Sembrava quasi surreale che Ubisoft, nel 2016, decidesse di concedere ad Assassin’s Creed un anno di riposo. Dopo la vacanza intercorsa tra il primo e il secondo capitolo, infatti, la serie ha incontrato una cadenza annuale per ben 7 anni, nei quali tra capitoli principali e spin-off facciamo fatica a ricordare il numero esatto di giochi usciti. Un cambio di rotta, al netto delle critiche via via crescenti alle quali il brand andava incontro, era necessario: ricostruire le scricchiolanti fondamenta della serie, anche se questo significava ricominciare da capo, dalle origini. Assassin’s Creed: Origins nasce quindi con l’intento di non solo raccontare i progenitori della Confraternita e le loro (non sempre) nobili gesta, ma anche di riabilitare un nome che sta perdendo sempre più prestigio. L’operazione è mastodontica, e messa nelle mani di Ubisoft Montreal, già vittoriosi al timone della serie con Assassin’s Creed IV: Black Flag, odora di una grande vittoria con un gioco che si avvicina pericolosamente alla perfezione, nel quale limare i dettagli nel futuro prossimo della serie significherà far tornare definitivamente grande il nome della creatura di Patrice Desilets.
Versione provata: PlayStation 4.
BAYEK DI SIWA
Siwa sarà la prima cittadina incontrata in Assassin’s Creed: Origins, un piccolo agglomerato di case di poveri contadini sovrastate dal maestoso tempio di Amon che scruta con occhio severo tutte le persone. Tra queste, si nasconde nell’ombra il giovane Bayek, prima medjay al servizio del faraone d’Egitto e ora fedele solo alla propria causa, vendicarsi cioè di tutti coloro che hanno rovinato la sua vita. Basta poco tempo per capire che il nuovo protagonista del gioco è una persona assetata di vendetta, un uomo la cui esistenza è stata dannatamente sfortunata andando incontro a situazioni sbagliate nel momento sbagliato, finendo col pagare il prezzo più alto possibile. Volutamente, sto lasciando un velo di mistero riguardo la vita precedente di Bayek, che sarà spesso rievocata tramite particolari sequenze che faranno sempre più luce sul passato tormentato del protagonista e della sua dolce metà, Aya. La donna, che incontreremo per la prima volta solo dopo alcune ore di gioco, forma con Bayek una coppia affascinante, sensuale e letale, in un crescendo di eventi che culminerà poi in un finale tanto scontato quanto bello da vedere, dopo aver rincorso per tutto questo tempo le enigmatiche tracce dell’Ordine degli Antichi.
Risulta chiaro, al temine della storia principale, come Origins sia non solo il capitolo rappresentativo delle origini della Confraternita degli Assassini, setta che Bayek fonderà e che incarnerà parte del suo battagliero spirito. No, Origins è anche un punto di partenza per una nuova storia della serie, che ha lentamente abbandonato la storyline di Desmond Miles e che sta ricucendo i pezzi dopo le (apparentemente) inutili scorribande a Londra e Parigi di Syndicate e Unity, le cui trame si incrociano poco o nulla con i fatti del presente. In questo nuovo capitolo, invece, le sequenze ai giorni nostri tornano a possedere quantomeno una presenza regolare con Lyla, una figura della quale conosciamo ancora molto poco ma che sa farsi apprezzare in quei limitati momenti in cui l’Animus ci obbliga a concederci una pausa. Di questo non possiamo che esserne felici, anche se per il momento il carisma di personaggi come Warren Vidic o lo stesso Desmond, nelle sequenze presenti, resta inarrivabile. Chissà che il nuovo corso non dia spazio a nuove grandi figure da ricordare, ma per ora ci limiteremo a dire che la scelta di espandere la narrazione anche oltre l’Antico Egitto potrebbe dare in futuro i suoi frutti.
Una main quest che fatica a tenere sempre interessato il giocatore
La storia del medjay di Siwa si incrocerà spesso, come sempre accade nelle vicende degli Assassini, con figure storiche di grande rilievo. Tra queste, il dittatoriale Tolomeo Teo Filopatore (o Tolomeo XII), che spinto dalla sete di potere destituirà l’avvenente sorella Cleopatra dal trono per divenire faraone e scatenando poi le ira della famosa regina d’Egitto. Non dimentichiamo poi del condottiero romano per eccellenza, Caio Giulio Cesare, le cui pattuglie irromperanno ben presto nelle vicende del regno dorato e la cui irruenza avrà delle pesanti e inevitabili ripercussioni sul cammino di Bayek e della sua ricerca di vendetta, verità e giustizia verso un popolo maltrattato da sovrani che badano più al lusso e al proprio benessere che alla felicità dei sudditi. Il carisma di questi importanti personaggi realmente esistiti e in particolar modo dei villain principali fa purtroppo un po’ a cazzotti con i, chiamiamoli, galoppini di Tolomeo e compagnia, i governatori, esattori e supervisori delle varie regioni del regno dei quali abbiamo ben poco tempo per scoprire segreti e sfaccettature. Un elemento di non poco conto per una main quest che fatica a tenere sempre interessato il giocatore, sperduto tra le innumerevoli missioni secondarie sì ben legate al contesto principale ma che fanno anche dimenticare questioni teoricamente ben più importanti.
Quel che però lascia grande soddisfazione è la crudeltà con la quale Ubisoft Montreal ha voluto rappresentare le vicende di Bayek. La violenza che Bayek lascia traspirare dalla sua indole e storia viene perfettamente resa a schermo, con sangue, cruenti scontri e sequenze talvolta non adatte ai facilmente impressionabili che rendono davvero alla perfezione il significato di una Confraternita che basa il suo Credo su temi adulti. Con le forse poco incisive e “leggere” tematiche viste nei recenti Unity e Syndicate, Origins c’entra davvero poco, e parte per la tangente mostrando una versione più realistica di quelli che potevano essere gli avvenimenti in un tempo nel quale la legge (là dove c’era) non andava certamente per il sottile.
LE NOTTI D’ORIENTE, CON LA LUNA NEL BLU
L’immensa mappa di gioco, da esplorare da cima a fondo in ogni suo piccolo particolare, rivela quella che da sempre è stato il fiore all’occhiello di questa serie: l’ambientazione. La ricostruzione storica degli scenari di gioco, realizzata in maniera quanto più minuziosa possibile vista l’impossibilità di attenersi a tangibili testimonianze storiche al di là dei siti archeologici attualmente rinvenuti, ha restituito probabilmente la miglior ambientazione mai vista in Assassin’s Creed, un continuo sbalordire il giocatore in ogni istante che si ritrova ammaliato dalle bellezze architettoniche dell’Antico Egitto e dalla sconfinata grandezza del deserto del Sahara. Più di una volta io stesso mi sono perduto, nel corso delle innumerevoli cavalcate a dorso delle dune di sabbia modellate dal vento, solo per ammirare straordinarie opere come il Faro di Alessandria, i canyon del Deserto Nero, le triremi egiziane, senza dimenticare la maestosità immortale delle Piramidi di Giza i cui segreti cunicoli sono anche esplorabili dal buon Bayek. Paesaggi e location che ci hanno lasciato spesso senza parole, e per questo vi rimando al nostro speciale tour fotografico realizzato per l’occasione.
[Speciale] Assassin’s Creed Origins – Un tour fotografico dall’Antico Egitto
Artisticamente parlando, ci troviamo di fronte ad uno dei più incredibili mondi di gioco mai realizzati, un omaggio ad una delle più grandi civiltà della Storia che nel 49 A.C., anno in cui iniziano le vicende di Bayek, è nel pieno della sua ultima maturazione, che risente visibilmente delle contaminazioni greche nell’architettura, scultura, pittura e anche nella semplice quotidianità, così come avvenne peraltro anche a Roma nel medesimo periodo. Una delle paure riguardo Origins era la sua aderenza con il game design tipico della serie, fatto di scalate, alti palazzi e sano parkour. In realtà, la scelta di posizionare temporalmente il gioco in questa finestra storica dell’Egitto è stata particolarmente congeniale, perché i templi della civiltà egiziana, a stretto contatto qui con le grandi opere di provenienza ellenica come si può ben notare dalla città di Alessandria, sono perfetti per il concept di base del gioco, con un Bayek ora capace di scalare praticamente qualsiasi cosa senza l’ausilio di particolari spuntoni, fessure o altro e rendendo più facile e piacevole un’arrampicata a caccia di nuovi punti di sincronizzazione per osservare il mondo circostante.
Finora c’è ben poco sotto il sole di Assassin’s Creed: Origins che possa farvi gridare al miracolo, e difatti la novità più grande non arriva dalla storia o dall’ambientazione. Il rinnovamento della serie passa per una ridefinizione del game design, che passa da uno stealth-action ad un GDR di stampo prettamente d’azione, vista la volontà di Ubisoft Montreal di mettere in mostra le potenzialità del nuovo combat system realizzato per l’occasione. Bayek, il cui movimento è dettato ora semplicemente dalla levetta analogica destra, possiede un arsenale vario e da utilizzare sfruttando i tasti dorsali: a L1 è assegnato lo scudo col quale parare gli attacchi, a R1 l’attacco base con l’arma equipaggiata e con R2 l’attacco pesante con la suddetta arma, alla quale poi si lega l’arco utilizzabile con L2 che permette un approccio dello scontro da lontano e in maniera più silenziosa. Tutte queste possibilità vanno dosate alla perfezione se si vuole decidere di puntare ad un confronto diretto con gli avversari, spesso dotati di scudo come noi e che quindi rendono necessario un duro colpo spezzaguardia per riuscire a irrompere nella sua difesa. Non ci sono state particolari modifiche al sistema di approccio stealth di Bayek, che ci basa ancora una volta su uccisioni silensiose e la ricerca di appigli e nascondigli particolari per rimanere celati agli occhi dei nemici, ma il netto cambio di rotta per la componente action del gioco ha saputo dare finalmente nuova verve agli scontri. L’IA dei nemici, molto più sviluppata e attenta rispetto al passato, dà parecchio filo da torcere al giocatore, che ben presto capirà l’importanza di non gettarsi a viso aperto in combattimenti 1v4 che in passato avevano ben altro risultato, con una supremazia imbarazzante dell’Assassino nei confronti dei nemici.
Sfruttare tutti gli elementi di gioco diviene importante al fine di interpretare al meglio la battaglia, in quanto uno studio approfondito della zona da ripulire risulta spesso la strategia più adeguata. La presenza di bracieri di segnalazione da manomettere, ad esempio, ma anche di giare piene di olio altamente infiammabile, trappole, e della preziosa Senu, fedele aquila di Bayek in grado di spottare nemici e punti di interesse così come, per fare un paragone di casa, il drone visto in Ghost Recon: Wildlands. La sua efficacia è senza dubbio importante, ma resta comunque l’impressione che si tratti di un elemento di gioco che danneggia l’immersività del giocatore, una feature quasi fantasy che in un gioco come Assassin’s Creed non trova particolare posto al contrario delle miraggianti boss fight che hanno tutte una logica spiegazione. Tolto questo aspetto che fa storcere il naso, risulterà evidente sin da subito come sfruttare Senu sia semplicemente fondamentale per sperare di entrare di soppiatto in un accampamento o una fortezza nemica, dato che come spiegato i nemici hanno un riflessi più veloci e una vista ben più acuta rispetto al passato.
LA SVOLTA
Il rinnovamento di Assassin’s Creed non riguarda solamente il sistema di movimento, al quale si aggiunge anche l’utile cavallo in grado di portarci praticamente automaticamente in un luogo da noi scelto, e quello di combattimento, ma anche l’impostazione generale del gioco. Ubisoft dice basta alle Sequenze di ricordi, basta alla linearità della storia, e sfruttando il grande open world che da sempre caratterizza i giochi del franchise svolta al punto da avvicinare il gioco a mostri sacri del genere GDR, quali The Witcher, Skyrim e così via. Bayek è ora infatti dotato di una barra di progressione dell’esperienza, punti questi che vengono accumulati non solo portando a termine le missioni principali, ma svolgendo anche qualsiasi tipo di attività. La sola e semplice esplorazione di una nuova città, o il ritrovamento di un tesoro in un tempio perduto, conferisce nuovi punti XP, preziosissimi se si vuole tentare di proseguire nelle quest principali. Ognuna di queste, come il gioco stesso ci avviserà, ha un livello minimo non richiesto ma fondamentalmente necessario per portarla a termine, a meno che un sadico spirito di auto-infliggimento del dolore non vi conquisti. Nel grande mondo di Origins poi, insieme alle missioni principali che costituiscono il percorso narrativo di Bayek, trovano spazio anche decine e decine (forse centinaia) di quest secondarie, ben pensate, contestualizzate e soprattutto diversificate a tal punto da risultare piacevoli distrazioni per accumulare dracme ed equipaggiamenti extra oltre che per salire di livello. E poi ricerca di tesori, esplorazioni subacquee, corse con le bighe, persino caccia di animali selvaggi come leoni e coccodrilli, è tutto dannatamente creato, pensato e realizzato per far svagare il giocatore e permettergli di sfruttare contemporaneamente questo tempo senza renderlo superfluo e sprecato.
Tra qui equipaggiamenti extra, ci sono naturalmente le armi offensive e gli scudi che Bayek può velocemente selezionare grazie all’immediato menù dell’attrezzatura, nel quale si possono anche controllare le proprie statistiche di vita, attacco e così via. Come è possibile accrescere queste statistiche, è presto detto, e come ci aspettavamo si confà in maniera esemplare al corso “RPGesco” di Origins. Oltre alla possibilità di potenziare gli armamenti presso i fabbri, esiste infatti un loot casuale che si riscontra in quest principali e secondarie con il recupero di oggetti di rarità differente (e colori differenti, alla pari dei vari Destiny e The Division per fare due esempi). Un loot, attenzione, sì casuale ma anche ragionato, e non lasciato totalmente al caso. Progredendo di livello, i bottini casuali sono pensati per adattarsi alle statistiche del giocatore, facendolo lentamente progredire senza lasciarlo nella spiacevole sensazione di ritrovarsi deluso da un’attività che sperava si rivelasse soddisfacente e che lo ha lasciato con un pugno di mosche in mano. La sorte di questo bottino, poi, spetta solamente alla vostra strategia, dato che esistono indumenti e accessori per Bayek che possono essere creati solamente con alcuni “ingredienti” come cuoio, bronzo o altro ancora e che possono essere recuperati sia dai forzieri sia dal classico smontare gli oggetti inutili. È anche da queste piccole cose, per noi scontate in un gioco del genere, che Ubisoft Montreal dimostra di aver preso spunto dagli illustri predecessori e di aver capito cosa funziona e cosa no, mettendo in piedi una solida struttura di gioco della quale fatichiamo a trovare scricchiolii nelle fondamenta, segno del fatto che questo netto cambio di rotta funziona davvero alla grande e si è adattato perfettamente al concetto di Assassin’s Creed.
Al netto dei pregi, molti per questo grande ritorno di Assassin’s Creed, dobbiamo parlare anche dei difetti, e questi arrivano nel momento in cui andiamo ad analizzare il comparto tecnico in generale. Esteticamente, come ho già avuto modo di spiegare, ci troviamo di fronte ad un’opera mastodontica, uno splendore artistico e concettuale che dimostra ancora una volta come i designer in casa Ubisoft abbiano pochi rivali sul panorama videoludico mondiale, rapendo lo sguardo del giocatore di fronte a orizzonti dorati e monumenti immortali ma senza dimenticare i particolari, come una semplice fattoria, un mercato, una modesta abitazione di un abitante qualsiasi. Purtroppo, è il motore grafico che non riesce sempre a rendere giustizia all’immenso lavoro svolto dagli sviluppatori, presentando all’ordine del giorno bug, glith, compenetrazioni, inconvenienti legati all’illuminazione e fastidiosissimi cali di frame catalizzati specialmente nel corso delle cutscene, e questo spesso quando arrivano alcuni elementi quali la luce solare e le tempeste di sabbia. Buona parte delle animazioni, riutilizzate dalle precedenti esperienze, risultano abbastanza antiquate, ma fortunatamente dobbiamo sottolineare come siano stati risolti i problemi di scontri con gli edifici e movimenti indesiderati. Godibile e piacevole il sonoro, con temi musicali adatti al contesto e un doppiaggio italiano in ottima forma, che si perde solamente nel caso di alcuni NPC secondari di quest minori che presentano ben poco pathos nella voce.
PUNTI DI FORZA
- Assassin’s Creed è tornato più in forma che mai
- La svolta GDR funziona alla grande
- Esteticamente impressionante
- Il combat system rinnovato è rinvigorente…
PUNTI DEBOLI
- … Ma risulterà inevitabilmente ripetitivo dopo alcune ore
- Alcuni difetti tecnici da sempre presenti persistono
Dopo aver perso la retta via negli ultimi anni, rimanendo troppo ancorato ad un passato vittorioso e finendo con l’essere sin troppo uguale a sé stesso. Assassin’s Creed è tornato, più in forma che mai, con una svolta clamorosa che sa di nuovo inizio, l’origine di un nuovo corso e una nuova storia che verrà raccontata in futuro. La serie ha saputo riconoscere i propri limiti e reinventarsi, ricostruendo le basi del gioco e approcciando un genere, quello degli RPG, che oggigiorno è ricolmo di esponenti di lusso. Sorprendentemente, e lo dico con grande sincerità in quanto la scelta mi lasciava inizialmente perplesso, il risultato è ottimo, un grande gioco funestato solamente da alcuni difetti tecnici che dovranno essere limati nel futuro della serie per livellarsi con le altre produzioni AAA del momento. Assassin’s Creed: Origins rappresenta il punto di partenza da cui dovranno prendere spunto gli altri studi al lavoro sulla serie, e anche se questa svolta GDR, che necessita di mondi più grandi, vivi e particolareggiati, significa attendere altri due anni per mettere le mani su un nuovo capitolo, noi siamo pronti ad attenderli con gran piacere.
Ringraziamo Ubisoft per il codice download del gioco.
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