[Recensione] Returnal

Quando abbiamo scoperto che Housemarque stava lavorando a un titolo di lancio (o quasi) di PlayStation 5, la notizia non ci ha lasciato più di tanto sorpresi. Era già capitato nel 2013 con PS4, in occasione dell’uscita dello splendido Resogun che ancora oggi vi consigliamo di recuperare nel caso siate appassionato di twin stick shooter dall’elevato potenziale.

La notizia che ha sorpreso è stata invece quella relativa a cosa davvero Housemarque stesse sviluppando. Mentre tutti pensavamo a un nuovo gioco dello stesso stampo dei vari Dead Nation, il già citato Resogun e compagnia, che comunque rappresentano una bellissima pagina della storia dello studio finlandese, il primo showcase di PS5 ci mostrò per la prima volta in azione Returnal, inedito rogue like in terza persona che aveva tutto il sapore di una grande produzione da paragonare a quelle dei PlayStation Studios, seppur Housemarque non ne faccia parte. Dopo vari mesi dal lancio della console, e una debilitante carenza di titoli che mostrassero la potenza della next-gen in tutto il suo splendore, Returnal è finalmente arrivato alla fine di aprile, mettendo in mostra una produzione davvero esaltante.

Live. Die. Repeat.

Edge of Tomorrow, film del 2014 con Tom Cruise e Emily Blunt e anche conosciuto con il titolo di Live. Die Repeat., è la rappresentazione cinematografica di ciò che è un videogioco roguelike. Genere le cui radici risalgono addirittura ai primissimi anni ’80 ma che riscuote successo ancora oggi, con grandi esponenti quali The Binding of Isaac e Dead Cells, il roguelike rappresenta una precisa filosofia di esperienza, che si rispecchia proprio nel titolo del film appena citato: vivere, che significa giocare in continuazione cercando di raggiungere il miglior obiettivo possibile; morire, dopo essere caduti a causa dei colpi inferti dai nemici; ripetere da capo, forti però ora dell’esperienza che abbiamo accumulato ed eventualmente di quegli oggetti o potenziamenti che possiamo portare con noi anche in questo nuovo… ciclo, per citare giustappunto Returnal.

L’ultima produzione Returnal, primo vero momento della next-gen dopo l’esordio che risale ormai a più di 6 mesi fa, è un esaltante susseguirsi di tentativi per arrivare alla risoluzione finale del gioco, immergendo il giocatore in un mondo alieno, Atropo, e lasciandolo alla mercé di pericoli in ogni angolo ma con la consapevolezza di avere a disposizione numerose risorse, anche grazie a un gameplay semplicemente strabiliante. L’influenza di Resogun, paradossalmente, è ben evidente, nonostante parliamo di giochi molto diversi tra loro. In Returnal, proprio come in Resogun, ogni partita è un continuo susseguirsi di azione nelle fasi più concitate dei combattimenti, dove il giusto timing e l’approccio al nemico sono le chiavi fondamentali per riuscire a sopravvivere.

La premessa narrativa si integra alla perfezione con la struttura ludica dell’esperienza: l’esploratrice spaziale Selene precipita su questo ostile e oscuro pianeta abitato da creature pronte a ucciderla in ogni istante, cosa che accadrà ben presto. La particolarità di Atropos però è che Selene, una volta deceduta, si risveglia ancora una volta all’interno della sua navicella distrutta e costretta a ricominciare quello che è un ciclo continuo, intrappolata in un’esistenza che mette a dura prova la sua integrità e talvolta le sue convinzioni. Se Bill Murray, ne Il giorno della marmotta, era intenzionato (almeno inizialmente) a godersi l’infinito ripetersi degli eventi nel quale si ritrovava coinvolto, Selene, in Returnal, vuole al più presto uscire da questa assurda e angosciante situazione, dando fondo a tutto ciò che il pianeta alieno può offrirle.

La prima cosa da sapere è la stragrande maggioranza degli elementi di gioco sottostanno al ciclo di vita e morte di Selene, il che significa che di volta in volta dovrete ricominciare ad accumulare, ad esempio, gli oboliti, la valuta in-game che servirà nelle apposite stazioni di rifornimento aliene per costruire oggetti di una certa rilevanza – la statuetta dell’astronauta, ad esempio, è senza dubbio uno dei manufatti fondamentali quando state affrontando un lungo ciclo. Housemarque ha però voluto integrare anche una certa componente di “eredità”, per aumentare il senso di progressione nel giocatore. Sebbene Selene si risvegli nello stesso punto ogni volta che viene uccisa, ella mantiene memoria delle sue precedenti scorribande (proprio come il giocatore), dei boss eliminati (la storia procede di ciclo in ciclo, anche se cadrete sotto i colpi dei temibili nemici), e soprattutto di alcuni particolari equipaggiamenti che le permettono di raggiungere luoghi o anfratti in precedenza irraggiungibili, come una particolare spada energetica o il rampino per toccare piattaforme sopraelevate. Importanti strumenti per ricominciare il ciclo e raccogliere quante più risorse possibili, in ognuna delle arene in continua evoluzione da una vita all’altra, ma all’occorrenza perfette armi o risorse per cambiare notevolmente il proprio modo di combattere i biomi ostili di Atropos.

Con un feeling perfetto di ogni bocca da fuoco, siano esse semplici pistole o fucili energetici fantascientifici, ognuna dotata di una particolare modalità di fuoco secondario che offre un’ulteriore opportunità di attacco, il rapido ed esplosivo gameplay di Returnal viene arricchito da numerose altre componenti, che si fanno avanti in luoghi e momenti non fissi data la randomicità delle ambientazioni a ogni nuovo ciclo. Ogni area di uno stesso settore viene infatti costruita da capo, con nuove risorse e oggetti da raccogliere, e non troverete mai un percorso uguale tra due cicli, questo anche grazie a numerose vie secondarie o “stanze” di sfide più impegnative che potrete decidere di affrontare invece di dirigervi al luogo prestabilito della vostra impresa.

Questo perché l’esplorazione, al pari della padronanza totale delle armi e dei movimenti – fondamentale imparare a sfruttare il salto con il jetpack e il boost in ogni direzione, al fine di evitare i colpi nemici -, è una componente importantissima dell’esperienza di Returnal. Tra i cunicoli di Atropos c’è infatti più di qualcosa che può tornare utile a Selene, siano essi piccoli giacimenti di oboliti da utilizzare per la fabbricazione di oggetti o forzieri da aprire contenenti risorse varie, ma la sorpresa può arrivare da qualsiasi angolo. Siamo rimasti sbalorditi, ad esempio, di fronte alla gestione dei parassiti, piccoli alieni che si attaccano alla tuta di Selene e che forniscono sia bonus che malus e che dovrete fare molta attenzione a sfruttare, non senza adottare anche una certa dose di strategia in base alla situazione che state vivendo – stesso dicasi per gli oggetti colpiti da una maledizione, che possiamo risolvere in vari modi.

Il gameplay di Returnal è ricco e affascinante, e non a caso rappresenta il meglio del meglio all’interno dell’intera produzione Housemarque. Al termine di un ciclo sarete forse demoralizzati, questo magari dopo aver speso le ultime due ore ad accumulare risorse per procedere alla boss fight successiva, che finisce magari senza risvolti posiviti – in questo segnaliamo purtroppo alcuni picchi di difficoltà eccessivamente esagerati e talvolta deprimenti, anche perché, come segnalato più volte nelle ultime settimane, non esiste un sistema che permetta di salvare la partita nel mezzo di un ciclo. Poco male, perché un nuovo ciclo è pronto a cominciare e con esso un’esperienza che può essere tutta nuova. La software house finlandese è riuscita ad assimilare i suoi tratti più caratteristici in una produzione tutta nuova e che profuma di tripla A, anche se… Beh, per questo punto, appuntamento alle conclusioni.

Non è tutto obolite quello che luccica

Siamo soliti iniziare le nostre recensioni parlando della storia intorno a un videogioco, per introdurre il lettore al mondo immaginario nel quale vuole immergersi. Il modo migliore per farlo, come avete potuto vedere, è stato partire direttamente da un racconto dedicato al gameplay e alle principali meccaniche di gioco, che sono costruite appositamente per adattarsi al cuore pulsante del gioco: l’esperienza. A differenza di molte altre esclusive targate PlayStation, specialmente quelle che hanno strabiliato negli ultimi anni, da God of War a The Last of Us: Parte II, la narrazione e la storia in generale di Returnal ne rappresentano gli aspetti più dimenticabili dell’intera produzione.

Sebbene sia chiaro che la narrazione non sia e non voglia neppure essere uno dei punti di forza della produzione, ci saremmo aspettati qualcosa in più dai ragazzi di Housemarque. Come detto, la storia di Returnal ruota intorno al ciclo continuo di Selene sul pianeta Atropo, nel quale non si ritrova a fare i conti soltanto con questa sorta di maledizione e con la misteriosa civiltà che qui viveva e che ha costruito tecnologie incredibili, alcune delle quali vengono utilizzate da noi stessi nel corso del gioco; Selene viene infatti “attaccata” dal suo passato, da ciò che si è lasciata dietro, da qualcosa che non dovrebbe certo trovarsi lì, un altro fattore che la manda in un continuo status di confusione.

Risvegliandosi ogni volta all’interno della sua navicella, ridotta a un rudere dopo l’incidente che vediamo nel filmato iniziale e ogni volta che una delle incarnazioni di Selene perde la vita, la donna si sforza – in realtà è il giocatore che si sforza, ma tant’è – di rimettere insieme i pezzi di un confuso e intricato puzzle, che mano a mano che avanziamo riesce a ricomporsi tramite registrazioni e interazioni che fanno luce sia sul passato dell’esploratrice che sul suo futuro, andando a chiudere il proverbiale cerchio. Volutamente, gli sviluppatori lasciano ampio respiro per l’immaginazione e le teorie del giocatore, tuttavia la narrazione non viene gestita in maniera particolarmente coinvolgente come potevamo aspettarci dai primi minuti di gioco. La voglia di giocare, a dire il vero, prende presto il sopravvento sul desiderio di scoprire cosa accadrà.

Vera next-gen?

L’ultima produzione di Housemarque non presenta certo un comparto grafico spaccamascella. Per avere quello, quasi certamente, dovremo attendere Ratchet & Clank: Rift Apart, in arrivo a giugno su PS5 e che si è già mostrato in una forma straordinaria.

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Ciò non significa però che la software house di Helsinki non abbia spinto sull’acceleratore per sfruttare le ultime tecnologie della nuova console Sony, in particolare su un aspetto in particolare. Se siamo rimasti piacevolmente colpiti dallo studio artistico dei biomi e affascinati dagli effetti bioluminescenti che spezzano, soprattutto in alcuni ambienti, l’oscurità circostante con grandi giochi di colore, il vero effetto next-gen arriva da altre componenti. I caricamenti, innanzitutto, che sono quasi assenti; l’audio, gestito in maniera esemplare e capace di immergere completamente il giocatore in un ambiente ostile e tetro, comunicando la giusta sensazione di angoscia; l’aspetto però più curato rappresenta certamente il DualSense di PS5, le cui funzionalità sono state implementate con risultati eccellenti.

Ai trigger adattivi vengono consegnate le chiavi della gestione del fuoco secondario delle armi: premendo con più forza L2, è infatti possibile lanciare un potente (ma a ricarica lenta) attacco che varia a seconda dell’arma da fuoco utilizzata, da semplici granate esplosive a sbalorditive sfere energetiche che fulminano i nemici al loro passaggio. Il feedback aptico è però quello che conferisce la maggior sensazione di immersione all’interno del gioco, con la collisione delle gocce di pioggia contro il corpo di Selene che viene automaticamente comunicato ai palmi delle mani.

PUNTI DI FORZA

  • Un roguelike magnifico
  • Gameplay eccezionale e funzionale
  • L’implementazione del DualSense a livelli estremi

PUNTI DEBOLI

  • “Trama” dimenticabilissima
  • A nostro avviso, il prezzo di lancio è esagerato
  • Picchi di difficoltà in alcuni frangenti

Returnal si ferma a pochi passi dallo status di “gioco imperdibile”, ma ciò non significa che l’opera di Housemarque sia eccezionale sotto tanti punti di vista, specialmente per quanto riguarda un gameplay divertentissimo e ispiratissimo. Con una storia maggiormente integrata e una sistemazione della difficoltà, non senza dimenticare un più adeguato prezzo di lancio, che a nostro avviso è troppo elevato e che potrebbe “costare caro” al successo dell’IP (come potete vedere qui sotto, il costo è già diminuito e non di poco), forse staremmo parlando di Returnal come una clamorosa sorpresa per PS5, una produzione eccellente e che avrebbe potuto superare i limiti della sua particolarità, visto il genere non proprio rivolto alla totalità delle masse. In ogni caso, la prova next-gen per Housemarque è stata ampiamente superata.

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Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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