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[Recensione] We Were Here Forever

L’industria videoludica ultimamente si è indirizzata parecchio su prodotti che fanno della competizione il loro fulcro vitale. Tra streamer ed e-sports infatti, la componente agonistica ha dilagato per la rete, generando quasi un monopolio che ha subissato altri generi non meno meritevoli. Fortunatamente, alcuni sviluppatori come Hazelight hanno saputo rinnovare l’universo della cooperazione tra giocatori, costruendo prodotti eccellenti e profondi come It Takes Two (che peraltro è stato il gioco dell’anno 2021) ed A Way Out.

Chi fa da sé…non va avanti

Un’altra casa di sviluppo che ha deciso di intraprendere la strada della collaborazione, è senza dubbio Total Mayhem Games che grazie alla saga di We Were Here ha saputo confezionare una serie di prodotti in cui la sinergia tra i giocatori non è solamente necessaria, ma soddisfacente. Per chi non conoscesse bene il brand, questo mette due giocatori nei panni di altrettanti protagonisti che, equipaggiati unicamente con una radio, saranno chiamati a superare intricati enigmi asimmetrici per poter trovare la via verso la libertà. E’ proprio la radio a rappresentare il cuore dell’esperienza: questa sarà infatti utilizzabile da un giocatore per volta mediante la pressione di un tasto specifico, il che costringe a prestare attenzione ad ogni parola proferita dal partner, per cercare di capire come risolvere la situazione.

Versione provata: PlayStation 5

We Were Here Forever rappresenta la quarta interazione dei ragazzi di Total Mayhem Games, e pone i due protagonisti all’interno del castello del perfido giullare Jester (già presente anche nei capitoli precedenti). Lo scopo sarà ovviamente quello di fuggire, così da evitare la prigionia eterna che la nemesi vuole perpetrare ai danni dei poveri sventurati. La trama non è naturalmente nulla di profondo o stratificato, ma rappresenta unicamente un espediente che va a giustificare la presenza dei due avventurieri all’interno di Castle Rock

Dopo un piccolo video introduttivo, il gioco pone già gli utenti nel gameplay e nella piena consapevolezza che l’unica arma a disposizione è la parola. In We Were Here Forever la collaborazione e la logica di pensiero sono infatti le condizioni necessarie per poter superare anche il primo enigma, che funge da tutorial. I rompicapi, come detto in precedenza, sono asimmetrici, mettendo di conseguenza i giocatori su percorsi diversi, dove uno è chiamato ad aiutare l’altro. Nel gioco ci si incontrerà infatti raramente con il proprio compagno, ed è appunto per questo motivo che la voce e la capacità di descrivere l’ambiente circostante risulteranno strategici per poter avanzare nell’avventura.

Una palestra per la mente

L’atmosfera creata dagli sviluppatori è eccellente, e va a concentrarsi sulle emozioni da trasmettere, rispetto ai meri dettagli grafici. Durante le varie esplorazioni di grotte, parti del castello e condotti, si respira infatti una cura generale di prim’ordine, in grado di istillare anche la giusta ansia per la situazione che i protagonisti stanno vivendo e per tutto ciò che circonda i vari ambienti (con anche qualche tocco horror). Anche l’audio fa il suo bel lavoro, con effetti azzeccati e musiche assolutamente orecchiabili, che spesso vengono utilizzate per scandire il tempo a disposizione per poter risolvere un determinato enigma.

We Were Here Forever è un susseguirsi di rompicapi che vedono anche risoluzioni parecchio complesse, soprattutto nella parte finale dell’avventura. Gli sviluppatori hanno scelto di creare fondamentalmente un percorso di enigmi serratissimo, che nel corso delle 10 ore necessarie per vedere i titoli di coda, non da troppo spazio ad esplorazioni od altre contingenze di gameplay esterne agli indovinelli. Considerando poi i percorsi diversificati presenti, il titolo gode anche di un buon tasso di rigiocabilità, che permetterà di rivivere l’avventura da un punto di vista totalmente nuovo rispetto alla prima run.

Il titolo si attesta quindi su una difficoltà generale abbastanza elevata. Per riuscire nella fuga da Castle Rock sarà necessario avere un compagno fidelizzato, capace di descrivere e ragionare con una logica che spesso non viene messa in primo piano dalla produzione. Questo fa si che il matchmaking casuale, dotato anche di funzionalità cross-platform, risulti abbastanza inutile e frustrante, soprattutto perché alcune situazioni richiedono calma e pazienza per poter essere sbrogliate, e la comunicazione con un estraneo potrebbe non rappresentare il giusto modo per poter godere appieno di quanto proposto dal gioco. Allo stesso tempo, è fortemente sconsigliato usufruire di chat vocali esterne alla radio inserita, in quanto andrebbero a snaturare il vero cuore del prodotto incentrato, come sopra descritto, nelle parole che ogni giocatore deve ascoltare e proferire in un determinato contesto di organizzazione.

PUNTI DI FORZA

  • Tanti enigmi e sempre diversificati
  • La soddisfazione generata dal superamento dei rompicapi è impareggiabile
  • Spinge la collaborazione a livelli raramente visti in un videogioco

PUNTI DEBOLI

  • Qualche acciacco tecnico lato bug
  • Le persone poco pazienti potrebbero non apprezzarlo del tutto
  • Matchmaking del tutto superfluo

We Were Here Forever è la consacrazione della collaborazione tra persone. I numerosi (e sempre diversificati) enigmi che compongono il titolo spingono il genere dei puzzle adventure ad un nuovo livello di interazione umana, dove non trova spazio la fretta, il pressappochismo e l’egoismo. L’ultima fatica di Total Mahyem Games spinge al ragionamento e all’attenzione per i dettagli. Se avete un compagno fidato con il quale intraprendere l’avventura, sarete in grado di vivere una delle esperienze più soddisfacenti create negli ultimi anni, che oscura totalmente gli aspetti meno rifiniti dell’opera.

Ringraziamo Total Mahyem Games per il codice review fornitoci.

Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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