero pianificato un unico percorso ben definito per raggiungere l’obiettivo, e se non capiamo qual era la strada che avevano pensato per farci raggiungere il punto focale della quest, ci troveremo a vagare un po’ più a lungo di quanto la nostra pazienza ci consenta.

La bellezza sta nei dettagli

Tecnicamente Avatar: Frontiers of Pandora si affida allo Snowdrop Engine, che avevamo già imparato a conoscere nella saga di The Division. Lo Snowdrop si è ovviamente evoluto nel corso degli anni, fino ad includere il Ray Tracing nell’ultimo toolkit a disposizione dei developer. Il tracciamento dell’illuminazione è uno dei cardini della resa grafica di Avatar, e ci permette di vedere la luce rimbalzare tra le foglie della giungla di Pandora, riproducendo con efficacia l’estetica dei film di James Cameron. Il movimento di ciascun elemento della natura in combinazione con le luci diffuse, la nebbia volumetrica e i dettagli maniacali sono francamente impressionanti. Sembra davvero di essere dentro il film. Le animazioni dei personaggi non riescono a raggiungere purtroppo lo stesso livello di fedeltà visiva, soprattutto per quel che concerne gli umani; niente di tecnicamente insopportabile, parliamoci chiaro, ma la differenza con l’estrema cura dedicata ai paesaggi purtroppo si nota.

Per quel che concerne la nostra prova su PC possiamo affermare che Avatar: Frontiers of Pandora sia eccezionalmente scalabile attraverso una miriade di opzioni. La nostra configurazione, , che prevede un Ryzen 7 1700, una GeForce RTX3070 ti, 32gb di RAM, Windows 11, con il gioco installato su un NVME, ha avuto bisogno di qualche sistemazione nelle opzioni per poter reggere i 60 fps con il Raytracing attivo.

Per fortuna non manca la possibilità di utilizzare il DLSS di Nvidia e l’FSR3 di AMD come metodo di antialiasing basato sul deep learning, e la resa visiva risulta senz’altro migliore rispetto al temporal antialiasing che offre il gioco. Le opzioni poi coprono una vastissima gamma di settaggi, che vanno dalla semplice attivazione del motion blur e della profondità di campo, a sofisticazioni come i riflessi speculari, la qualità dei microdettagli e la risoluzione delle proiezioni delle fonti di luce. Davvero niente male!

Su PC è anche presente un’impostazione nascosta denominata “Unobtanium” che può essere attivata dalle opzioni di comando in Ubisoft Connect, impostando nelle opzioni d’avvio il comando “-unlockmaxsettings” senza le virgolette. Questa impostazione porta tutti i settaggi al massimo, ed è in realtà solo un test per l’hardware futuro, quindi sarebbe meglio non attivarla. L’impostazione offre un numero di raggi luminosi molto più elevato, il campionamento dei pixel, una maggiore sovrapposizione di ombre, un livello di dettaglio fuori scala ed è così esigente che per raggiungere i 60 fps in 4K in modo nativo sarebbe necessaria una GPU superiore a quelle disponibile oggi. È senz’altro una scelta molto interessante che rende il gioco una possibile futura riscoperta.

Uno spettacolo troppo ancorato nella tradizione

Se Avatar: Frontiers of Pandora l’anno scorso avesse accompagnato l’uscita cinematografica di Avatar: La Via dell’Acqua avrebbe di certo avuto uno spazio ben diverso sul mercato, ed un altro tipo di risonanza mediatica. Perché va detto chiaramente che Avatar: Frontiers of Pandora ha un aspetto fenomenale, del tutto paragonabile artisticamente alle opere di James Cameron. La varietà, i dettagli, i colori e lo splendore del mondo che ci viene presentato sono in grado di suscitare un’ammirazione infinita, soprattutto perché l’ambiente circostante appare diverso di giorno, di notte, sotto la pioggia o durante un temporale. Sì, questo aspetto del gioco ha avuto un incredibile successo per Ubisoft e gli sviluppatori meritano un applauso per questo.

Allo stesso tempo bisogna affermare che la trama non è di certo il suo punto forte (ma anche l’epopea di Jake Sully non è di certo un nuovo Delitto e Castigo…), e la formula del gameplay è identica a tutte le altre produzioni AAA della Ubisoft, da Far Cry ad Assassin’s Creed.
Nel complesso, comunque, Avatar: Frontiers of Pandora è un gioco ben curato, dagli altissimi valori di produzione ed in piena linea con la saga alla quale si appoggia: l’atmosfera cinematografica è ottima e il gameplay può essere divertente. Con una maggiore cura nei suoi aspetti deficitari avrebbe potuto raggiungere l’eccellenza, ma i Massive Entertainment hanno costruito una solida base sulla quale fondare una nuova saga videoludica.

Ringraziamo Ubisoft Italia per il codice review fornitoci.

8.5
Riassunto
Riassunto

Avatar: Frontiers of Pandora è uno dei giochi graficamente più impressionanti usciti di recente: il dinamismo del mondo e i suoi dettagli riescono davvero a impressionare. La trama non sarà eccezionale, ma le missioni della quest principale sono caratterizzate da una grande varietà, e questo rende il gioco coinvolgente per ore. Se avete un po' di pazienza nel divertirvi a trovare luoghi e personaggi senza un sistema di navigazione ben funzionante, ne vale sicuramente la pena.

Pro
Mondo di gioco pieno di dettagli Grafica stupefacente, specialmente per un open world Opzioni grafiche a bizzeffe Mappa enorme…
Contro
…ma non di facile lettura La formula di gameplay potrebbe annoiare La trama è abbastanza banale, ma in linea coi film Sistema di salvataggio discutibile
  • Concept & Trama7
  • Gameplay7
  • Comparto Artistico10
  • Comparto Tecnico10
Scritto da
Silvia SiL Mannu

Nel lontano 1990 entro in una sala giochi e scopro i cabinati arcade. Da quel momento, la passione per i videogames non mi ha mai abbandonata. Oggi sono una PC Gamer legata soprattutto a titoli action, giochi di ruolo, stealth e picchiaduro.

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