Per anni e anni, si è speculato sempre più sull’arrivo di un nuovo capitolo dedicato a Crash Bandicoot, una delle saghe platform più famose al mondo. Purtroppo, l’ipotetico capitolo non è mai arrivato ma, tuttavia, ad accontentare i fan ci ha pensato l’annuncio della Crash Bandicoot N-sane Trilogy, nella quale sono contenuti i remake dei primi tre titoli, sviluppati e rilasciati da Naughty Dog su PS1.
Proprio per celebrare l’arrivo di questa collection, abbiamo ben pensato di dedicare al nostro Crash un episodio della nostra rubrica “Lezioni di Storia”.
WILLY THE WOMBAT
Era il lontano 1996 quando Naughty Dog decise di rilasciare un gioco intitolato Crash Bandicoot (inizialmente intitolato “Willy the Wombat”), che vedeva come protagonista un simpatico marsupiale, chiamato Crash. A dire il vero, la storia era abbastanza scontata e, per certi versi, assimilabile a quella di Super Mario, altra serie platform che al tempo era già conosciutissima. La trama infatti vedeva il nostro Crash affrontare nemici e missioni in cerca della sua amata Tawna, tenuta prigioniera in un castello dal Dr. Neo Cortex e dal suo braccio destro Nitrus Brio che, tra le altre cose, avevano intenzione di conquistare il mondo.
L’intero gioco si componeva di 33 livelli, suddivisi in tre isole e, tutt’oggi, è considerato uno dei titoli più difficili della saga, dato che i checkpoint non tenevano conto dei progressi passati. Per quanto riguarda la parte del gameplay, il nostro Crash non poteva compiere tantissime mosse, eccezion fatta per il salto e per la giravolta. Nonostante la semplicità, il gioco riusciva a divertire grandi e piccini anche grazie ai tanti collezionabili che era possibile raccogliere all’interno dei livelli e grazie anche alla varietà delle fasi di gioco, che prevedevano anche degli scontri con dei boss. Inoltre, durante l’avventura, il nostro Crash poteva essere accompagnato da Aku Aku, la famosa maschera di legno vivente che proteggeva il marsupiale dagli attacchi nemici. La struttura dei livelli era molto più semplice di quella di Super Mario 64: al contrario di quest’ultimo, Crash non era un open world ma ogni livello prevedeva semplicemente di partire dal punto A e raggiungere il punto B affrontando i diversi nemici che si trovavano durante il percorso.
Un’altra cosa curiosa che forse non tutti sanno è che Crash Bandicoot aveva un finale alternativo a seconda delle gemme raccolte durante l’avventura (esatto, già nel 1996 esistevano i finali alternativi nei videogiochi). Il finale “normale” del gioco prevede infatti il combattimento tra Crash e Cortex e, solo in un secondo momento, il salvataggio di Tawna e la fuga in dirigibile. Raccogliendo tutte le gemme invece, si poteva evitare lo scontro con Cortex e salvare direttamente Tawna.
DUE ANNI MEMORABILI
Dopo appena un anno dal rilascio del primo capitolo, Naughty Dog lanciò sul mercato Crash Bandicoot 2: Il ritorno di Cortex.
La trama di questo secondo capitolo è strettamente legata al primo Crash Bandicoot. Una volta esser stato sconfitto, Cortex trova un cristallo violaceo che potrebbe essere lo strumento giusto per riuscire a controllare tutti gli esseri viventi. Tuttavia, un solo cristallo non è sufficiente per raggiungere lo scopo e, proprio per questo motivo, il malefico dottore decide di far raccogliere con l’inganno gli altri cristalli al nostro Crash, che nel frattempo si ERA trasferito a vivere con Coco, sua sorella. Durante l’avventura però il vecchio assistente di Cortex, Nitrus Brio, avverte Crash del vero intento di Cortex e lo prega di raccogliere 42 gemme con le quali poter distruggere il Cortex Vortex, la macchina che il dottore avrebbe usato per controllare il mondo. Purtroppo, il nostro marsupiale aveva già consegnato i cristalli al dottore ma, una volta avvertito da Coco dell’inganno, riesce a bloccare Cortex salvando il mondo, ancora una volta.
Per la prima volta, il gioco vede l’utilizzo della Warp Room, ovvero della stanza nella quale è possibile scegliere i livelli da completare o rigiocare. Inoltre l’ambientazione dei livelli è molto più varia rispetto al primo capitolo, nel quale ci si muoveva soprattutto per jungle e boschi. In Crash Bandicoot 2 infatti i livelli erano ambientati in zone nevose, laboratori, fognature e molto altro ancora. Questa differenziazione permise agli sviluppatori di inserire anche dei mezzi per agevolare gli spostamenti di Crash come, ad esempio, una moto d’acqua o un jet pack. Anche questo secondo capitolo assicurava una rigiocabilità estrema dato che i livelli nascondevano segreti, che potevano essere svelati solo dopo aver raccolto le gemme.
Non c’è due senza tre si direbbe in questi casi. Dopo il successo di Crash Bandicoot 2 Naughty Dog non poté fare altro che rilasciare anche il terzo capitolo della serie intitolato Crash Bandicoot 3: Warped, che di fatto concluse la trilogia.
In Warped il mondo è nuovamente in pericolo dopo che Uka Uka, fratello cattivo di Aku Aku, è riuscito a fuggire dalla prigione nella quale era detenuto. Così, una volta libero, Uka Uka salva Cortex, che si scopre essere sempre stato un suo fedele servitore e insieme decidono di creare un nuovo piano: viaggiare nel tempo per raccogliere i cristalli nel momento della loro creazione. Inutile dire che anche questa volta Crash è chiamato a risolvere la questione e a viaggiare lui stesso nel tempo per trovare i cristalli prima dei suoi nemici.
Crash Bandicoot 3: Warped è probabilmente il gioco più completo dell’intera saga, sia per quanto riguarda la diversificazione del livelli che il gameplay.
I livelli sono infatti suddivisi in 10 epoche temporali differenti e, ovviamente, ciò permise agli sviluppatori di creare sezioni totalmente differenti l’una dall’altra.
TEMPO DI ACCENDERE I MOTORI
Warped rappresentò la fine di Crash o, almeno della serie principale. Nel 1999 infatti, Naughty Dog decise di rilasciare uno spin-off intitolato “Crash Team Racing”, gioco di kart con i personaggi buoni e cattivi della serie principale (ancora una volta è scontato il paragone con Mario Kart e Super Mario, a cui ND si ispirò molto).
Ovviamente la trama di questo spin-off era abbastanza banale e sicuramente non vitale per la riuscita di un gioco di corse: un alieno di nome Nitros Oxide ha deciso di invadere la terra e di sfidare il più bravo pilota al mondo. In caso di vittoria l’umanità sarebbe ridotta in schiavitù.
Proprio come accade in Mario Kart, anche in Crash Team Racing è possibile raccogliere armi e gadget in grado di rallentare gli altri piloti, così da guadagnare tempo prezioso e raggiungere il traguardo per primi. Naturalmente, lo stile di guida era completamente arcade ed era proprio questa la forza del titolo. Il tutto era reso ancora più divertente dalla possibilità di poter usare i personaggi buoni e cattivi della trilogia e correre su piste ispirate in tutto e per tutto ai livelli dei primi tre capitoli della serie. Insomma, nonostante fosse uno spin-off, l’idea di Naughty Dog si rivelò vincente, tanto da essere considerato uno dei migliori giochi in assoluto dedicato a Crash. Oltre a quanto detto, ogni pilota si differenziava dall’altro per velocità, turbo boost e manovrabilità e, come se non bastasse, anche in questo capitolo erano stati inseriti dei segreti, come alcuni personaggi, che potevano essere sbloccati solo a determinate condizioni.
LA FINE DI UN MITO
Purtroppo, Crash Team Racing è anche ricordato per essere l’ultimo titolo sviluppato da Naughty Dog, dato che la software house abbandonò la Universal Interactive Studios per approdare negli studi di Sony Computer Entertainment.
E’ da questo momento che tutto ciò che era stato fatto da Naughty Dog fu clamorosamente distrutto dalle aziende cui furono affidate le sorti della serie. Il Crash che tutti noi amavamo e a con cui avevamo passato ore e ore di divertimento era morto.
Nel 2000 Eurocom rilasciò Crash Bash, secondo spin-off della serie anche se è bene ricordare che lo sviluppo iniziale fu affidato sempre a Naughty Dog che, solo in un secondo momento lasciò il gioco nelle mani dell’azienda inglese (la grafica era infatti pressochè identica a quella dei precedenti Crash). Il titolo infatti non poteva essere considerato un platform ma bensì un party game: ogni livello prevedeva infatti una partita a squadre in cui giocatori dovevano scontrarsi in diverse discipline.
Crash Bash fu l’ultimo gioco dell’era Playstation 1. Il resto dei capitoli dedicati a Crash arrivò infatti su Playstation 2. Di questi titoli vi parleremo nella seconda parte della rubrica “Lezioni di Vita” dedicata a Crash Bandicoot.
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