Nella prima parte della nostra Lezione di Storia dedicata a MediEvil, vi abbiamo raccontato alcuni retroscena dello sviluppo del primo indimenticabile capitolo di questa serie. Dalla mente di Chris Sorrell, ispirato dalle atmosfere dei film di Tim Burton, nacque il primo prototipo di Sir Daniel Fortesque, eroe senza macchia e senza paura (e senza un occhio) che si ritrovò a camminare tra i vivi (o quasi) 100 anni dopo la sua morte. La storia di MediEvil, però, non è finita. Oggi continuiamo a ripercorrerla, giungendo fino ai giorni nostri nei quali, trepidanti, attendiamo di poter finalmente riassaporare le gesta di Sir Dan da ottobre.
500 ANNI DOPO
Come spesso accadeva all’epoca, quando sviluppare un videogioco di grande livello non richiedeva i lunghissimi tempi di sviluppo richiesti oggigiorno, un titolo di successo diveniva ben presto serie. Fiutato il riscontro estremamente positivo da parte dei giocatori, e l’ormai acclamata popolarità di MediEvil, Sony commissiona a SCE Cambridge l’immediato sviluppo di un sequel da lanciare al più presto. La prima PlayStation era ormai prossima al passaggio del testimone con PS2, e Sony, i cui studi first party principali erano al lavoro sulla next-gen, aveva bisogno di qualche ulteriore videogioco per rimpolpare gli ultimi mesi della console, anche a costo di clamorosi addii. Senza molte spiegazioni, SCE Cambridge allontana Sorrell, e al suo posto arriva James Shepherd. Con il suo team, Shepherd si mette al lavoro per sviluppare MediEvil 2, lanciato poi nella primavera del 2000 in Europa proprio mentre i giapponesi mettevano le mani su PlayStation 2, console che arriverà dalle nostre parti solamente in autunno. Un secondo capitolo che non verrà apprezzato come il suo progenitore, ma abbastanza interessante da rendere MediEvil una serie di successo.
SCE Cambridge sceglie di non stravolgere il gameplay, o di modificare le fondamenta stesse del gioco. Del resto, perché cambiare qualcosa che funziona, in special modo se si hanno pochi mesi a disposizione per presentare il lavoro fatto? E così Sorrell scelse di percorrere la via più “semplice”, quella della fedeltà al concept originale variando però l’ambientazione e, vagamente, la storia. Il protagonista rimane l’indimenticabile Sir Daniel Fortesque, cavaliere medievale di Gallowmere maledetto dal potente mago Zarok che nel XIV secolo era stato resuscitato e aveva sconfitto il malvagio nemico, ma ora tutto ciò che lo circonda è ben diverso. MediEvil 2 è infatti ambientato nel 1886 a Kensington, un distretto di Londra nel quale la storia, incredibilmente, sta per ripetersi nonostante siano passati ben 500 anni dai fatti del primo capitolo. Il mago Palethorn riesce infatti a recuperare l’antico libro delle magie di Lord Zarok, e nel tentativo di accrescere i suoi poteri e dominare il mondo risveglia tutti i morti. Compreso, purtroppo per lui, nuovamente Sir Daniel, trasportato dal suo antico luogo di riposo in una sala di un museo e che si ritrova spaesato, confuso, nel bel mezzo di una Londra vittoriana nella quale però non tarderà ad ambientarsi.
La trama, a differenza del primo MediEvil, si fa più complessa e articolata, e accoglie personaggi tutti nuovi che vanno ad affiancare il cavaliere non-morto di Gallowmere. Sir Dan incontra infatti per le strade di Londra prima il professor Hamilton Kift eil suo spettrale aiutante Winston Chapelmount, e finirà poi con l’imbattersi in Kiya. Principessa mummia riportata in vita da Palethorn, Kiya instaurerà un profondo legame amoroso con Daniel, tanto da spingere il cavaliere a gesti estremi nel corso degli avvenimenti di MediEvil 2 per riuscire a ricongiungersi a lei. Senza dimenticare, ovviamente, il suo illustre compito: salvare il mondo, sia dal demoniaco Palethorn che da Jack lo Squartatore, un iconico riferimento alla Londra vittoriana che si alleerà con il mago responsabile dell’apocalisse. Tra qualche colpo di scena inaspettato e una chiave di lettura come sempre dark e tenebrosa delle atmosfere dell’epoca, le avventure di Sir Dan si concludono qui, definitivamente per ora. Zarok è andato, Palethorn pure, e all’orizzonte non vi erano nuove minacce. Daniel non sembrava destinato al sonno eterno, eppure questo, almeno in parte, era il suo destino.
MediEvil 2 riprende tutto quello che c’era di buono nel suo predecessore limandone i dettagli. L’interfaccia rimane praticamente invariata, e il gameplay rimane ancorato alle meccaniche che lo avevano reso famoso: Sir Dan è nuovamente in grado di staccarsi il braccio e utilizzarlo come arma, così come è in grado di padroneggiare il suo classico scudo e le spade tanto amate proprio come un tempo. A proposito di armi, però, arrivano ad esempio alcuni esponenti del nuovo periodo storico affrontato, come la pistola e il trombone. Questa scelta, quella di ambientare MediEvil 2 nel XIX secolo, venne dettata sia dall’esigenza appunto di trovare nuovi modi per stupire i giocatori, sia dalla somiglianza della Londra vittoriana con l’ambientazione del primo capitolo della serie, caratterizzata dal revival dei toni gotici. Una scelta che a dire il vero ha necessitato di parecchi cambiamenti prima di prendere la forma definitiva. Nel primo concept di MediEvil 2, come Shepherd affermò nel corso di varie interviste, Sir Daniel doveva ad esempio scalare la Torre di Londra per liberare Zarok ove era rinchiuso come prigioniero (non sappiamo in che modo), idea che poi venne scartata a favore di qualcosa di molto più vicino al primo capitolo. Forse non la migliore scelta, considerando che le maggiori critiche mosse a MediEvil 2 si rifacevano proprio all’eccessiva somiglianza col primo capitolo. Critiche che, anche se non ne abbiamo mai avuto la conferma, potrebbero aver decretato nel 2000 il passaggio di Sir Dan dalla colonna dei progetti principali a quella dei giochi da tenere in fresco per un po’.
OH SH*T, HERE WE GO AGAIN…
L’era di PlayStation 2, nel 2005, si avvicina alla conclusione, e di Sir Daniel Fortesque non ci sono tracce nonostante le richieste dei fan. Sembra quasi che MediEvil, dopo un successo straordinario sulla prima console di casa Sony, non sia più una priorità per il colosso giapponese, ormai concentrato su altri nomi che ormai hanno sovrastato quello del prode cavaliere di Gallowmere: Naughty Dog è sulla cresta dell’onda con Jak & Daxter, Insomniac ha sfornato diversi Ratchet & Clank, ai quali poi si aggiungono altre esclusive di enorme rilevanza come Kingdom Hearts, God of War, Killzone. In più, la storia recente aveva insegnato a Sony che il ritorno delle sue antiche mascotte non era capace di dare i risultati sperati. Crash Bandicoot (ormai non più esclusiva) stava collezionando un fallimento dopo l’altro, Spyro era messo forse peggio, ed Ape Escape, un tempo fiore all’occhiello della console nipponica, non aveva reso quanto sperato con il terzo capitolo.
Eppure, Sir Dan meritava una nuova occasione, e di questo i ragazzi di SCE Cambridge ne erano sicuri. Dopo C-12: Final Resistance, Primal e Ghosthunter, lo studio di sviluppo ottiene la possibilità di tornare a lavorare sulla sua opera magna ad un patto: sfruttare la neoarrivata PlayStation Portable che necessitava di un grande supporto e di un grande parco titoli per contrastare la concorrenza di Nintendo nel campo del gaming handheld. Vista forse la mancanza di tempo, o la voglia di superare se stessi, o chissà cos’altro, l’idea di SCE Cambridge è quella di non procedere con un naturale MediEvil 3, ma di tornare sui suoi passi. Di guardare al suo glorioso passato ma riguardandolo in una chiave differente, con un torno diverso e limando gli errori dati dall’inesperienza. La vera e propria resurrezione dell’indimenticabile primo capitolo.
Ed ecco quindi che nel settembre 2005, su PSP, Sir Dan risorge, di nuovo, per la prima volta dal maleficio di Lord Zorak. MediEvil: Resurrection si ripropone di replicare il successo del primo videogioco del 1998, con un vero e proprio remake che vuole rendere giustizia al suo illustre progenitore. Remake, però, non un porting come si potrebbe pensare. Perché infatti il titolo per PSP ripropone la stessa identica storia di Sir Dan, Zarok e Gallowmere, concentrandosi però sul modificare alcune meccaniche del gameplay e soprattutto i toni, che saranno anche il pomo della discordia tra una fetta dei fan e questa nuova piega scelta per MediEvil. L’originale gioco di fine anni ’90 nasceva, come vi abbiamo spiegato ampiamente in apertura, dalle fredde e angoscianti ambientazioni di Tim Burton e dei suoi gotici film, che avevano saputo conquistare tutti con il loro fascino e avevano saputo dare una notevole caratterizzazione al franchise di MediEvil. In Resurrection, invece, SCE Cambridge cambia le carte in tavola.
Il remake del gioco decide infatti di slegarsi dai toni più tenebrosi del suo “papà”, e di rilanciare Gallowmere in una chiave comica, brillante, grottesca. Il tema è sempre quello del fantasy, e di un uomo che torna in vita dopo 100 anni per vendicarsi e sconfiggere il malvagio Zarok. Stavolta, però, la narrazione così come i personaggi vengono nettamente migliorati e approfonditi, lasciando spazio a molti dialoghi e citazioni frequenti che alleggeriscono notevolmente l’atmosfera di quello che, 6 anni prima, era un mondo molto più oscuro e che aveva dato una fortissima identità a MediEvil. Questo, insieme ad alcuni cambiamenti poco comprensibili al gameplay (come il fatto che alcune armi dovessero essere utilizzate con due armi, abbandonando quindi quello che un tempo era un inseparabile scudo) e al recupero di idee scartate per il gioco originale come il folletto Al-Zalam, provocò più di un malumore tra i fan e la critica, quest’ultima particolarmente fredda nell’accogliere il ritorno di Sir Dan. Al di là dei numerosi problemi tecnici di cui il gioco soffriva, e nonostante alcune novità particolarmente apprezzabili come il nuovo parco animazioni e la notevole cura nella resa dei personaggi, molti critici prima e giocatori poi si dissero estremamente insoddisfatti dai netti cambiamenti apportati all’opera originale, tanto da suscitare dubbi anche nei co-creatori del franchise Sorrell e Wilson. I due, che non ebbero alcun coinvolgimento nello sviluppo di Resurrection, non apprezzarono la deriva più grottesca e comica, modifiche troppo crudeli dal loro punto di vista nei confronti di qualcosa per cui avevano lottato e lavorato così tanto anni prima.
Con poco più di 800 mila copie vendute su PSP e un generale senso di insoddisfazione, Sir Daniel, dopo Resurrection, fu costretto a tornare nella sua tomba. In silenzio, fermo, immobile, in attesa di tempi migliori, quegli stessi tempi che con la Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy di Vicarious Visions sembra siano arrivati. Il mondo è ormai felice di vedere che i grandi classici del passato stanno tornando in grandissima forma, e con una minuziosità e una fedeltà da far quasi rabbrividire. Proprio per questo nel 2017, quando Shawn Layden annunciò alla PSX il remake (il secondo, in effetti) di MediEvil, non fummo così sorpresi. Felicissimi, certo, ma non sorpresi. E nonostante qualche dubbio che ci attanaglia sin dal primo trailer mostrato nell’ottobre dello scorso anno, siamo particolarmente estasiati dal sapere che il nostro amato cavaliere è in procinto di uscire dalla sua tomba per darle di santa ragione a Zarok. Di nuovo.
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