Home Videogiochi Rubriche Retrogaming | Super Mario 64 DS, o “la ricetta del remake (quasi) perfetto”

Retrogaming | Super Mario 64 DS, o “la ricetta del remake (quasi) perfetto”

Il 21 novembre 2004 accade qualcosa destinato a entrare nella storia. No, non parliamo solamente del debutto di Nintendo DS, la rivoluzionaria console portatile che prendeva il posto di Game Boy dopo anni di onorato servizio, ma anche di quello di Super Mario 64. Come dite? È accaduto molti anni prima? Vero, ma stavolta si parla nello specifico della versione realizzata appositamente, appunto, per DS.

A distanza di quasi 9 anni dal suo debutto su Nintendo 64, la prima avventura tridimensionale di Mario si preparava insomma ad arrivare su un sistema completamente nuovo, e con una veste, almeno in parte, inedita. L’impresa non era facile: il DS non poteva rivaleggiare a livello di potenza con Nintendo 64 (almeno non del tutto), ed erano presenti anche altri limiti che, banalmente, coinvolgevano la risoluzione dello schermo della console, la quantità di tasti a disposizione, e così via. Il DS portava poi con sé un rivoluzionario design a doppio schermo, di cui uno touch: come sfruttarlo?

È chiaro che riproporre Super Mario 64 rappresentasse una sfida appassionante per i suoi autori, che si trovarono di fronte a una serie di lunghe e importanti scelte per ridefinire alcuni aspetti chiave del gioco. Un remake, a tutti gli effetti, che non poteva inoltre permettersi di sbagliare. 

L’uscita di Super Mario 64 nel 1996 segnò una svolta epocale nel mondo dei videogiochi, rappresentando la prima vera incursione del personaggio nel mondo della terza dimensione e settando, di fatto, le regole che i platform 3D seguono ancora oggi. Grazie alla potenza della Nintendo 64, il gioco offriva una libertà esplorativa senza precedenti, consentendo ai giocatori di esplorare il Castello di Peach e il mondo circostante da una prospettiva inedita, che metteva al centro dell’esperienza l’esplorazione e non la destinazione. Non solo il gioco era visivamente e tecnicamente impressionante per l’epoca (a parte quella dannata telecamera!), ma anche il gameplay innovativo segnò l’inizio di una nuova era.

Ora, senza perderci troppo su Mario 64, è abbastanza risaputo che si parla di un capolavoro della storia dei videogiochi. I suoi mondi sono iconici, le sue musiche anche, la sua capacità di ridefinire l’essenza di videogioco pure. Se volete sapere perché, basta giocarlo. Non serve altro. Oppure leggere questo speciale, che non fa mai male. Ma tornando a Super Mario 64 DS, l’impresa, come detto, non era facile. Innanzitutto, Nintendo doveva restaurare un classico mantenendone intatta la formula. Allo stesso tempo, alcuni cambiamenti erano necessari. 

E pensare che forse questo gioco è stato realizzato a tempo record, per quanto ne sappiamo. All’E3 2004, a circa sei mesi dal lancio di Nintendo DS, la compagnia presentò questo progetto con il titolo Super Mario 64 x4, per una sorta di dimostrazione multiplayer che mostrava le potenzialità della nuova console. Evidentemente questo bastò a far scatenare i fan e la stessa Nintendo, che pochi mesi dopo annunciò che questo era un gioco vero e proprio (cosa mai detta in precedenza) e che solo a ottobre, a un mese dall’uscita della console, ottenne il titolo definitivo di Super Mario 64 DS e la conferma dell’uscita al lancio della nuova piattaforma. Insomma, un lavoro realizzato con una certa pressione, ma riuscito.

La versione DS non era una semplice conversione portatile del titolo originale, ma una rielaborazione che cercava di sfruttare le caratteristiche uniche della nuova console. Una sfida, come detto poco fa. C’erano aggiustamenti da fare a livello tecnico e grafico. Ma a quel punto, occorreva intervenire anche sul level design, cosa che gli sviluppatori fecero con piacere di fronte all’idea di lavorare a una pietra miliare come questa. E allora bisognava pensare anche al fatto che Mario, certe cose, non poteva farle.

Ma il fatto che 64DS fosse simile e allo stesso tempo diverso, a dire il vero, era chiaro anche all’occhio di chi ancora non aveva seguito notizie e approfondimenti apparsi sulle riviste – sì, era ancora l’epoca d’oro dell’informazione cartacea, anche se il web stava iniziando a farsi avanti. La sequenza iniziale, ad esempio, non era più quella di un Mario che in solitaria fuoriusciva dal classico tubo verde, pronto a raggiungere Peach nel suo castello per mangiare una torta preparata dalle sue dolci mani. No, stavolta i tubi erano ben tre, e da questi saltavano fuori Mario, Luigi e Wario che iniziavano a litigare sulla strada per la rocca del Regno dei Funghi. E sparivano. Sparivano davvero. Quando il giocatore prendeva i comandi del protagonista, questo non era Mario… ma Yoshi!

Forse è stato solo un caso che la scelta come primo dei quattro personaggi giocabili di 64DS fosse proprio Yoshi, quello che nel gioco originale rappresentava il segreto finale da scovare. Per chi non lo ricorda, il dinosauro verde poteva essere raggiunto sul tetto del castello solo dopo aver ottenuto 120 Stars (oppure tramite qualche glitch, ma questo è un altro discorso), ed è appunto curioso che gli sviluppatori del remake, Nintendo EAD, abbiano scelto proprio lui per accompagnare i giocatori in questo rinnovato mondo. Del resto, mentre Mario mantiene il suo moveset classico, Yoshi porta una ventata d’aria fresca anche in fatto di attacchi (con la lingua) e acrobazie, con la possibilità di mantenere leggermente in aria il personaggio come se stesse fluttuando per qualche secondo – e sfruttando il touchscreen inferiore come mappa dall’alto.

Sin dalle prime battute del gioco, quando Yoshi doveva recuperare la chiave per aprire il castello da un pestifero coniglietto nel labirinto di siepi (eh sì, anche alcuni livelli avevano subito di redesign più o meno leggero a seconda dei casi), emerse però uno dei problemi più grandi della produzione: l’assenza del joystick. La versione originale per Nintendo 64 utilizzava la levetta analogica, una novità per l’epoca, che offriva un controllo preciso e fluido del personaggio. Mario poteva muoversi liberamente e con naturalezza nell’ambiente tridimensionale, in un modo tutto nuovo rispetto alle due dimensioni che fino a quel momento avevano caratterizzato la storia del personaggio.

Su DS, però, non c’era una levetta, ma il poco pratico (per un gioco in tre dimensioni) D-pad. Pur essendo funzionale, questo portava a una perdita di precisione e fluidità nel controllo, imponendo ai giocatori di adattarsi a un sistema di movimento più rigido. Di contro, c’erano poche altre scelte: Nintendo aveva deciso di rinunciare allo stick, forse per dare maggiore rilevanza al touchscreen, e così il D-pad era anche l’unico modo per far funzionare il tutto. Male, aggiungiamo. E questo va ammesso.

Ma torniamo alle novità positive. Come detto in precedenza, il gioco sapeva stupire anche i fan storici portando Yoshi al centro dell’esperienza, almeno per le prime fasi. A Bob-Omb Battlefield era infatti il dinosauro a svolgere i primi compiti per ottenere le Stars iniziali, prima di pensare a come proseguire. E così, ecco un’altra sorpresa: nella stanza al primo piano della hall del castello, a destra del portone che conduce al piano superiore, una stanza viene stravolta. Quella che prima era solo una piccola area per un livello segreto, quello della corsa raggiungibile attraverso uno dei mosaici di Peach, ora è una stanza più grande, con 4 porte (più una che conduce in un’altra zona ancora, inedita pure questa) che sbloccano i vari Mario, Luigi e Wario – oltre a Yoshi, appunto. Entrando nelle porte, il personaggio lasciava così il passo a un altro protagonista. 

Certo, non era così facile ottenerli da subito. Per sbloccare Mario, ad esempio, Yoshi doveva prima ottenere 8 Stelle (e intanto i giocatori potevano verificare che il design di alcune di queste era stato cambiato, o addirittura ne erano state inserite di inedite), e poi accedere a un dipinto di Mario, presente nella stanza citata poco fa, che portava a un livello tutto nuovo con tanto di Goomboss come nemico finale da sconfiggere.

Luigi, invece, non poteva che essere associato ai fantasmi, dopo che nel 2001 aveva ottenuto popolarità come cacciatore di ectoplasmi in Luigi’s Mansion: nella Big Boo’s Hunt, nell’ala est del primo piano, c’era un labirintico livello da completare per sbloccare il personaggio. Più avanti nel gioco arrivava anche Wario, accessibile solo con Luigi e il suo potere dell’invisibilità e intangibilità in quella famosa stanza con gli specchi riflettenti – roba che all’epoca sembrava un miracolo e che ancora oggi, per molti giochi, è in effetti un miraggio. 

Ecco, parliamo dei poteri. Il redesign dell’originale SM64 si basava non solo sulla modifica di alcuni mondi e Stars, ma anche su come i personaggi erano in grado di interagire con l’ambiente, abbandonando poi, almeno in parte, la dinamica dei cappelli Alato, Fantasma e Armatura trasformandoli in abilità specifiche di ogni protagonista. Mario, ad esempio, manteneva tutte le mosse del gioco originale, come il salto triplo e la capriola all’indietro, ed era in grado di volare per un po’ di tempo grazie al famoso cappello con le ali. Yoshi era versatile, capace di afferrare nemici e oggetti con la lingua ma anche di trasformarsi momentaneamente negli altri protagonisti indossando uno dei cappelli che si potevano trovare nei vari livelli. Wario, pesantissimo nei movimenti, era però anche il più muscoloso e forte fisicamente, molto poco adatto però al platforming. Al contrario, Luigi era quasi una piuma, agile e saltellante, con un salto molto più leggiadro e un controllo di volo deciso per raggiungere sporgenze prima impossibili. 

Per quanto proprio Luigi fosse una sorta di crack del gioco, rompendo il design in più occasioni visti i suoi movimenti davvero esagerati, l’introduzione di più personaggi cambiava in modo significativo la dinamica di gioco rispetto all’originale. I giocatori non devono solo affrontare le sfide e raccogliere le stelle, ma devono anche scegliere il personaggio più adatto per superare determinati ostacoli. Ad esempio, Yoshi è l’unico che può raggiungere determinati luoghi grazie alla sua abilità con la lingua, mentre Wario è necessario per sollevare oggetti pesanti che altrimenti bloccherebbero il passaggio. Un elemento che dava frizzantezza e varietà a un gioco che tutti conoscevano a memoria, e non era certo semplice farlo.

E come abbiamo già ricordato, anche la raccolta delle Stars veniva arricchita con nuovi obiettivi e, in alcuni casi, rielaborate missioni. La struttura era quella classica: ogni mondo aveva più missioni, ognuna delle quali con una Stars come premio finale – qualcosa che poi Sunshine e i giochi successivi manterranno, prima che Odyssey passerà poi a un concept open map più profondo. Ma oltre alle Stelle specifiche per ogni personaggio, venivano anche introdotti nuovi tipi di collezionabili che aggiungono un ulteriore strato di complessità al gioco, come le Stelle che richiedono la risoluzione di puzzle o l’interazione con oggetti nascosti.

In effetti, le nuove aree sbloccabili, in gran parte segrete, aggiungevano profondità al remake. Alcuni livelli introdotti erano completamente nuovi, mentre altri rappresentavano una rivisitazione dei livelli originali con nuove sfide e obiettivi. Il Castello di Peach, che è il cuore centrale del gioco, era stato ad esempio rielaborato in Super Mario 64 DS per ospitare nuove aree, nuove porte e meccaniche che erano assenti nella versione Nintendo 64, rendendolo non solo più grande ma anche vivo. La presenza di sfide e ostacoli portava freschezza, questo anche grazie all’intuizione di dare un significato preciso a ogni personaggio. 

Una sfida era rappresentata anche dalla potenza hardware a disposizione. Va detto che Nintendo DS non sfigurava particolarmente nei confronti di N64, se non per la RAM, ma la necessità di condensare tutto su uno schermo molto piccolo era qualcosa di particolare. Sebbene la versione DS riuscisse a mantenere un aspetto riconoscibile e fedele al gioco originale, le texture erano generalmente meno dettagliate e la grafica risultava più semplificata. Nonostante ciò, Nintendo EAD fece senza dubbio un buon lavoro nell’adattare l’estetica del gioco alle capacità della piccola e neonata console. I modelli dei personaggi e dei nemici erano sì meno dettagliati, ma comunque ben realizzati per il formato portatile. La risoluzione era forzatamente inferiore, ma le animazioni erano comunque fluide, e la colnna sonora riarrangiata dal capitolo originale dava alta qualità al tutto. 

Ora, l’annosa domanda: se Super Mario 64 è un capolavoro, lo è anche questo remake per DS che ha aggiunto Stars, personaggi, sfide e livelli? La risposta è un netto no, ma per un semplice motivo: il capolavoro, appunto, c’era già. Le differenze tra i due giochi, come vi abbiamo raccontato in questa retrospettiva, sono molteplici e vanno oltre i cambiamenti superficiali, ma occorre anche pensare al periodo storico di riferimento e al contesto: mentre la versione originale di Super Mario 64 funge ancora oggi da punto di riferimento nel panorama dei platform 3D, la versione DS ha solo portato lo stesso tipo di esperienza su una piattaforma portatile, senza avere però lo stesso, gigantesco peso sulle spalle – la modalità multiplayer era effettivamente nuova, ma impossibile cambiare idea per essa. E inoltre c’era un sistema di movimento un po’ troppo limitato, che rappresentava paradossalmente un passo indietro. 

Super Mario 64 DS rappresenta comunque un’esperienza unica nel panorama dei giochi portatili ancora oggi – e recuperarlo su 3DS porta il valore aggiunto dello stick analogico, che sistema molti mali. Sebbene alcuni puristi possano preferire la versione originale per Nintendo 64, che ha segnato una pietra miliare nei giochi in 3D, la versione portatile offriva una reinterpretazione interessante, senza snaturare l’essenza originale ma cercando comunque di aggiungere qualcosa di sfizioso a una formula che tutti già conoscevano. Seppur senza volerlo, forse Nintendo aveva dettato le regole per realizzare un grande remake.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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