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[Recensione] NBA 2K19 – MVP ancora una volta, ma con qualche voto contrario

Nell’ambiente sportivo statunitense la pallacanestro è assimilabile al concetto di cultura: non esiste praticamente differenza tra i due concetti e, se non si può mettere nero su bianco questa uguaglianza, si possono comunque definire sinonimi. Il basket negli Stati Uniti è più di una semplice e generica cultura. Come ci fa capire il buon Federico Buffa dai suoi splendidi racconti, il basket negli Stati Uniti è il promotore di ambizioni, desideri e sogni di migliaia e migliaia di giovani americani, i quali possiedono nelle proprie menti un concetto di crescita individuale radicalmente diverso da qualsiasi altro Paese al mondo.

Tutto questo sembra essere stato recepito appieno da 2K, che ormai da anni domina il mercato dei videogiochi sportivi e in particolare vince ogni anno il duello con il principale concorrente, NBA Live. Quest’anno è la volta dell’appuntamento annuale con NBA 2K19, titolo che promette cambiamenti in alcune caratteristiche particolarmente criticate e che, dall’altro lato, vuole riconfermare quanto di buono è stato raccolto nel corso degli anni.

He Got Game

Le novità che abbiamo apprezzato di più in assoluto riguardano la modalità La mia Carriera, assimilabile alla modalità Il Viaggio vista nei recenti FIFA. Tale modalità si configura come una delle carriere giocatore più belle mai viste nel mondo dei videogiochi, completa davvero di tutto ma che, purtroppo, presenta alcune piccole problematiche.

Partiamo dagli aspetti positivi, descrivendo in cosa consiste il tutto per chi fosse neofita. Se avete già giocato Il Preludio, scaricabile ancora oggi e reso disponibile qualche giorno prima del lancio ufficiale, potrete avere un piccolo assaggio di quella che è la carriera completa all’interno del titolo. In sostanza si dovrà creare il proprio protagonista (che verrà chiamato sempre con il nome standard AI), scegliendo l’aspetto, nome/numero di maglia, posizione in campo e così via, per poterlo quindi condurre attraverso una crescita che lo porterà a vivere esperienze cestistiche in diversi ambiti. L’avventura comincia infatti in Cina, dove il nostro protagonista farà un po’ di gavetta per poi passare in G-League statunitense e cominciare così l’ascesa all’NBA.

L’aspetto più interessante è il rinnovato approccio alla narrazione, la quale rispetto all’anno scorso si presenta molto più matura e di stampo cinematografico, senza mai incappare in “storielle” noiose e in personaggi senza carisma. Proprio i personaggi ci sono sembrati davvero ben caratterizzati: perfino il compagno di squadra più bizzarro e apparentemente inutile ai fini delle relazioni personali riesce a ritagliarsi un piccolo spazio nella storia di AI. La maturità della storia, poi, è l’altro aspetto fondamentale per cui amerete la modalità Carriera. Finalmente si percepisce per davvero ogni singola emozione, positiva e negativa, che gravita attorno ad AI: le delusioni utili a crescere, i momenti di euforia giustamente vissuti, la necessità e lo spirito di sacrificio che verranno poi ripagati in modo adeguato. La storia di AI è la storia di un ragazzo che guarda al proprio futuro con coraggio e intraprendenza, ed è una storia che può dare dei grandi insegnamenti.

Per il resto, la struttura resta simile, seppur anch’essa rinnovata, grazie ad un generale snellimento del Quartiere, nel quale segnaliamo la possibilità di acquistare alcuni mezzi di trasporto per muoversi più rapidamente, così come la possibilità di partecipare a mini-giochi e di interfacciarsi con altri giocatori mediante il campetto oppure la palestra. Peccato che si debba per forza assistere alle code per entrare in partita, un processo abbastanza controverso di cui faremmo decisamente a meno. Aggiunta piacevolissima è la barra Impeto, posta in alto a destra e rappresentata da una barra che si riempie progressivamente all’aumentare di buone azioni e tiri compiuti. Una volta raggiunto l’apice l’icona del pallone infuocato consiglierà di premere la levetta R3 e letteralmente “infuocare il pubblico”, potendo quindi beneficiare di un temporaneo aumento delle abilità.

Lo sviluppo del proprio giocatore passa attraverso varie tipologie di ruoli interpretabili: si possono scegliere sin dalla creazione del personaggio (nel nostro caso, abbiamo scelto Playmaker creatore di tiri) e sviluppare di conseguenza nel corso della storia. Naturalmente sono presenti i VC, crediti in-game spendibili per skills, animazioni, oggetti, scarpe e così via; purtroppo i VC sono correlati alla possibilità di effettuare micro-transazioni per acquistarne di più, un aspetto che non piace mai ai giocatori e che sbilancia inevitabilmente il gioco dalla parte di chi può permettersele.

Not in my house!

A livello di gameplay NBA 2K19 non si discosta troppo dal precedente capitolo, puntando più che altro a perfezionare e limare ulteriormente i dettagli su cui peccava l’edizione 2018. In particolar modo abbiamo notato una maggiore differenziazione delle animazioni in vari contesti, soprattutto sul palleggio e sul rimbalzo, così come sui tiri forzati. In generale l’impressione è di un gioco più fluido e di un gameplay tendenzialmente un po’ più lento e ragionato, che si evolve di fatto in un qualcosa di maggiormente realistico.

Una novità alla luce del sole è la barra del tiro, non più rappresentata da un indicatore sotto ai piedi del giocatore ma da una barra posta a fianco dello stesso: per tirare si deve caricare e rilasciare col giusto tempismo, vale a dire quando la barra raggiunge il suo apice. Per capire il funzionamento basta pensare al reale tempismo di rilascio di un tiro, ed in questo modo potrebbe risultare più facile padroneggiare il nuovo sistema.

Per il resto va solo confermata la grande qualità che Visual Concepts ha infuso alla propria opera: comprendere e utilizzare tutti gli schemi a disposizione è un lavoro faticosissimo, ma che ripaga con grandi soddisfazioni, così come tuffarsi nelle modalità Il mio GM e La mia Lega risulta molto appagante. Un piccolo appunto va fatto alla modalità GM, che sebbene disponga di due sotto-modalità, una di esse è abbastanza triste sotto l’aspetto della narrazione e delle animazioni, tuttavia è un qualcosa di trascurabile data la grande immersione del resto. Il gioco è profondo sotto qualsiasi aspetto, non manca nulla (nemmeno a livello di roster) e può solo soddisfare gli amanti della pallacanestro e della più bella lega cestistica al mondo.

Un multiplayer ancora troppo sbilanciato

La modalità multiplayer è da qualche anno sotto la mira delle critiche degli utenti, a causa di un sistema evidentemente sbilanciato che favorisce chi effettua le microtransazioni.

Purtroppo, dobbiamo constatare che è così anche in NBA 2K19: chi acquista crediti è palesemente in vantaggio rispetto agli altri, soprattutto nella modalità La mia Squadra, alter-ego cestistico del FIFA Ultimate Team. Chi infatti acquista crediti VC può permettersi di comprare buste di carte e trovare quindi giocatori molto più forti, e sfidare altri giocatori secondo le modalità 1vs1, 3vs3 e 5vs5. Moltissimi utenti si stanno lamentando già dalla passata edizione del problema e 2K sembra proprio non aver dato particolare ascolto all’utenza.

In generale la modalità ha del potenziale, perché se giocata con i giusti equilibri dimostra tutto il proprio potenziale: costanti e interessanti novità, giocatori in forma in base all’andamento della lega reale, competizioni con premi in denaro vero, attività bonus e così via. Si tratta di un potenziale concorrente perfetto per l’Ultimate Team nei giochi sportivi, e su questo 2K dovrà lavorarci parecchio per permettere maggiore equilibrio.

Il comparto tecnico di NBA 2K19

Anche sotto il profilo tecnico NBA 2K19 difende la bandiera di miglior titolo sportivo e in particolare cestistico, offrendo un impatto visivo sorprendente e un audio come al solito immersivo. Gli effetti e i giochi di luce in campo sono di altissima fattura, così come le animazioni facciali e le recitazioni nella modalità Carriera (grazie all’impiego di attori veri, tra i quali Anthony Mackie e Haley Joel Osment sono degne di una produzione cinematografica di livello medio-alto.

Non è esente da pecche, però. In primis, per quanto riguarda le rappresentazioni facciali dei giocatori, nonostante siamo ad alti livelli alcuni di essi sono ancora sottotono. Stiamo pensando soprattutto a Dirk Nowitzki, Russel Westbrook (ben realizzato, ma con qualche dettaglio fuori posto), JJ Redick, Zach LaVine, Larry Nance JR e così via. Confrontando i volti con il precedente NBA notiamo addirittura dei peggioramenti, con alcuni giocatori notevolmente migliori nella versione 2K18.

Anche sotto il profilo delle animazioni, di cui prima abbiamo parlato positivamente, c’è qualcosa da affinare. In particolare le animazioni che riguardano cadute a bordo campo e tentativi di tenere in campo il pallone, dove si vede evidente il limite imposto dal gioco per evitare troppe uscite dal palquet. Sono ancora fattibili alcune schiacciate nel traffico a nostro modo di vedere un po’ troppo irrealistiche e molto spesso inarrestabili, così come alcune penetrazioni in terzo tempo abbastanza scriptate. Permangono poi alcuni “sguardi nel vuoto” e alcune fasi, ad esempio nei time-out, dove i giocatori tendono a muoversi di scatto e in modo innaturale.

L’audio è molto buono, nel complesso. Non fosse per la telecronaca, composta sempre dagli stessi cronisti le cui frasi sono spesso riciclate dai vecchi capitoli, che danno quella sensazione di già sentito talvolta davvero stancante e noioso. Forse sarebbe il caso di portare un po’ di innovazione sotto questo aspetto, non tanto per le voci in sé quanto piuttosto per il comparto di frasi recitate.

PUNTI DI FORZA

  • La classica esperienza NBA 2K, affinata sotto molti punti di vista
  • Modalità La mia Carriera stratosferica, longeva, appagante e composta da un cast recitativo di tutto rispetto
  • Alcuni dettagli di gameplay rivisti e perfezionati, per offrire un’esperienza globale realistica
  • Modalità multiplayer ancora una volta potenzialmente succulenta…

PUNTI DEBOLI

  • …ma ancora gravemente sbilanciata verso chi acquista crediti
  • Alcuni volti da perfezionare
  • Animazioni non sempre convincenti, nonostante i miglioramenti
  • Telecronaca eccessivamente trita e ritrita, che necessita di grosse innovazioni

Visual Concepts ci porta all’interno di un bellissimo viaggio nel mondo dell’NBA, permettendoci di gustare anche quest’anno un eccellente NBA 2K19. Nonostante i grandissimi passi avanti compiuti dal rivale NBA Live, il titolo di 2K resta ancora uno scalino sopra, grazie a quell’esperienza complessiva che ha conquistato (e continua a conquistare) i videogiocatori appassionati della palla a spicchi. Restano alcuni problemi storici della saga, così come l’eccessivo sbilanciamento sul multiplayer che, nonostante le innumerevoli segnalazioni e lamentele dei players, vige ancora sul sistema online. Nel complesso un gran gioco, tuttavia speriamo che l’anno prossimo l’edizione 2020 possa segnare il via ad una definitiva, nuova fuga per NBA 2K sul proprio rivale in rapida crescita.

Scritto da
Alberto Baldiotti

Studente universitario e gamer nel tempo libero, la sua passione videoludica non ha confini. Questa passione nasce a 4 anni, quando si ritrova a giocare Doom II su un vecchio computer acquistato dal padre. Appassionato di giochi open-world e GDR, le sue pietre miliari sono le serie di Grand Theft Auto, Fallout e The Elder Scrolls. A fianco di ciò, la tecnologia e lo sport giocano un ruolo fondamentale nei suoi interessi, ed adora restare informato sulle ultime novità nei rispettivi settori.

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