Naughty Dog si trova in un momento molto delicato. Quello che è lo studio di punta di PlayStation si è ritrovato schiacciato da alcune strambe, o forse no, politiche societarie che in quel di Sony hanno cambiato i piani di molti. Anche i cagnacci, sin dagli anni ’90 sinonimo di grande qualità, ne hanno subìto le conseguenze: il controverso remake The Last of Us: Parte 1 lanciato nel 2022, la recente cancellazione del live service online ambientato nello stesso franchise, e ora un’operazione che per molti, perlomeno parlando della nostra redazione, era ovvia.
Se si pensa a quanto la riedizione del primo capitolo abbia venduto, non è difficile capire quali siano stati i motivi che hanno spinto Sony e Naughty Dog a dar vita a The Last of Us: Parte 2 Remastered, edizione migliorata e ampliata dell’immenso capolavoro pubblicato originariamente nel 2020 su PlayStation 4 in piena pandemia – e poco dopo una serie di clamorosi leak paragonabili a quelli che recentemente hanno colpito Insomniac Games. In uscita il 19 gennaio in esclusiva PS5 (e per il PC? Secondo noi, ora è solo questione di tempo), abbiamo avuto la possibilità di testare con mano in anteprima l’intero pacchetto rimesso a lucido per l’occasione, e ve ne parliamo nella nostra recensione.
Perduti e ritrovati
Essendo un’edizione rimasterizzata di una produzione relativamente recente, abbiamo deciso di iniziare questa recensione con il racconto dei contenuti inediti, prima di una serie di considerazioni che riguardano gli aspetti puramente tecnici dell’opera.
Partiamo così con un riscaldamento, la sezione Dietro le Quinte accessibile dal menù di gioco dopo aver completato l’avventura – è tuttavia possibile importare i salvataggi della versione PS4, con lo sblocco automatico dei trofei ma non del Platino a causa di nuovi obiettivi da completare. Tra le nuove voci, troviamo l’interessantissima sezione dei Livelli Perduti. Si tratta di tre stage inizialmente facenti parte della storia, che Naughty Dog ha poi deciso di tagliare dal processo produttivo ma di reintrodurre in occasione di questo rilancio del titolo.
Sfortunatamente, non ci troviamo di fronte a un’integrazione di tali livelli perduti con la storia che già conosciamo. Per un lavoro del genere, sicuramente, sarebbero state richieste numerose energie aggiuntive, poiché tali ambientazioni avevano scopi particolari ed esigenze che sono poi cambiate nel tempo. Il livello Festa di Jackson, ad esempio, doveva inizialmente essere un flashback che conduceva alle sequenze conclusive del gioco, allacciandosi alla famosa sequenza del bacio vista sin dai trailer del 2018 ma con lo scopo di spezzare la tensione, alleggerire il tono e ricordare che l’umanità non è solo sangue e orrore.
Ciò che più si può apprezzare di tale operazione, niente più che un semplice extra per i fan della serie ma anche per coloro che intendono approfondire più intensamente i segreti dietro un videogioco, è la possibilità di ascoltare i commenti degli sviluppatori di Naughty Dog. Sebbene i livelli siano stati inclusi al naturale, in una versione pre-alpha priva di dettagli, rifinitura e dialoghi doppiati, ognuna di queste sezioni lineari conduce il giocatore alla scoperta di alcuni interessanti retroscena sulla realizzazione dei suddetti.
Guidati dal team di sviluppo che spiega le scelte di design e le motivazioni dietro alla cancellazione di queste sezioni, la modalità offre anche alcune curiosità su come viene proposta la progressione nella creazione di un livello e sulla gestione da parte di Naughty Dog del lavoro durante le fasi di produzione, che possono portare a importanti cambiamenti rispetto alle idee originali. Il livello perduto delle fogne di Seattle, il secondo proposto, ne è l’esempio perfetto.
C’è spazio anche per altre gustose aggiunte. La modalità Speedrun è una bella sfida per i giocatori più appassionati, già introdotta in passato da Naughty Dog con le edizioni rimasterizzate dei primi Uncharted. Inedita è invece la Modalità Libera Chitarra, che consente di esercitarsi virtualmente con la chitarra – non solo, ma per saperne di più dovrete completare la storia. Nei panni di Ellie o Joel, oltre al vero compositore della colonna sonora Gustavo Santaolalla, potrete quindi dare sfogo alla vostra creatività musicale, riproponendo con un’esperienza dedicata a quello che diventò, forse senza neanche pensarci, un piccolo fenomeno dei social.
Senza Ritorno
Così come God of War: Ragnarok Valhalla e il mai abbastanza ricordato Returnal di Housemarque, anche Naughty Dog ha deciso di studiare una modalità a parte che abbraccia dinamiche roguelike, genere che negli ultimi anni sta garantendo notevoli soddisfazioni ai giocatori. L’inedita modalità Senza Ritorno, tuttavia, non ha implicazioni narrative come nel caso del DLC di Kratos lanciato a dicembre, bensì rappresenta una pura divagazione non canonica che, in realtà, è la vera chicca di questa Remastered.
L’idea che sta alla base di Senza Ritorno non è certo una novità, né per le meccaniche di gioco né per il concept della modalità, ma l’impianto survival si adatta sorprendentemente bene a quello che è il reale valore aggiunto della produzione – i famosi 10 € per eseguire l’upgrade dalla versione PS4 a quella PlayStation 5, per chi già possiede il gioco originale. Ogni partita a Senza Ritorno ha una durata variabile ma comunque non eccessiva, poiché si organizza in una serie di 6 stage con risorse e nemici procedurali che attingono dall’immaginario del gioco.
All’inizio di ogni partita i giocatori possono scegliere quale personaggio impersonare, ognuno dei quali con abilità e armi personali. Nelle prime battute, gli unici volti saranno ovviamente quelli di Ellie ed Abby, le due protagoniste assolute di The Last of Us: Parte 2, ma nelle battute successive, completando una lunga e appassionante serie di sfide che richiedono di giocare o rispettare determinati requisiti, si uniranno anche altri volti noti tra cui ovviamente l’immancabile Joel. Come suggerisce poi il titolo della modalità, questa sarà seriamente una modalità senza ritorno: la morte del personaggio, nel corso di uno scontro, farà automaticamente terminare la partita.
Per nostra fortuna, l’essenza roguelike fa sì che al termine di ogni scontro, prima di scegliere quello successivo (sono disponibili varie modalità di partita, tra cui Assalto e Caccia) del quale abbiamo un’anticipazione che riguarda l’ambientazione e i nemici tra quelli presenti in The Last of Us: Parte 2 (infetti, WLF, Serafiti, ecc.), il protagonista verrà riportato nel rifugio. In questo luogo sicuro è possibile non solo ottenere le ricompense per lo scontro appena completato ma anche spendere risorse per migliorare le abilità, perfezionare le armi a disposizione oppure comprare nuovi oggetti. Le dinamiche di gioco di The Last of Us, insomma, vengono implementate in tutto e per tutto, dando vita a una vera e propria modalità survival secondaria nella quale esprimere tutto il potenziale del gameplay e dimostrare il proprio valore dopo aver appreso tutte le meccaniche del titolo. Proprio per questo, consigliamo di completare la storia principale prima di dedicarsi a Senza Ritorno.
Il risultato è più brillante di quanto potessimo aspettarci prima, e molto più riuscito di quanto non potrebbe sembrare nelle prime partite. La modalità parte con il freno a mano tirato, apparentemente con poche ambientazioni e alternative compresa una boss fight finale poco incisiva, ma proseguendo con l’esperienza vengono sbloccate sempre più possibilità, le abilità si affinano (è possibile partire da un livello di difficoltà più basso, ottenendo però premi di minor portata), e prendendo confidenza con il level design proposto (le ambientazioni sono ritagliate da alcuni momenti chiave della storia) diventa sempre più esaltante prevedere i pattern dei nemici, colpirli al momento giusto e completare il più velocemente possibile uno stage, superando i propri limiti. Un adorabile mix di strategia, ansia e azione, che si mescolano a seconda del
Il vero difetto di Senza Ritorno? L’aver sprecato un’occasione, quella cioè del multiplayer. Forse è solo un capriccio, ma non possiamo fare a meno di notare, dopo aver spolpato la modalità in questione, che il suo concept sarebbe stato a dir poco perfetto per una modalità cooperativa PvE con uno o due amici, coordinando gli sforzi per superare i vari livelli e allacciandosi in qualche modo all’idea di fondo che era nel multiplayer dell’originale The Last of Us, seppur strutturato in quel caso come PvP. Il gioco ne avrebbe certamente giovato, così come la community e forse anche Naughty Dog, specie dopo la brutale cancellazione di quel TLOU Online che ha inutilmente assorbito energie per anni. A prescindere da questo nostro desiderio, tuttavia, l’operazione resta molto divertente anche in singolo.
Sete di vendetta
Ma che cos’è effettivamente The Last of Us: Parte 2? Se n’è parlato tanto all’epoca della sua uscita nel 2020 su PS4, specie per alcune scelte definibili controverse o anche semplicemente coraggiose da parte di Neil Druckmann e soci. Riprendendo toni e ambientazioni del primo capitolo, con un mondo post-apocalittico preda di un’epidemia da Cordyceps che ha trasformato gran parte della popolazione in infetti senza cervello, la Parte 2 di questo intenso viaggio soprattutto emotivo si trascina dietro le conseguenze di ciò che è avvenuto in precedenza, con Joel ed Ellie stavolta distanti per alcuni trascorsi non proprio felici tra loro.
La calma di Jacksonville, cittadina sicura nella quale hanno trovato rifugio negli ultimi anni, viene però funestata da un tragico evento, che spinge Ellie a un sanguinoso cammino di vendetta fino a Seattle, in cerca di una ragazza di nome Abby. Come abbiamo detto in precedenza, si è parlato tanto di The Last of Us: Parte 2 nel momento della sua uscita, con una narrazione ancora più cruda del suo predecessore e sviluppatori che non si sono fatti scrupoli a mostrare le conseguenze per le scelte scellerate delle azioni. L’impulsività di Ellie, ancora giovane e inesperta seppur molto più abile rispetto al primo capitolo tanto da farne la vera protagonista, si scontra con un mondo che non risparmia nessuno, tanto da rischiare di farle perdere tutto ciò che è importante per lei. Un trionfo per lo storytelling videoludico, in ogni caso.
Come vi abbiamo raccontato a suo tempo nella recensione della versione PS4, ancora attuale, si resta sbalorditi di fronte a come Naughty Dog ha saputo unire ancora di più la componente ludica e quella cinematografica, già esplorata e affinata con lo straordinario Uncharted 4 nel 2016. The Last of Us: Parte 2 si conferma essere un prodotto estremamente maturo e crudo ancora oggi, e non ci dilungheremo ulteriormente sulla discussione di questi temi: per ogni ulteriore dubbio sulla storia e la narrazione, vi rimandiamo alla recensione del gioco PS4.
Lo stesso discorso si può fare per il gameplay e il concept di gioco, rimasti ovviamente invariati. Vengono recuperati tutti gli elementi del gameplay di The Last of Us, proiettandoli verso una maggiore personalizzazione del personaggio e maggiori possibilità. Anche gli spazi, specie gli edifici e i quartieri di Seattle, si aprono sempre di più, rivelando zone più vaste da esplorare liberamente (anche se non si tratta certo di un open world, mantenendo la linearità imposta dalla storia) e da studiare nel caso della presenza di nemici, con il titolo che spinge in direzione dell’approccio stealth vista la natura survival dell’esperienza.
Non mancano, tuttavia, momenti di forte tensione. La celebre sequenza del grattacielo di Seattle, prima vista dall’esterno e poi dall’interno, è una montagna russa di emozioni, con sorprese in ogni dove e il cuore che batte all’impazzata all’idea che qualsiasi cosa, da un momento all’altro, potrebbe saltare fuori per attaccarci. Anche perché, è utile ricordarlo, in questo secondo capitolo l’IA dei nemici è stata sensibilmente perfezionata, ma questo già lo sapevamo. Inutile, quindi, dilungarsi ulteriormente. La Remastered proposta da Naughty Dog non porta infatti alcuna novità a un già ottimo impianto strutturale di gioco, apportando invece diverse interessanti migliorie sul fronte tecnico. Di nuovo, se siete nuovi al mondo di The Last of Us vi consigliamo di leggere la recensione della versione PS4, che comprende un’analisi completa del titolo.
Un capolavoro tirato a lucido
Come ci si poteva aspettare, The Last of Us: Parte 2 Remastered offre una serie di miglioramenti grafici grazie alla potenza di PS5, console sulla quale Naughty Dog ha già sperimentato il remake del primo gioco della serie – e sul quale speriamo potrà presto mostrare il suo misterioso nuovo progetto.
A onor del vero, The Last of Us: Parte 2 è ancora oggi un gioiello tecnologico, uno dei videogiochi dal più alto valore produttivo in termini di prestazioni, e nel 2020 questa impresa venne esaltata dal fatto che il titolo arrivava su una piattaforma, quella gloriosa PlayStation 4 che ha venduto uno sfacelo di unità, risalente a ben sette anni prima. I possibili limiti non si percepivano, e ora, con il passaggio a PS5, il gioco può ulteriormente brillare grazie al nuovo hardware.
Il gioco gode di un’ottima risoluzione 4K nativa in modalità Fedeltà con altissimo livello di dettagli a schermo, e anche miglioramenti del framerate, oltre a supportare la frequenza di aggiornamento variabile. Chiaramente, anche gli altri aspetti del comparto grafico sono stati aggiustati e aggiornati: la risoluzione delle texture è stata aumentata, la frequenza di campionamento delle animazioni è migliorata, e anche illuminazione e gestione delle ombre subiscono i positivi effetti di questa operazione di riproposizione. Allo stesso modo, la presenza dell’SSD di PS5 consente di avere tempi di caricamento ridotti. Dulcis in fundo, come per tutte le produzioni PlayStation Studios c’è anche il supporto completo al DualSense tra feedback aptico e grilletti adattivi che aumentano il senso di immersione nell’esperienza, proponendo, ad esempio nel caso dei grilletti, sensazioni differenti a seconda dell’arma utilizzata. Non mancano infine ulteriori opzioni di accessibilità, che già nel gioco originale abbondavano.
Ci troviamo quindi di fronte a una remastered riuscita sotto ogni aspetto, ma si può tuttavia convenire su un aspetto abbastanza evidente: il gioco, come abbiamo accennato in precedenza, partiva dalle solidissime basi del 2020, per un titolo che ancora oggi sa dire la sua anche a confronto di produzioni di attuale generazione. Apprezzabili quindi gli sforzi di Naughty Dog per l’aver migliorato ulteriormente un gioco tecnicamente, ma non solo tecnicamente, ineccepibile.
Review Overview
Riassunto
The Last of Us: Parte 2 Remastered è un pezzo fondamentale da aggiungere alla collezione di titoli PlayStation, soprattutto se non avete mai avuto la possibilità di giocare il titolo del 2020. La riedizione risplende grazie alla potenza di PS5 e ai miglioramenti apportati con l'hardware più performante, proponendo inoltre una serie di gustosi extra: la modalità roguelike Senza Ritorno è la vera chicca, risultando divertente e ben strutturata anche senza proporre meccaniche inedite rispetto all'esperienza single player. A differenza del remake Parte 1, dove il prezzo di lancio è stato comprensibilmente criticato, riteniamo inoltre che la scelta di proporre un upgrade a 10 € sia un requisito accettabile di fronte al lavoro svolto.
Pro
Un gioco che è ancora un capolavoro Miglioramenti tecnici ottimi I Livelli Perduti sono un interessante "museo virtuale" La modalità Senza Ritorno è una bella aggiunta...Contro
... Ma peccato per l'assenza del multiplayer PvE- Concept & Trama9
- Gameplay8.5
- Comparto Artistico9
- Comparto Tecnico9.5
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