Versione provata: PS4.
C’era un tempo in cui le scorribande europee del nazismo lasciavano dietro di sè tirannìa, terrore e distruzione. C’era un tempo in cui Adolf Hitler parlava di Lebensraum, lo spazio vitale di cui necessitava il neonato impero nazista, un’ideologia folle nata dalla mente di un leader estremamente carismatico. C’era un tempo in cui l’esercito americano, assieme a quello russo, pianificava svariate operazioni per sradicare il nazismo dalla faccia della terra.
Poi….beh, poi la Germania ha vinto. Sì, è stato tutto inutile. Il nazismo ha vinto, gli americani sono stati respinti ed il loro grande, enorme paese è stato sottomesso al volere del Führer. Il patriottismo, il capitalismo, l’orgoglio a stelle e strisce: tutto è caduto, sbriciolato ai piedi di un dannato imbianchino, per citare il generale George Patton. Il dittatore dai baffi quadrati nel frattempo sta espandendo a dismisura la macchina bellica nazista, rendendola una potenza inarrestabile, indistruttibile, schiacciante.
Poi è arrivato (anzi, cresciuto) tale William Joseph Blazkowicz, un uomo che non conosce il sentimento della paura: nelle sue vene scorre un sangue probabilmente fatto di piombo e di munizioni. In lui pulsa forte il desiderio della vendetta e dell’amore per la patria, non riesce a capacitarsi di come l’America possa tacere di fronte alla tirannia nazista. Il suo obiettivo è quello di sollevare lo spirito nascosto degli americani, per ribellarsi agli odiati invasori. Ma la strada non è breve.
“Prima di tutto, sappiate che non sono un nazista…”
La storia di Wolfenstein 2: The New Colossus riprende esattamente da dove eravamo rimasti nel precedente capitolo, The New Order. Blazkowicz, dopo l’assassinio del generale Deathshead, è entrato in coma per le ferite riportate nella battaglia del Martello di Eva, il sottomarino sottratto ai nazisti nel capitolo precedente. Ripresosi dal guaio accorso si rende conto che il mondo è ancora sotto il dominio nazista: è giunta l’ora di risvegliare gli animi degli americani, e riconquistare finalmente il proprio Paese. Peccato che, questa volta, a sbarrarci la strada ci sarà Frau Engel, antagonista secondaria in The New Order e nemico principale in questo capitolo. La sfida tra Frau Engel e Blazkowicz, soprannominato Terror-Billy, è basata su colpi di scena, scambi di battute e tanto, tantissimo sangue sparso in giro per i livelli, in una lotta al sapore di sparatorie e distruzione.
Il plot narrativo è lo stesso adottato da tutta la saga, riassumibile nella domanda: “E se…?”. Come molti di voi già sapranno, Wolfenstein è basato sull’ucronia, una tematica letteraria/cinematografica/artistica che affronta gli eventi del passato supponendo una loro conclusione diversa. In questo caso ovviamente si parla del nazismo come vincitore della Seconda Guerra Mondiale, che ha pertanto sottomesso anche gli Stati Uniti ed in generale tutto il mondo.
Il modo in cui viene affrontata la questione ucronica è qualcosa di sublime (a dir poco). Sì, perchè in Wolfenstein 2: The New Colossus troverete un sacco di ironìa ed autoironìa, sarcasmo, black humour e linguaggio da tipico americano dei film. Gli stessi sviluppatori hanno riferito di essersi ispirati al film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, sfruttando uno stile da cacciarone per creare l’opposizione nazismo-antinazismo più divertente mai realizzata. L’atmosfera che gli sviluppatori svedesi di MachineGames sono riusciti a infondere riesce a far sorridere in moltissime occasioni, ed in generale è impossibile stancarsi ad ascoltare le cut-scene ed i dialoghi dei personaggi, quasi sempre sopra le righe o comunque ricchi di sana ironìa.
“Ti credi un eroe, William Joseph Blazkowicz?”
Chiariamolo subito. Wolfenstein 2: The New Colossus ha mantenuto gli stessi tratti dei precedenti capitoli: è uno sparatutto (solo) offline che ricalca quasi del tutto gli schemi degli sparatutto più classici, vecchia scuola. Il gameplay si basa ancora una volta sul procedere attraverso i vari livelli, far fuori nazisti, raccogliere munizioni/vita/armature, ancora far fuori nazisti e talvolta affrontare dei “piccoli” boss. Ma procediamo con calma.
Ogni livello è stato progettato per essere affrontato in due modi, uno diretto e distruttivo ed uno stealth. È facile intuire come funziona, soprattutto perchè, come in The New Order, la struttura dei livelli è stata progettata sia per una sia per l’altra tattica di gioco. Se doveste scegliere di giocare furtivi, infatti, ogni livello vi porge davanti strade alternative, coperture, zone buie e cunicoli per aggirare le guardie naziste. In merito è da segnalare il ritorno dei comandanti: ucciderli permette di non far scattare l’allarme, che porterebbe a farsi accerchiare da molti più nemici. In ogni caso, ogni nemico rilascia armi, munizioni ed eventualmente vite o armature a volontà. Da questo punto di vista, gli sviluppatori hanno fatto sì che non ci si trovi mai nella condizione di restare a secco di provviste, e se non bastassero i cadaveri dei nemici, ci pensa l’ambiente circostante a provvedere ai rifornimenti.
Un nazista in meno qui, un nazista in meno lì
Giocando a Wolfenstein 2 ci siamo divertiti, e parecchio. Il fattore di divertimento più grande è rappresentato non solo dal gameplay frenetico e cacciarone, ma soprattutto dalla varietà di armi e di nemici.
Per quanto riguarda le armi, si passa dalla classica pistola al tipico mitragliatore leggero, entrambi impugnabili doppi, finendo alle più potenti armi pesanti dalle caratteristiche uniche. Quest’ultime sono ricaricabili mediante particolari stazioni di rifornimento sparse in giro per i livelli, ed il loro funzionamento ricalca il potere offerto da elementi come il laser, il fuoco o la corrente. Il Dieselkraftwerk, ad esempio, è un lanciagranate a gas a fuoco rapido, mentre il Laserkraftwerk spara un raggio laser ad altissima intensità che sbriciola letteralmente il nemico, ma anche alcune superfici metalliche. E’ da segnalare la possibilità di modificare le proprie armi, operazione eseguibile dopo aver raccolto i potenziamenti sparsi per il livello: le modifiche consistono in 3 nuovi aggeggi (mirini, caricatori estesi, colpi perforanti ecc) diversi per ogni arma.
I nemici costituiscono l’altro fattore di varietà offerto da Wolfenstein 2: The New Colossus. Se i nemici più classici sono eliminabili tutto sommato con facilità, lo stesso non si può dire dei boss di metà o fine livello. Questi autentici bestioni, quasi sempre robot di grandi dimensioni, vi daranno filo da torcere a volontà, rendendo necessario scaricargli un sacco di caricatori addosso e di correre ai ripari in cerca di rifornimenti. Per fortuna, è possibile disabilitare alcune componenti di questi boss, rendendoli parzialmente inermi. In molti casi è possibile scappare dai boss, se doveste ritenerli esagerati per la vostra portata: basterà avanzare nel livello, lasciando il nemico alle proprie spalle, ma questo ovviamente comporta la perdita di trofei.
Una lotta per la libertà
Il luogo più importante e più presente nel corso del gioco è il Martello di Eva, il sottomarino rubato ai nazisti che funge da HUB per le operazioni di Blazkowicz. Il nostro eroe, infatti, gestisce una squadra di resistenza che si coordina per pianificare le missioni. Nel Martello di Eva è possibile svolgere svariate attività: si passa da alcune semplici quest secondarie a vere e proprie spedizioni. Quest’ultime in particolare consistono nel recarsi presso alcuni specifici luoghi ed eliminare gli Überkommando, andando così a costituire una sorta di mini-quest sicuramente divertenti, che espandono l’esperienza di gioco in ambienti esterni al Martello. Le location degli Überkommando sono sbloccabili dopo aver ucciso i comandanti nelle missioni: dai loro corpi è possibile raccogliere i Codici Enigma, i quali vanno inseriti e sbloccati mediante un minigioco all’interno dell’apposito terminale informatico.
Nella squadra di Blazkowicz, il quale accoglierà altro personale nel corso della storia, ogni personaggio è minuziosamente caratterizzato da una propria personalità ben distinta. Anche nella caratterizzazione dei personaggi MachineGames ha svolto un lavoro egregio, creando un cast di livello che dà vita a dialoghi sempre divertenti e talvolta profondi nella propria simpatica identità. Si passa dall’acerrima nemica Frau Engel, dotata di un carisma unico e capace di farsi odiare a morte, all’innocenza del tedesco Max Hass, passando per la spavalderia e la contemporanea capacità tattica di Grace: ognuno ha una precisa collocazione nella trama, e nessuno di essi risulta fuori luogo nel corso della narrazione.
“Io ho un esercito.” “Noi abbiamo un Blazkowicz!”
Il protagonista storico della serie Wolfenstein è William B.J. Blazkowicz, presente ovviamente anche in questo capitolo. Come già visto in passato, Blazkowicz possiede una serie di perks in maniera molto simile ai GDR, ma per potenziarle si procede in modo leggermente diverso, ossia uccidendo un totale di nemici in certi modi (ad esempio in furtività). Dopo aver raggiunto il totale di kills richieste, l’abilità viene potenziata automaticamente: è un sistema che in parte elimina la pianificazione di una strategia elaborata, lasciando piuttosto maggiore fantasia e libertà al giocatore, libero di agire seguendo spontaneamente il proprio stile di gioco.
Il sistema di rigenerazione della vita è lo stesso visto nel capitolo precedente: procedendo nel gioco, è possibile ampliare il limite dei propri HP, ma se ci si trova nella condizione di vita piena, raccogliendo le vite a terra si otterrà una sorta di “bonus temporaneo” che scende gradualmente fino a tornare alla soglia standard di HP in possesso. Lo stesso funziona per l’armatura.
Per quanto riguarda la raccolta di vite e munizioni, ci sentiamo di muovere una critica al sistema di loot. Nulla di grave, sia chiaro, ma comunque qualcosa che talvolta può penalizzare. La criticità è rappresentata dal fatto che gli elementi da raccogliere in alcuni casi “non appaiono” effettivamente nel punto in cui stiamo guardando. In pratica molto spesso ci si ritrova a raccogliere munizioni invisibili, che magari sono nascoste da altri oggetti (inamovibili) o sono in qualche modo buggate; altre volte ci siamo ritrovati a raccogliere vite letteralmente invisibili. Confidiamo in Bethesda per qualche patch risolutiva.
Falcidiare i nazisti non è mai stato così bello
Dal punto di vista tecnico, i ragazzi di MachineGames hanno svolto un lavoro eccezionale, sfornando un comparto audiovisivo di qualità sopraffina. Graficamente, infatti, Wolfenstein 2 si comporta in maniera egregia. E’ da premiare non solo l’aspetto generale, con giochi di luce, esplosioni, riflessi e dettagli sulle armature di qualità, ma soprattutto la fluidità, quasi sempre garantita ai 60 fps. Di tanto in tanto siamo incappati in qualche micro-lag, soprattutto quando abbiamo inquadrato scenari particolarmente ricchi di dettagli, ma nel complesso si tratta di difetti trascurabili che non minano l’esperienza generale di gioco.
Doverosa menzione merita poi l’audio di gioco, capeggiato da un doppiaggio di livello cinematografico. Accompagnato ai video d’intermezzo, ci ha letteralmente catapultati nell’atmosfera di un film tarantiniano, obiettivo raggiunto dagli sviluppatori del titolo. Battute, pensieri, burle, sarcasmo: tutto è stato reso secondo il target di ascolto necessario, contribuendo a creare un cast di attori/protagonisti videoludici che non sempre si vede nel mondo dei videogiochi.
PUNTI DI FORZA
- Una tematica scottante (sebbene ucronica), trattata con un mix di ironia e sarcasmo a dir poco perfetto
- Divertente, caciarone, diretto, difficile al punto giusto, in pieno stile Wolfenstein
- Level design ispirato, che permette due diversi stili di gioco
- Le quest secondarie garantiscono varietà
- Ottimo comparto grafico, fluidità garantita e doppiaggio da pellicola cinematografica
PUNTI DEBOLI
- Sistema di loot imperfetto
- Qualche sporadico calo di frame rate
Senza troppi giri di parole, Wolfenstein 2: The New Colossus è un titolo imperdibile sia nel panorama dei videogames in generale, sia soprattutto nel settore degli FPS, nel quale oggigiorno è sempre più difficile reperire sparatutto “vecchia scuola”. MachineGames è stata capace di mantenere saldissimo lo stile della saga di Wolfenstein, riprendendo la scottante tematica ucronistica del nazismo vincitore ed impiegando ancora una volta un’ironia talvolta sottile, talvolta più suggestiva. Il paragone con Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino non è solo una questione artistica, ma un obiettivo perseguito da MachineGames, che è riuscita a riconfermare e realizzare uno sparatutto quasi unico nel suo genere. Il paragone con il milkshake alla fragola degustato dal gerarca nazista, nell’esilarante trailer pubblicato da Bethesda, è quasi d’obbligo: possiamo finalmente dirlo, quel milkshake era davvero buono!
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