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Star Wars: Bounty Hunter | Recensione

Oramai dobbiamo dirlo: Aspyr ha deciso di guadagnare sulla nostalgia di chi ha qualche decennio sulle spalle. Dopo aver infatti pubblicato a febbraio Tomb Raider 1-2-3 Remastered, una raccolta dei primi tre capitoli della saga di Lara Croft rimessi a lucido con un buon lavoro come vi abbiamo segnalato nella nostra recensione, ed a marzo Star Wars Battlefront Classic Collection (che abbiamo altrettanto apprezzato), da qualche giorno lo studio di Austin ha deciso di far piangere altri appassionati del mondo creato da George Lucas.

Il team del Texas ha scelto di fare il lifting anche a Star Wars: Bounty Hunter, titolo originariamente pubblicato nel 2002 su PlayStation 2 e GameCube (e di certo non ricordato come uno dei progetti più fulgidi dell’officina di LucasArts).

Sarà quindi riuscita anche questa impresa strappalacrime? Scopriamolo insieme in questa analisi!

Versione provata: PlayStation 5

Lezioni di storia

Per coloro che non lo conoscessero (o ricordassero), l’esperienza realizzata dalla casa di Lucas prende vita nell’universo espanso di Guerre Stellari, cronologicamente tra Episodio I: La minaccia fantasma ed Episodio II: L’attacco dei cloni, e segue il cacciatore di taglie mandaloriano Jango Fett in una missione per conto di Darth Tyranus.

Il gioco mira quindi a far esplorare alcuni retroscena del secondo film della saga, in particolare il modo in cui Jango è stato scelto come modello per i cloni, di come è entrato in possesso della sua astronave e le origini di suo “figlio” Boba Fett. Tutto questo viene narrato attraverso diciotto livelli e sei differenti ambientazioni, all’interno delle quali il cacciatore di taglie è chiamato a fare piazza pulita con il suo vasto equipaggiamento.

Salvare il salvabile

Considerati gli ormai ventidue anni maturati dall’opera, è alquanto pleonastico soffermare l’analisi sulla trama e sulle principali meccaniche del gioco, che per forza di cose Aspyr non ha potuto modificare. Tuttavia, per dare due rapide ed utili pennellate al titolo, vi basti sapere che Bounty Hunter è uno sparatutto in terza persona in cui il protagonista potrà, oltre che sparare con i numerosi strumenti offensivi a sua disposizione, anche impiegare temporaneamente il famoso jetpack per avere una maggiore mobilità sul campo di battaglia (anche se spesso la telecamera mette i bastoni tra le ruote per quanto riguarda la visione di dove si sta effettivamente volando). Vi è però da dire inoltre che, nonostante l’ampio arsenale proposto, le doppie pistole iniziali risultano essere la scelta migliore, sia per le munizioni infinite e sia per la quantità di danno che queste infliggono ai bersagli.

In aggiunta alla missione principale, in alcuni scenari sono poi presenti delle attività secondarie, che richiedono quasi unicamente la cattura di determinati ricercati al fine di reclamarne la taglia. Questa mansione, anch’essa lasciata come due decadi fa, risulta però noiosa e, nonostante i bonus inseriti dagli sviluppatori, non spinge minimamente l’utente ad affrontarla, a meno che dietro al pad non vi sia un completista nato.

Al fine di portare a temine questi obiettivi, Bounty Hunter obbliga l’utente a scansionare prima ogni nemico e NPC, marcare quelli che sono obiettivi e poi ucciderli o legarli usando la nota pistola a filo del personaggio. Qualora infatti si uccidesse il target prima di averlo esaminato e contrassegnato, il gioco non premierà minimamente l’azione (qui invece si, che si poteva fare qualcosa per migliorare la gestione generale del progresso).

Buon lavoro fatto su un gioco altrettanto buono?

Parlando in maniera più approfondita del lavoro svolto da Aspyr sulla produzione, non possiamo che essere soddisfatti: la messa a lucido dell’armatura di Jango Fett è palpabile e non fa altro che cristallizzare ulteriormente la capacità dello studio americano di aggiornare le vecchie produzioni videoludiche. L’intervento migliore è stato fatto indubbiamente sui comandi, i quali danno una risposta immediata e precisa degli input dati dall’utente, permettendo di superare senza troppe angherie le parti più complesse dell’avventura del mandaloriano, che ad un certo punto impenna tremendamente la propria curva di difficoltà.

Altrettanto positivo è anche l’ambito tecnico, che riesce a portare, oltre ad una pulizia grafica generale, anche un framerate roccioso e senza alcun tipo di sbavatura, che naturalmente rende meno frustrante l’interazione con le molteplici sparatorie che si troveranno via via sul campo. Il team del Texas ha poi inserito una torcia elettrica per aiutare la visione nelle zone più oscure e i rallentamento del tempo ogniqualvolta il pistolero utilizza lo scanner sulle persone. Insomma, anche in questo caso non si può recriminare nulla alla squadra di Austin, se non forse per qualche altro mancato intervento alla qualità della vita e alla scelta del titolo riportato alla luce.

Come si diceva prima infatti, Star Wars: Bounty Hunter è rimasto quello di un tempo nelle meccaniche e nel concept, e ciò rappresenta il vero aspetto negativo di questa operazione. Le ampie aree quasi monocromatiche che fanno da sfondo agli scontri a fuoco risultano anonime ed eccessivamente grandi, al punto che spesso generano smarrimento nel giocatore, sovente incapace di trovare la via della prosecuzione. Allo stesso tempo, l’intelligenza artificiale dei nemici è agghiacciante e li costringe quasi unicamente a correre incontro a Jango in linea retta (e ciò porta anche a situazioni comiche in cui gli avversari si gettano nel vuoto senza motivo).

Il risultato finale è quindi apprezzabile dal punto di vista dello svecchiamento, ma se una produzione non parte con buone basi di certo non ci si può aspettare un miracolo da chi prende in carico il titolo originale. Così facendo la remaster di Bounty Hunter si propone unicamente agli appassionati nostalgici della saga, e a coloro che hanno apprezzato ai tempi l’interazione di LucasArts, che forse meritava più un remake di una rimasterizzazione per poter meglio essere goduta dal pubblico del 2024.

Ringraziamo Aspyr per il codice review fornitoci.

6.5
Riassunto
Riassunto

Si dice che chi nasce tondo non muore quadrato. Questo è il perfetto riassunto della remaster di Star Wars: Bounty Hunter. Nonostante infatti il buon lavoro svolto da Aspyr, le magagne concettuali dell'opera originali si manifestano tutte dopo 22 anni dall'uscita, relegando l'operazione unicamente agli appassionati.

Pro
Aspyr ha fatto un buon lavoro di rimasterizzazione...
Contro
...su un titolo però mediocre Curva di difficoltà mal calibrata Ripetitivo e con poche idee
  • Concept & Trama6
  • Gameplay7.5
  • Comparto Artistico5
  • Comparto Tecnico7.5
Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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