È incredibile pensare a quante grandi serie del passato siano state abbandonate dai publisher in modo… bizzarro. Prendiamo Microsoft, ad esempio, che ha messo nel congelatore quello che negli anni ’90 era il principale rivale di Mario, Banjo-Kazooie, da, boh, 15 anni ormai? O Nintendo con F-Zero, lontana da ben 20 anni dai nostri schermi. Per non parlare di PlayStation. All’epoca di PS1 e PS2, Sony riuscì a inanellare una serie di serie (scusate il gioco di parole) dietro l’altra, alzando l’asticella qualitativa e incastonando i nomi di alcuni personaggi nel monumento della storia.
Ed è incredibile pensare, appunto, che queste serie siano state in larga parte abbandonate. Dei tre grandi re del platform su PS2, solo Ratchet & Clank prosegue ancora oggi, seppur con ritmi da bradipo. Sly Cooper fece un timido ritorno nel 2013 con Ladri nel Tempo su PS3 e PS Vita, prima di tornare nell’anonimato a causa, probabilmente, di vendite non proprio esaltanti. Ma il più grande rimpianto di quell’epoca, ancora oggi, si chiama Jak & Daxter. Una serie che avrebbe meritato ben altro trattamento, e che ha salutato forse per sempre i suoi fan nel 2009 con l’ignobile The Lost Frontier, in italiano Jak & Daxter: Una sfida senza confini.
Se ve lo state chiedendo, sì: ora che il gioco è stato aggiunto nel catalogo di PS Plus Premium, l’ho rigiocato per verificare se fossi stato troppo duro all’epoca della sua uscita, se qualcosa di davvero valido si potesse trovare anche in questo capitolo apocrifo (il team di sviluppo era High Impact Games, con Naughty Dog ormai passata su Uncharted). Risultato: Una sfida senza confini è ancora terribilmente brutto.
Si tratta di un progetto sicuramente strano, realizzato per PSP e PS2 quando PS3 era già sul mercato da ormai tre anni. Ma chi mai approvò tale scelta? Forse High Impact non aveva i mezzi per sfruttare la potenza dell’ammiraglia? O forse, ipotizziamo, Naughty Dog si oppose alla prospettiva di vedere un grande capitolo di Jak senza che fosse lei a occuparsene? E chissà. Quel che è certo è che lo spin-off, lanciato con un certo carico di aspettative, aiutò notevolmente Sony per le sue scelte future: Jak e Daxter, dopo questo scempio, sembravano aver detto tutto quello che avevano da dire.
Tutto, in Una sfida senza confini, appariva fuori luogo, stanco e spossato, ed è assurdo se si pensa che dagli stessi sviluppatori era arrivato anni prima l’ottimo (per la piattaforma di riferimento) Ratchet & Clank: L’altezza non conta, uno splendido esempio di come il gameplay della serie Insomniac poteva essere garantito anche su PSP. Per il nuovo Jak, il team di sviluppo sfruttò le proprie conoscenze per mischiare il passato della serie, con l’incredibile The Precursor Legacy che aveva dato il via al tutto, con i più adulti Jak II: Renegade e Jak 3, esplorando meccaniche di gameplay differenti ma anche troppo confusionarie.
Persino la trama di Una sfida senza confini è robaccia. Uno spin-off in piena regola? No, assolutamente. Più che spin-off, la trama del gioco era quella di una banale missione secondaria di un capitolo principale, una di quelle quest da GDR sconfinato le quali vengono dimenticate nel momento stesso in cui vengono completate. Jak, Daxter e Keira, quest’ultima in particolare con un modello poligonale da far accapponare la pelle, vengono attaccati dai pirati, e nell’incidente scoprono una nuova fonte di eco. L’eco è importante perché è ciò che fa funzionare questo mondo, e nella sua diversa variazione di colore questa rara fonte di energia assume molte proprietà diverse. Lo avevamo già visto nei capitoli precedenti, basti pensare a ciò che accadde al povero Daxter nel primo capitolo. L’eco, come è ovvio che sia, è conteso però da forze politiche e avidi pirati spaziali, dando il via a una nuova avventura… totalmente dimenticabile e senza un briciolo di sorprese.
In apparenza, Una sfida senza confini è anche godibile, contraddistinto da un comparto grafico che, su PSP, forse non sfigurava più di tanto – è anche vero che dopo giochi come MGS: Peace Walker e God of War: Ghost of Sparta, qualsiasi gioco partiva in svantaggio. Scavando però più sotto la superficie, emergeva un gameplay molto poco curato, riprendendo le esatte dinamiche avventurose e d’azione standard dei primi giochi per PlayStation 2 senza però dare nulla di nuovo – o di preciso, complice una telecamera oscena che, su PSP, non poteva godere della seconda levetta analogica. L’unico spiraglio di ispirazione era la trasformazione di Daxter sotto l’influenza dell’eco oscuro, che sicuramente rappresentava una novità rispetto al passato a differenza di tutto il resto. Anche queste sezioni tuttavia, molto brevi e poco impegnativi, esauriscono molto presto la loro efficacia.
Al contrario di Daxter, Jak deve abbandonare i suoi poteri oscuri a causa di un buco di sceneggiatura, ottenendo però alcune abilità per superare ostacoli e nemici: si va da scudi a proiettili energetici, fino alla possibilità di controllare il tempo e sollevare immensi macigni. Sì, è proprio così: Una sfida senza confini andava anche a rompere la magia della serie, introducendo fin troppe meccaniche assurdamente compresse e mai viste fino a quel momento, rendendo instabile persino la tenuta dell’universo immaginato da Naughty Dog.
Ma se su questo potevo anche perdonare High Impact, specie per il fatto che la serie ha avuto un tale cambiamento tra il primo e il secondo capitolo che è stato difficile anche per i giocatori stessi restare al passo, ci sono ben altri elementi di Una sfida senza confini che affossavano il titolo.
Oltre all’aberrante telecamera – il platforming, che è uno degli elementi fondanti della serie, diventa semplicemente un incubo di fronte alla visuale così mal realizzata – c’era anche l’imprecisione generale nel combattimento, causata dalla mancanza di un qualsiasi bersaglio, un riferimento, una direzione da tenere d’occhio per sapere che stavamo facendo la cosa giusta. Unito alla telecamera estremamente ballerina, ne risultava un sistema scadente per essere apprezzato, e soprattutto inferiore ai suoi predecessori per diversi ordini di grandezza. Persino i combattimenti aerei, che dovevano rappresentare la grande novità di questo spin-off, non sono mai
Ma insomma, in definitiva, com’era e com’è ancora oggi questo Jak & Daxter: Una sfida senza confini? È… Meh. Un titolo che si lascia giocare, non ha alcuna pretesa e permetteva comunque di tornare in un universo tanto amato. Un ritorno però tremendamente amaro, perché i difetti erano tantissimi e ben poco si salvava, se non forse l’amore per questo brand dimenticato troppo presto. Da Sony, ovviamente. Non dai suoi fan.
Se non altro, è stato bello vedere che la serie di Jak & Daxter è ora fruibile per intero (manca lo spin-off Daxter, che speriamo possa arrivare presto) su PlayStation, con un’apprezzata operazione di conservazione. Speriamo, a questo punto, che anche altre serie del passato potranno godere di tale trattamento, o che qualcuno, dentro Naughty Dog, non tiri fuori dal cassetto quel Jak 4 che era a un passo dal venire realizzato prima della nascita di The Last of Us…
Scrivi un commento