Con il solito strascico di polemiche, come ogni anno, arriva sul mercato Call of Duty: Infinite Warfare. E i fan, subito, si domandano: il gioco si merita davvero tutta la shitstorm che ha subito nei mesi scorsi? L’ondata di polemiche non è mai stata infatti così elevata come in questo caso, con un trailer di annuncio che raggiunse il più alto numero di dislike mai fatto registrare da un video inerente ai videogame su YouTube. Partire con l’idea che questi “non mi piace” siano fondati rappresenterebbe però un pericoloso preconcetto, che rischia di oscurare la percezione del prodotto e quello che è realmente. Abbandoniamo quindi tutte le polemiche, tutte le opinioni che sono state espresse nel corso dei mesi su Infinite Warfare e concentriamoci sulla nostra recensione. Che, come potete vedere, mette in forte dubbio la via che Activision ha ormai deciso di percorrere con il suo franchise, ma che potrebbe aver posto delle importanti basi per un rinnovamento generale.
Versione provata: PlayStation 4
SISSIGNORE, SIGNORE
L’idea di un futuro lontanissimo dalla nostra civiltà è già stato abbracciato da tanti altri sparatutto AAA nel corso degli ultimi anni. Da Resistance ad Halo, da Mass Effect a Killzone, ed era inevitabile per Call of Duty: Infinite Warfare non finisse col presentare tanti punti di contatto con produzioni da anni sul mercato e che trattano temi molto similari. Ma andiamo con ordine, partendo dalle basi sulle quali si poggia la storia narrata nell’ultimo titolo di Infinity Ward.
Protagonista principale e nostro alter ego digitale sarà Nick Reyes, un alto ufficiale delle forze di difesa terrestri, che dopo un attacco lampo alla base Retribution si ritroverà a dover guidare un gigantesco contingente di soldati. Un peso non indifferente sopra alle sue spalle, che non abbiamo mai sperimentato prima se guardiamo la storia recente di Call of Duty. I poteri dei quali saremo insigniti ci faranno capire che il nostro protagonista ha una forte personalità che lo porta spesso a scontrarsi direttamente con i suoi superiori, che dovrà spesso fare i conti con la sua integrità morale e i suoi principi, per i quali l’uomo viene sempre prima della missione. Purtroppo però, come Infinite Warfare ci insegnerà nel corso della campagna, spesso il bene di molti prevale le esigenze di pochi (per citare l’immortale signor Spock di Star Trek), e dunque anche le difficili decisioni faranno parte della missione di difesa della Terra da parte del nostro contingente di soldati.
L’idea di poter impersonare finalmente un alto esponente delle forze armate ci ha inizialmente incuriosito, dato che le possibilità erano davvero tantissime e che potevano portare a novità considerevoli per la campagna. Novità che, sotto questo punto di vista, non sono assolutamente arrivate. Il fatto di poter guidare in prima persona un eroe, un capitano che deve dare ordini, non ha cambiato la natura estremamente lineare della storia, che si piega alle decisioni degli sviluppatori e dei level designer piuttosto che alla vostra volontà di cambiare le carte in tavola. Non potremo scegliere di salvare o sacrificare un nostro alleato, non potremo intraprendere una via secondaria sfruttando altri sentieri, non sarà neanche possibile deviare il corso della storia dato che tutto quello che potremo fare sarà seguire semplicemente il percorso della storia scritta da Infinity Ward. Una possibile occasione per cercare di dare una nuova identità alla campagna in single player (deludente l’assenza della co-op che invece venne implementata l’anno scorso) che non è stata sfruttata, e che potrebbe, speriamo, essere presa in considerazione per l’avvenire.
STAR WARS
La trama di base che Infinite Warfare ci propina è qualcosa di particolarmente già visto nell’ambito videoludico, e non solo. Ci troviamo in un lontano futuro, dove la tecnologia ha fatto passi da gigante e ha permesso la creazione di più colonie sparse per tutto il Sistema Solare. Come nel più umano sentimento di libertà, però, le colonie, raggiunta una certa indipendenza, iniziano a sentirsi oppresse, controllate e rallentate. Gli unici modi che ha l’uomo di esprimere dissapore e dissenso sono l’odio e la guerra: è così che hanno luogo gli antefatti di Call of Duty: Infinite Warfare, con le colonie marziane guidate dall’SDF e dall’ammiraglio Salen Kotch (interpretato da Kit Harington, star di Game of Thrones) che decidono di lanciare un’offensiva finale al nostro pianeta e diventare i veri padroni della galassia. A bordo della nave ammiraglia Retribution, saremo impegnati in una corsa contro il tempo per impedire a Kotch e al suo esercito di portare a termine il piano, senza se e senza ma: la Terra va protetta e salvata, a qualunque costo. Una campagna che, nonostante alcuni difetti come vedremo tra poco, rappresenta un diversivo ben accetto e gradito, che strizza come sempre l’occhio ai blockbuster hollywoodiani in termini di spettacolarità ed effetti scenici.
La presenza di una star internazionale come Harington non riesce però a restituire lo stesso effetto che ebbe Kevin Spacey sulla storia di Advanced Warfare. Kotch sarà infatti, più che un villain, una sorta di Imperatore Palpatine della situazione, che preferisce rimanere nelle retrovie e muovere i burattini legati ai suoi fili piuttosto che esporsi in prima linea contro i terrestri. Il suo epilogo, così come la sua presenza in generale del gioco, sarà insignificante e decisamente poco adrenalinico, alla stregua di un normale bersaglio ricercato che deve essere annientato (forse anche per il doppiaggio italiano, spesso poco incisivo e senza sentimento). La stessa storia, come avrete capito, offre ben poco in termini di reale originalità. Lo stesso discorso delle colonie che intraprendono una guerra per diventare indipendenti può essere ritrovato anche in altre celebri produzioni come Killzone, così come alcune caratteristiche del gioco lo accomunano a Mass Effect. Impersonare un carismatico comandante, raggiungere pianeti differenti, scovare nuove tecnologie che permettono di upgradare il proprio arsenale, una tra le novità più gradite dell’intera modalità, sono tutte caratteristiche che, se avete già apprezzato i già citati titoli, ritroverete su Infinite Warfare.
Sebbene la storia non brilli certamente per originalità, per durata, e che presenti una classica notevole linearità, il team ha cercato di inserire nuove chicche del tutto estranee al mondo di Call of Duty fino ad oggi. Tramite la mappa galattica presente sulla Retribution, Reyes potrà scegliere di proseguire nella storyline principale oppure di partire alla volta di missioni secondarie, una manna dal cielo per i completisti e per gli appassionati dei compiti extra da svolgere. Purtroppo, le buone intenzioni finiscono con l’essere ridotte a due tipologie di missioni secondarie: caccia ad un ricercato su una nave nemica, oppure scontri spaziali a bordo della propria navicella contro le forze marziane, altra chicca inserita e che aiuta sicuramente a variegare il gameplay nonostante sia stata semplificata notevolmente come meccanica. Molto utili per trovare nuovi armamenti e per aumentare la longevità del gioco, ma ne sentirete il peso della ripetitività dopo appena poche missioni accettate.
A proposito dell’armamento, come ogni anno gli sviluppatori rivedono e in parte stravolgono il lavoro precedente. Il futuro di Infinite Warfare è inoltre un grosso banco di prova per nuove possibili ambientazioni futuristiche, e ciò ha permetto alla fantasia dei programmatori di volare con le idee. Si passa dalle granate Seeker, delle specie di ragni robotizzati che ricercheranno il nemico, ai dispositivi anti-gravità, da granate di violazione dei sistemi robotici per sorprendere alle spalle il nemico, fino alle armi energetiche, molte delle quali saranno affidate alla vostra voglia di ricerca nel corso delle missioni, dato che la scansione di una nuova arma viene premiata con la possibilità di usufruire della stessa nel corso del briefing pre-missione. Arriva anche, come in ormai tantissime altre produzioni, l’introduzione del rampino, molto utile per spostarsi velocemente nella fasi nello Spazio, ma non implementato invece nei combattimenti “piedi a terra”.
ARIA DI CAMBIAMENTO
Francamente, non abbiamo capito cosa Infinite Warfare abbia voluto fare con questa campagna single player. Elementi molto classici della narrazione coddiana (scusateci il neologismo, ormai entrato a far parte del linguaggio comune quando si parla di videogiochi) si sono mescolati insieme a novità quali missioni secondarie, fasi di combattimento nello spazio, ricerca di aggiornamenti degli armamenti, indicatori di sospetto sulla testa dei nemici che spingono verso la possibilità di completare in maniera stealth una missione. Tutti questi elementi, che avrebbero potuto portare ad una seria e reale innovazione in tutto il campo del single player del gioco, danno l’impressione di essere stati sprecati solamente per aggiungere qualche oretta in più all’esperienza o per diversificare a tratti il combattimento. È un vero peccato, perché le buone intenzioni di Infinity Ward si sono viste tutte, se guardiamo il tutto a grande scala. Ma mai come con Infinite Warfare abbiamo avuto l’impressione di un desiderio di grosso cambiamento che invece non è stato concretizzato. Definire le priorità, questa è la grande sfida che attende ora Activision e Sledgehammer Games per il 2017, ossia chiarire la direzione che il franchise vuole prendere se non vuole essere schiacciato sotto una pressa di nuove critiche da parte dei giocatori e da una nuova mole di idee confuse.
Parliamo di occasione fortemente sprecata anche per una delle modalità più interessanti dell’intero pacchetto, ossia la difficoltà Specialista della campagna che potrà essere sbloccata solamente completandola. Specialista, infatti, introduce meccaniche e aspetti totalmente nuovi per Call of Duty, come una concezione decisamente più realistica dello scontro e soprattutto effetti in tempo reale sul vostro personaggio che si ripercuoteranno sulla sua efficienza in battaglia. In basso a sinistra nell’interfaccia di gioco sarà infatti mostrato il corpo di Reyes, che a seconda dei colpi che subirà sarà anche costretto a modificare il proprio modo di combattere. Essere colpiti al braccio destro, ad esempio, ci impedirà di puntare con precisione l’arma; un proiettile nella gamba renderà invece difficoltoso correre. Un’ottima meccanica, alla quale si aggiunge la doverosa ricerca di medikit per curare le ferite, ma allora perché abbiamo parlato di occasione sprecata? Perché, come purtroppo sappiamo, la campagna viene snobbata dalla maggior parte dei giocatori di Call of Duty, e che in pochi le concedono una seconda run dopo averla terminata la prima volta. Per questo, c’è il serio dubbio che la modalità Specialista (così come la YOLO, una vera sfida per chiunque) passi in sordina, quando invece avrebbe meritato molto più spazio e forse essere addirittura implementata a livello globale per la campagna.
FLASH
Il multigiocatore di Call of Duty: Black Ops III aveva introdotto qualcosa che nessuno di noi si aspettava: gli Specialisti. O, per dirla in altra maniera, entità specifiche di giocatore che rispondono a movimenti e tattiche ben precise una volta che le loro abilità vengono sbloccate e messe in funzione. Una buona idea, anche se poco supportata con il proseguo dei DLC rispetto a quanto speravamo, e Infinity Ward ha deciso di percorrere la stessa idea della collega Treyarch. In questo senso, analizzando le componentistiche del comparto online di Infinite Warfare, ci si accorge chiaramente come il gioco non sia altro che un’evoluzione di Black Ops III, che però si ritrova a fare i conti con poche idee e tanta confusione a regnare sovrana nell’FPS che doveva essere il più fantascientifico di sempre in casa Activision (naturalmente escludendo Destiny).
Ci si accorge chiaramente come il gioco non sia altro che un’evoluzione di Black Ops III
Non fraintendeteci, Call of Duty ha intrapreso la via del futuro ormai da diversi anni, e difatti le apparecchiature, i soldati, le armi e gli equipaggiamenti che potremo utilizzare all’interno del gioco sono quanto di più lontano si possa immaginare dalla tecnologia attuale. Guerre combattute da robot, scontri su altri pianeti o su stazioni spaziali, esoscheletri che modificano il movimento (ma che lo rendono in tutti e per tutto identico a Black Ops III, se non per qualche leggerissima differenza), armi energetiche, granate che inseguono i nemici. Non è tanto la fantascienza il problema, anche perché, seppur con degli errori, sia Sledgehammer Games che Treyarch negli ultimi due anni hanno saputo dosare l’inedito contesto storico per la serie. Il problema nasce piuttosto quando ci si accorge che il multiplayer di Infinite Warfare nasce con un presupposto di base, ossia velocizzare in maniera impressionante il gioco e dando vita ad un ciclo infinito e rapidissimo di vita e morte dal quale uscire sarà molto difficile se non percorrendo la classica via del camperaggio.
Oltre a non avere un attimo per poter riprendere fiato e valutare la situazione, Infinite Warfare ci butta nella mischia delle più concitate partite mai viste su un campo di battaglia di Call of Duty. Nel suo tentativo di separarsi da quello che era il concetto di guerra futuristica sperimentato da Advanced Warfare e bilanciato poi da Black Ops III, il nuovo titolo di Infinity Ward finisce col fallire a causa del mancato equilibrio che viene fornito al giocatore, costretto a ritrovarsi sempre più di frequente in mezzo al fuoco incrociato da parte dei nemici anche a causa di spawn poco azzeccati, e senza avere la possibilità di controbattere al meglio. Azioni di gioco che potrebbero talvolta diventare addirittura frustranti, perché se a questa surreale sensazione di supervelocità che avrete ci aggiungiamo armi non particolarmente bilanciate e Specialisti (che qui vengono chiamati Kit da Battaglia) che sono in grado di uccidere quasi istantaneamente capirete quanto Infinite Warfare spaccherà in due la comunità, tra coloro che ormai si sono spinti oltre il concetto del classico Call of Duty e chi invece non riesce ad adattarsi al (non ottimale, in questo titolo) cambiamento.
PRO SNIPING
Le combinazioni dei Combat Rigs che potremo sfruttare in battaglia, tra Kit, arsenale e attributo, sono davvero tante, e come sempre in casi come questi, dove si cerca di ovviare all’assenza di novità con le più disparate opzioni, finirete col ritrovarvi in partita sempre contro gli stessi Specialisti. Stesso discorso che ogni anno affrontiamo con le armi del comparto multiplayer, con classi personalizzabili e feeling che rimangono invariati e con alcuni equipaggiamenti che finiscono con l’essere notevolmente più pericolosi di altri. La mitraglietta FHR-40, una delle prime disponibili avanzando di livello, ricade proprio in questo insieme: cadenza elevatissima, danno preciso, portata media, che fanno dell’FHR un’arma di distruzione di massa dalla quale fuggire non è possibile. Un discorso che si potrebbe, in questo momento, estendere a tutte le mitragliette, e una situazione che cambierà come sempre nel corso dell’anno grazie a patch varie.
Una nota positiva arriva fortunatamente dai fucili da cecchino, che tornano alla loro forma migliore che non si scorgeva ormai da anni. Lo sniping di Infinite Warfare è una rivisitazione di quello che già trovavamo nei primi Modern Warfare, e il feeling dei fucili da cecchino sarà lo stesso. Questo porta a tante “novità”, che non bazzicavano sui campo di battaglia di COD da anni, come quickscope e noscope all’ordine del giorno, questo anche grazie al ritorno di un’arma in particolare che viene ricordata dai più assidui frequentatori di YouTube nell’era d’oro dei montage: l’Intervention. È un peccato, però, che non si riesca mai a trovare un bilanciamento preciso tra il giocatore che cerca di difendere e quello che cerca di attaccare, sempre a causa delle armi e dei gadget utilizzati. Problema che si accentua se consideriamo le varianti delle armi, di cui parleremo successivamente.
TROPPE VIE DI SCAMPO
Il sistema di movimento del comparto multiplayer è rimasto quasi immutato rispetto a quello del suo predecessore, Black Ops III. Ogni giocatore sarà dotato di una sorta di jetpack incorporato che permetterà di saltare più in alto, di correre sui muri, e di compiere rapide scivolate in avanti. Come già per gli Specialisti, molti dei quali ripresi in Infinite Warfare, anche in questo caso è possibile notare come ci sia una sostanziale mancanza di idee e di innovazione all’interno di un titolo che potenzialmente avrebbe potuto fare quello che voleva. Senza stravolgere il gameplay adottato, Infinity Ward si è limitata a raccogliere l’eredità di Treyarch proponendo esattamente le stesse identiche cose, con piccoli miglioramenti qua e là ma anche con tanti inconvenienti legati ad esempio al design delle mappe.
Per quanto diverse delle ambientazioni presentino degli scenari davvero emozionanti, come il buco nero che minaccia la stazione spaziale su Mayday, le mappe del multiplayer non brillano sia per originalità che per design. Le ambientazioni risultano infatti eccessivamente l’una uguale all’altra, con pochi spunti e anzi tantissime aperture nelle aree chiave che renderanno caotico il vostro ingresso nello scontro a fuoco. Una buona mossa per evitare la piaga di Call of Duty, i camper, ma che rovina parecchio l’esperienza di chi cerca una situazione più tranquilla e non sempre votata a dover prestare attenzione ad ogni minimo istante della partita. Le mappe, insomma, per la maggior parte, saranno luoghi dilaniati dalle guerre spaziali, simulazioni improbabili degli anni ’50 (perché?) e rivisitazioni di vecchie glorie del passato come Terminal e Dome, che fortunatamente si adattano bene al contesto. Inspiegabile invece la costruzione e il design di mappe come Frontier, ambientata sulla stazione spaziale dell’UNSA, che non permette quasi di sfruttare l’esoscheletro del quale saremo dotati rendendolo di fatto superfluo per la causa.
Sul fronte della quantità, come sempre il titolo offre una vasta gamma di opzioni tra le quali scegliere. Alle classiche playlist che tutti noi conosciamo, si sono inoltre aggiunte due nuove modalità, Prima Linea e Difensore. La prima è un classico deathmatch a squadre nel quale però avrete due aree di respawn, all’interno delle quali sarete protetti da una potente corazza e dunque dovrete fare attenzione ad addentrarvi in quella rivale. Difensore invece è una sorta di rivisitazione di Uplink: non dovrete lanciare la sfera in un determinato punto, ma tenerla in mano il più a lungo possibile per scaricare informazioni. Alle 12 mappe di base, inoltre, si aggiunge anche il remake di Terminal, disponibile con il preorder. Insomma, una formula molto classica, senza se e senza ma.
POTENZIAMENTO ONLINE
Resta da snocciolare l’ultimo aspetto legato al multiplayer, ossia l’introduzione dell’Armeria per la creazione delle armi personalizzate. Non parliamo di personalizzazione intesa come inserimento di una mimetica o di un nuovo mirino, quanto proprio di varianti delle armi che vengono classificate, come rarità e potenza, da Comune a Epico in una scala di colori che comprende il bianco, il blu, il viola e l’arancione. Un sistema molto simile a quello già incrociato su Advanced Warfare, e che da molti venne ritenuto come uno dei principali problemi del multiplayer del gioco di Sledgehammer Games. In sostanza, raccogliendo materiali completando le missioni che il team di mercenari per il quale lavoriamo ci assegnerà ad ogni partita, potrete andare a creare varianti delle armi che già possedete in modo da accrescerne anche notevolmente i parametri.
I dubbi non risiedono tanto nella longevità della cosa, che ovviamente aumenta le ore che un completista deciderà di passare sul comparto online per ottenere armamenti sempre migliori, quanto la sua efficacia in termini di bilanciamento. Un giocatore di livello 5, che si è da poco approcciato al gioco, avrà le stesse possibilità di fare buoni risultati come quelle di un utente che invece avrà già speso centinaia di ore sul multiplayer? Se poi consideriamo che i materiali da costruzione possono essere ottenuti con le microtransazioni, l’effetto è ancor più preoccupante. Al momento però non si può fare una previsione ben precisa di quello che ci riserverà il futuro sul gioco, e se questa politica possa tramutare l’intero comparto in un pay-to-win. Una buona feature, quella dell’Armeria, ma chissà quanto potrà essere realmente utile e apprezzata nell’economia del gioco.
ZOMBIE, DI NUOVO
Se anche voi, come chi scrive, eravati contenti di un ritorno al timone della serie da parte di Infinity Ward per assaporare il proseguimento della storia di Estinzione, sarete delusi dal fatto che gli sviluppatori hanno optato per la modalità terziaria più in voga su Call of Duty: Zombie. Come se non bastassero le già numerose considerazioni sulla campagna e sul multiplayer che abbiamo fatto negli scorsi paragrafi, Infinity Ward decide di dare uno schiaffo all’innovazione anche per la sua terza modalità e si dedica ai non-morti, come già Treyarch e Sledgehammer Games prima di loro. Il risultato è Zombies in Spaceland, una prima, folle incarnazione di una nuova modalità di sopravvivenza che a livello di toni non ha minimamente a che fare con le ambientazioni e la storia più seria e cruda ideate dal team di Jason Blundell sulla serie Black Ops, ma che risulterà comunque molto complessa sul piano delle azioni da compiere per prepararsi ad una vera e propria sopravvivenza.
Protagonisti di questa nuova esperienza sono Andre, Sally, Poindexter e A.J., quattro attori che si ritrovano ad un provino per il famoso regista caduto in rovina Willard Wyler. Il folle Wyler, tramite un rito satanico, teletrasporta i quattro malcapitati nel suo prossimo film, ambientato a Spaceland negli anni ’80 e che avrà ovviamente a che fare con i non-morti. Accompagnati dalla elettrizzante musica del DJ del parco, nientemeno che David Husselhoff, i protagonisti saranno costretti a risolvere l’ormai classico easter egg per avere una via di scampo da Spaceland. L’ambientazione è sicuramente suggestiva, e la mappa da esplorare non solo è di grandissime proporzioni ma offre anche una notevole vastità di segreti, oggetti da recuperare e attività secondarie da svolgere nel corso della partita per sbloccare nuovi equipaggiamenti. Alcune piccole intuizioni ci sono, come ad esempio l’introduzione della modalità post-morte che vi teletrasporta all’interno della sala giochi Astrocade in cerca di energia spirituale, o le Carte Fato & Fortuna (in sostanza, l’evoluzione delle Gobblegum di Black Ops III Zombies) che offrono potenziamenti temporanei come ricarica della vita più veloce, ma ci troviamo di fronte indiscutibilmente ad una nuova copia della consolidata modalità Zombies di Treyarch dopo che già Exo Zombies su Advanced Warfare lo è stata. Il perché di questa modalità è molto chiaro: la fanbase Zombie è cresciuta esponenzialmente negli anni, e Infinity Ward ha cercato di cavalcare l’onda del successo. Ma non era necessario.
TECNICAMENTE PARLANDO…
…Il gioco non impressiona particolarmente. L’IW Engine, motore grafico di Call of Duty dal lontano secondo capitolo della serie (datato 2005), fa sentire ogni anno sempre più il peso degli anni e l’inadeguatezza a garantire un gioco visivamente perfetto, difetto che possiamo anche estendere alle animazioni. Il framerate è fortunatamente fisso sui 60fps, su tutte e tre le modalità (anche se sul multiplayer si scende a qualche compromesso, viste le situazioni notevolmente più rapide), e il colpo d’occhio è davvero eccellente, aiutato anche da un sistema di illuminazione che già aveva impressionato su Advanced Warfare e che fa al meglio il suo dovere. Andando a curiosare nel dettaglio, però, ci si accorge di come le texture degli elementi naturali, come rocce e suoli, soffrano delle solite ricorrenti problematiche che riscontriamo in tutti i Call of Duty: pixel ben visibili, bassa definizione, così come anche una sgranatura generale che riguarda le scritte sulle pareti. Gli edifici artificiali riescono a non subire lo stesso trattamento, non dovendo mettere in evidenza imperfezioni naturali, ma quando proviamo a sparare contro di essi appare la classica immagine 2D del foro incollata sopra di essa. Problemi anche con le ombre, che abbiamo scovato in più di un’occasione. Nonostante ciò che ci circondava presentasse infatti la propria ombra, noi ne eravamo sprovvisti.
Al contrario, il sonoro è decisamente appagante, soddisfacente e coinvolgente, sia per quanto riguarda i suoni delle armi che la colonna sonora che ci accompagnerà nel corso della campagna e anche del multiplayer. Molto suggestiva e azzeccata, inoltre, la colonna sonora scelta per Zombies in Spaceland, che richiama gli anni ’80 e che propone anche un’ottima selezione dei più celebri brani di quel periodo, su tutte Relax don’t do it dei Frankie goes to Hollywood, utilizzata peraltro anche nel trailer di presentazione della modalità. Non eccelso, infine, il doppiaggio italiano, con momenti, dei quali abbiamo già accennato nell’analisi della campagna, di scarso carisma da parte dei personaggi.
PUNTI DI FORZA
- Qualche novità nella campagna
- Ottima modalità Specialista
- Ambientazioni suggestive
- Interessante la nuova meccanica del potenziamento delle armi
- Classica modalità zombie
PUNTI DEBOLI
- Gameplay quasi invariato a Black Ops III e reso troppo frastornante
- Idee sprecate
- Quanto influiranno le microtransazioni sul multiplayer?
- La modalità zombie non offre nulla di nuovo rispetto alle altre
Come avrete capito, Call of Duty: Infinite Warfare è un gioco che occorre provare con le proprie mani per comprendere appieno le sue potenzialità e i suoi difetti. Siamo consapevoli del fatto che potrà piacere ad una buona fetta di pubblico, specialmente a coloro che si sono avvicinati solo negli ultimi anni a Call of Duty e hanno apprezzato la piega di Advanced Warfare e di Black Ops III, ma gli inconvenienti e le scelte sbagliate in questo titolo sono tante. Non paragonabile per epicità a Battlefield 1, non avvicinabile a Titanfall 2 per solidità e costanza (e per una campagna che, in quel caso, ci ha strabiliato). Infinite Warfare butta nel calderone tante idee dai passati titoli, che vengono rimescolate più volte senza una ricetta ben precisa insieme a nuovi ingredienti, e che ne escono in un piatto che sa di già visto e di errori. Il setting futuristico raggiunge livelli mai visti prima, ma la domanda, che ormai ci poniamo da diversi anni, è sempre la solita: Call of Duty è davvero l’ambito ideale per continuare a puntare al futuro? Forse ai piani alti di Activision dovrebbero rivedere quantomeno le strategie societarie e puntare ad una diversificazione più netta che potrebbe portare anche a riavvicinare tanti fan ormai scontenti che hanno abbandonato la serie da anni in favore dell’agguerrita concorrenza, come già hanno dimostrato le vendite iniziali di molto inferiori a Black Ops III. La rotazione Sledgehammer-Treyarch-IW non ha per ora portato ad alcuna sorpresa, se non quella di essere tornati alla stessa identica situazione di 4 anni fa: ogni anno Call of Duty rappresenta una piccolissima evoluzione di quello precedente, con una location sempre più proiettata nel futuro, un gameplay che non può distaccarsi più di tanto dalla sua natura e un gioco che offre sempre le stesse modalità. Per quanto ancora questo potrà andare avanti? Intendiamoci, il gioco è lontano dal poter essere considerato un fallimento. Ma è anche molto lontano dal poter essere considerato un successo.
Scrivi un commento