Con il lancio di Resident Evil 7, è iniziato per Capcom un periodo di forte cambiamento. L’azienda di Osaka, dapprima in forte crisi di identità, è tornata a proporre titoli godibili, con una identità forte e in linea con quello che il pubblico dovrebbe aspettarsi da uno studio con così tanti anni di esperienza alle spalle. Ma non sono stati soltanto i singoli franchise a subire un cambiamento, bensì tutto il processo creativo e produttivo. Capcom è ripartita dalle basi, dalle origini delle sue ip di maggior successo, tenendo comunque un piccolo filo conduttore che è l’ottimo RE Engine, elementi che possiamo ritrovare in tutte le sue ultime produzioni, compreso, quindi, Devil May Cry 5.
A cura di Luca Rancati.
Combattimenti spettacolari con belve demoniache, personaggi carismatici, musica rock/tamarra ed ambientazioni gotiche: questo, in poche parole, è Devil May Cry. Con qualche variante più o meno felice, la saga ha visto la pubblicazione, fino ad oggi, di 5 capitoli: 4 principali e un reboot. I punti di riferimento della serie sono certamente il primo capitolo, uscito nel 2001, che rivoluzionò la scena degli hack’n’slash (creando addirittura un filone a sé stante) e il terzo, che nel 2005 riuscì nell’impresa di migliorare il capostipite in ogni aspetto, e che tutt’ora rappresenta una pietra miliare del genere, nonché uno dei più osannati capolavori usciti ai tempi di Playstation 2. Il secondo, nel 2003, fu invece giustamente incenerito dalla critica, colpevole di una difficoltà praticamente nulla e di altre scelte poco felici. L’ultimo della serie principale è invece il quarto capitolo, uscito a ridosso del lancio di Playstation 3, che ricalcando le orme del suo predecessore rese onore alla serie con grafica e gameplay ad ottimi livelli, ma il cui appeal risultò decisamente ridotto a causa dei pochi contenuti e un uso sconsiderato del backtracking.
Doveroso ricordare poi il tentativo, nel 2013, di “occidentalizzare” il brand con un reboot (DmC Devil May Cry), che fu però soggetto a diverse critiche della fanbase: la qualità complessiva del titolo era a mio parere soddisfacente, ma il pesante restyling di Dante, l’amatissimo protagonista della serie, non andò giù ai fan storici e forse anche per questo le vendite non furono sufficienti a sostenerne un seguito.
Si arriva quindi al 2019: Devil May Cry 5 esce a distanza di 11 anni dal suo predecessore e Capcom ha il difficile compito di innovare una serie da una parte già matura nel lontano 2005 col terzo capitolo, dall’altra risalente al decennio scorso, ancorata quindi a canoni ludici ormai datati. Il tutto senza snaturare lo stile unico che ha contraddistinto e fatto la fortuna della serie. Scopriamo insieme se l’impresa è riuscita.
IL RITORNO DI DANTE
Abbiamo accennato a Dante, il cacciatore di demoni protagonista della serie. Si tratta di uno dei personaggi dell’industria videoludica più importanti del decennio scorso, diventato una vera e propria icona di Capcom e, ai tempi, di Playstation. Inutile girarci attorno: gran parte dei successi della serie dipendono, oltre che da un gameplay straordinario, dal carisma dell’abile spadaccino che tagliuzza con nonchalance qualsivoglia demone gli si pari davanti. Nelle prime battute di Devil May Cry 5 però, avremo a che fare con un Dante per la prima volta in difficoltà, di fronte al cosiddetto re dei demoni, Urizen, un essere potentissimo resuscitato dal nulla che minaccia l’incolumità degli abitanti di Red Grave City e non solo. Toccherà dunque all’apprendista cacciatore di demoni Nero, introdotto nel quarto capitolo, cercare di sistemare le cose. Ad aiutarlo avremo V, un personaggio del tutto inedito nonché commissionario di tutta l’operazione. La narrazione, senza entrare troppo nei dettagli, risulta nel complesso pregevole, e se non la migliore della serie, sicuramente la più curata. Piccola parentesi per la traduzione dei dialoghi, nel complesso corretta, ma con qualche passaggio forse troppo semplificato, a discapito della caratterizzazione originale dei personaggi.
Tornando alla trama, va detto che la serie non ha mai puntato troppo su questo aspetto, ma è bello vedere come oggi Capcom si sia impegnata a dargli un ruolo di rilievo: i vari personaggi sono ben caratterizzati e rendono onore a un motore grafico alquanto mostruoso, il RE Engine utilizzato anche per il recente remake di Resident Evil 2, e risultano, oltre che ottimamente realizzati, anche estremamente credibili nei loro comportamenti, si tratti di squarciare le carni del demone di turno o di difendere le proprie idee discutendo con gli altri personaggi nelle scene d’intermezzo.
La campagna principale, quindi, tra nuove idee e strizzate d’occhio al passato, è già di per sé interessante, ma farà la gioia in particolar modo di tutti i fan storici della saga. A questo proposito, è giusto spendere due parole sulla caratterizzazione del protagonista, tanto discussa ai tempi del reboot. Ricordo ancora come, in occasione dell’uscita del primo trailer di Devil May Cry 5,molti storsero il naso di fronte a un Dante un po’ invecchiato. Beh, tagliando corto, Dante è tornato ragazzi: è inedito nel ruolo di chioccia di Nero, ma sempre cazzuto e carismatico al punto giusto. Insomma, in fondo è lui, lo si riconosce, è lo stesso Dante che conoscevamo. E non è poco. Un plauso va dunque riconosciuto a Capcom, per aver saputo bilanciare saggiamente il bagaglio narrativo caratteristico della serie e le novità, anch’esse degne di nota, presenti in questa quinta iterazione.
COMBO INFERNALI
Ma veniamo al piatto forte, nonché al principale motivo per cui la serie ha avuto successo nel corso degli anni: il gameplay. Ma come si gioca a Devil May Cry? Dante, come già detto, è un cacciatore di demoni e come tale il suo scopo è quello di combatterli ed abbatterli. Abbiamo dunque tra le mani un gioco d’azione in terza persona, in cui sconfiggere nemici sempre più potenti, con però una particolarità: è doveroso farlo con stile. L’obbiettivo del giocatore, quindi, non è solo sopravvivere alle orde demoniache che lo circondano, ma anche quello di guadagnare punti facendo salire il proprio voto di stile. Durante gli scontri, infatti, apparirà a schermo un indicatore, sottoforma di lettera, che fungerà da valutazione del nostro stile in combattimento e il nostro intento sarà quello di farlo salire da “D” a “S”. Per farlo, sarà indispensabile ad esempio alternare le mosse a disposizione, inanellare combo con diverse armi, fare attenzione a non subire danni e cercare di colpire nemici senza sosta, per mantenere sempre alto l’indicatore. Accadrà dunque che le prime ore saranno inevitabilmente necessarie a prendere confidenza coi comandi, ma col passare del tempo e l’aumentare delle nostre abilità, gli scontri diverranno presto momenti di smisurata goduria per tutti coloro che impareranno a sfruttare a fondo le sconfinate possibilità che offre il sistema, generando combattimenti altamente spettacolari e sempre più esaltanti.
Come se non bastasse, Capcom ha deciso di mettere a disposizione dell’utente ben tre personaggi giocabili, ognuno con set di mosse personalizzato e specifiche missioni pensate appositamente per essi. In linea di massima, si può dire che tutti siano accomunati da un’arma bianca, un’arma da fuoco e un comando speciale, ognuno assegnato ai diversi tasti. Lo stile di Nero riprende la base di quello visto in DMC4, apportando però sostanziali cambiamenti come l’introduzione dei Devil Breaker, dispositivi applicabili al braccio con diverse abilità, da combinare alle solite mosse con spada e pistola. Novità assoluta è invece “V”, misterioso personaggio dark che ha l’abilità di invocare tre demoni al suo servizio: saranno loro infatti a sminuzzare i nemici prosciugandone la barra della salute, mentre al nostro toccherà soltanto l’onere di dare il colpo di grazia. Sebbene a conti fatti risulti il sistema più grezzo dei tre, assicurandoci spesso una valutazione di tutto rispetto anche soltanto premendo tasti a caso, rimane il fatto che è stato ben realizzato e che nel complesso funziona anch’esso a meraviglia. Il piatto forte, però, lo si gusta infine nei panni di Dante: come nei precedenti capitoli, il figlio di Sparda ha la possibilità di alternare le sue armi in tempo reale, e questo vale sia per le armi bianche che per quelle da fuoco. Come se non bastasse, fanno il loro ritorno gli stili di combattimento, particolari specializzazioni che ampliano ulteriormente il set di mosse delle armi od offrono all’utente parate e schivate aggiuntive che normalmente non avremmo a disposizione. Considerando che potremo alternare 4 armi bianche, 4 armi da fuoco e 4 stili differenti, (ognuno dei 12 con il proprio set di mosse specifico!) nello stesso momento, va da sé che le combo realizzabili siano in quantità pressoché smisurata. Si tratta di un sistema talmente articolato e profondo che non può che essere, a un’attenta riflessione, il frutto degli anni di evoluzioni e perfezionamenti che Capcom ha attuato nel corso di tutta la storia del franchise.
Parte integrante e fondamentale del sistema, ovviamente, è la caratterizzazione dei demoni che andremo ad affrontare e anche qui, Devil May Cry 5, non delude: da una parte i nemici comuni sono talmente tanti che si può perdonare una certa somiglianza che alcuni hanno tra loro, dall’altra i soliti magnificenti boss, che tornano come da tradizione ad essere presenti in quasi ogni livello. Anche qui Itsuno e soci si sono impegnati molto per proporci avversari degni (con qualche gradita citazione al passato) e duelli dalle dinamiche sempre differenti, senza riuscire nell’ardua impresa di eguagliare lo standard di Devil May Cry 3, da considerarsi ragionevolmente l’apice della serie sotto questo aspetto. Stesso discorso si può fare grosso modo per le ambientazioni: fin da subito appare come sia tutto dettagliato e curato nei minimi dettagli, ma a parte alcuni picchi nelle missioni avanzate che risultano essere un’autentica gioia per gli occhi, il mondo di gioco appare forse leggermente anonimo, specialmente nelle prime battute che si svolgono in città. Va detto, però, che stiamo cercando il pelo nell’uovo in una produzione di altissimo livello, al netto di una oggettiva difficoltà nel trovare veri e propri difetti che possano intaccare l’esperienza di gioco. Anche sul piano del level design il lavoro svolto è buono: gli enigmi ambientali sono praticamente spariti, ma la miriade di segreti disseminati per i livelli, tra frammenti di gemme da recuperare e missioni segrete da scovare, che ci incoraggeranno ad ingaggiare una timida esplorazione durante le missioni. Ulteriore nota di merito che va riconosciuta ai ragazzi di Capcom, ad esempio, è la resa grafica complessiva: oltre alla già citata cura nello sviluppo dei personaggi, Devil May Cry 5 esibisce non solo effetti di luce e animazioni da capogiro, ma anche e soprattutto un framerate pressoché ineccepibile, costantemente inchiodato ai 60 fps anche all’aumentare dei nemici su schermo, aspetto fondamentale in un gioco che fa degli scontri tecnici e veloci il suo cavallo di battaglia.
LASCIATE OGNI SPERANZA…
Detto di storia, grafica e gameplay, passiamo al fronte dei contenuti. La durata della campagna principale ammonta a una dozzina di ore, anche a seconda del livello di difficoltà. Come da tradizione, infatti, sono presenti tantissime modalità differenti, sempre più difficili, sbloccabili a catena completando il gioco. Quella normale sbloccherà la difficile, quella difficile la “Dante deve morire” e così via, fino ad arrivare alle ultime, assurde, modalità in cui moriremo con un colpo solo. Il livello di difficoltà, seppur condizionato dalle nostre scelte nel potenziamento dei personaggi e dal tempo necessario a digerire le meccaniche di gioco, appare sempre ben bilanciato, riservando i picchi più alti soltanto alle modalità avanzate, quasi impossibili da completare se non con l’aiuto di qualche gemma dorata, che garantisce un’immediata rinascita. Come in passato inoltre, ognuna di esse è studiata e personalizzata a fondo: non solo i nemici saranno più potenti, resistenti e numerosi, ma ci capiterà ad esempio di trovare in anticipo, rispetto alle modalità più semplici, anche i demoni più pericolosi, che di norma trovavamo solo nelle battute finali del gioco. Questo stratagemma ci consente in primis la possibilità di sfoggiare la maestria maturata nel corso della prima avventura, dall’altra di ottenere le innumerevoli gemme rosse (direttamente dai nemici e completando i livelli) necessarie ad acquistare tutte le abilità legate ad ogni personaggio. Giusto specificare, a questo proposito, che i famigerati acquisti in-game , tramite DLC, di gemme rosse non vanno minimamente a intaccare l’esperienza di gioco, fungendo soltanto da bonus per coloro che, con poco tempo a disposizione, preferiscono elargire qualche euro in più per sviluppare all’istante i nostri eroi. Nell’accumulo di gemme rosse, inoltre, ci verrà in aiuto la modalità Bloody Palace (aggiunta via DLC il primo di aprile) in cui dovremo superare diverse battaglie di crescente difficoltà, boss compresi, cercando di sopravvivere fino alla fine. Bisogna dire che quest’ultima, oltretutto, rappresenta in fin dei conti l’unica vera alternativa alle missioni della campagna principale. I contenuti, infatti, una volta sfogliate un po’ la Galleria, in cui rivedere i filmati e ascoltare le musiche, e l’Archivio in cui scoprire qualche dettaglio su background narrativo e personaggi, ruotano del tutto intorno alla storia. Una feature appena accennata e del tutto priva di utilità ci consente di interagire a volte con gli altri giocatori, ma non si può certo definire come una vera modalità multigiocatore. Non fraintendiamo comunque: la mole di contenuti relativi alla campagna, considerando il livello di qualità eccellente, basta e avanza, dato che tra missioni, nemici, boss, armi e abilità avremo pane per i nostri denti per alcune decine di ore.
Sarebbe stato carino, al limite, poter affrontare ogni missione con lo stesso personaggio, dato che ad oggi sono invece tutte ad esclusivo appannaggio di uno dei tre, escluse un paio di eccezioni. Menzione speciale va riservata alle musiche: anche qui, per quel che mi riguarda, è stato fatto un ottimo lavoro. I pezzi sono perlopiù un misto di rock ed elettronica, mix perfetto ad esaltare le nostre risse acrobatiche, ma non mancano passaggi più epici a base ad esempio di pianoforte e violino. Alcuni brani, come il main theme “Devil Trigger”, sono particolarmente azzeccati ed orecchiabili. Da segnalare la possibilità di scegliere quali musiche ascoltare duranti gli scontri, tra cui anche alcuni brani provenienti dai vecchi capitoli della saga.
PUNTI DI FORZA
- Il miglior gameplay della serie
- Visivamente e graficamente sublime
- Campagna molto interessante e ben curata
- Colonna sonora epocale
PUNTI DEBOLI
- Limiti nella scelta dei personaggi
- Poche cose da fare oltre alla campagna
E’ sempre bello accogliere il ritorno delle icone che hanno fatto la storia dei videogiochi. Dante è una di queste ed è finalmente tornato in grande stile con, verosimilmente, il miglior capitolo della serie fino ad oggi, che riesce nell’impresa di accontentare i fan di vecchia data senza rinunciare ad innovare, migliorare, sperimentare. Aldilà del confronto col suo passato, Devil May Cry 5 è un capolavoro che entra di diritto nell’olimpo dei prodotti del suo genere, giocandosela per il trono di migliore di tutti i tempi con perle come Bayonetta e Devil May Cry 3. La mano del maestro Hideaki Itsuno, storico director della serie, si sente: il prodotto si attesta su livelli di qualità altissimi dal punto di vista visivo, sonoro e soprattutto dal lato del gameplay, che converge in un unico titolo tutte le migliori doti apprezzate nella saga, amalgamandole sapientemente e creando di fatto la migliore proposta hack’n’slash “stilosa” presente ad oggi sul mercato.
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