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Tomb Raider IV-VI Remastered | Recensione

Quando l’anno scorso Aspyr ha riproposto i primi tre classici e indimenticabili capitoli della serie Tomb Raider sui sistemi attuali, non con imponenti remake bensì rimasterizzazioni ragionate per svecchiare il più possibile i giochi senza snaturarli, l’operazione è stata molto apprezzata. Sebbene alcune logiche di gameplay di Tomb Raider 1-2-3 siano ovviamente invecchiate, causa i circa 30 anni che pesano notevolemente su quelli che erano i primi giochi in 3D all’epoca, si trattava di alcuni tra i più importanti videogiochi che hanno aiutato a plasmare e definire il genere avventuroso che conosciamo ancora oggi.

L’annuncio di Tomb Raider IV-VI Remastered è stato invece… Beh, sicuramente curioso. La riedizione sembra la normale prosecuzione del lavoro di Aspyr e Crystal Dynamics nel tenere vive le origini di Lara Croft (possiamo forse aspettarci l’anno prossimo Tomb Raider 7-8-9, con la trilogia Legend-Anniversary-Underworld?), recuperando i successivi tre giochi della saga. Allo stesso tempo, parliamo di tre capitoli che hanno progressivamente contribuito a far appannare la stella di Lara, tra idee che iniziavano a scarseggiare e realizzazioni via via più problematiche che culminarono poi nel tristemente celebre The Angel of Darkness, un gioco che quasi affossò il franchise.

Non perdiamoci troppo in chiacchiere: questo cappello introduttivo serviva solo a spiegare che mentre la prima trilogia remastered aveva perfettamente senso, in questo caso l’operazione ha avuto un significato differente, e in alcuni casi (TAoD) si parla di giochi davvero molto deboli da riproporre al pubblico odierno. Vediamo nella nostra recensione se Aspyr è riuscita a ridare brillantezza a questi tre giochi dimenticati – o dimenticabili.

Versione provata: PlayStation 5

La solita Lara? Non proprio

La nuova raccolta segue perfettamente l’operazione attuata con i primi tre giochi. Ognuno dei titoli viene presentato con una veste grafica restaurata (è possibile in qualsiasi momento tornare alla versione originale), che risalta particolarmente nei due capitoli più vecchi, Tomb Raider: The Last Revelation e TR Chronicles.

Come la prima trilogia, però, questo porta a difetti che i vari giochi si trascinano dietro dalle loro versioni originali. I comandi e il movimento di Lara, ad esempio, sono vecchi, tremendamente vecchi. Aspyr ha mantenuto anche il sistema di controllo moderno (si può tornare al precedente, chiamato Tank, dal menù di gioco), ma esattamente come per la prima trilogia non è affatto facile abituarsi a queste dinamiche per un neofita. Persino nella grafica si notano i limiti di un tempo. L’aver ampliato il campo visivo della telecamera è ad esempio un danno, poiché non sono rari i pop-in di elementi un tempo lontani dalla visuale – ancora una volta, i giochi più soggetti a tali difetti sono i primi due.

Ma dunque, parliamo un po’ dei tre titoli inclusi. Tomb Raider: The Last Revelation abbandonava i viaggi intorno al mondo e si concentra sull’Egitto e la mitologia, con il dio Set che ha posseduto il mentore di Lara, Werner Von Croy. Guardandolo nell’insieme, TLR è sicuramente il migliore dei tre nel pacchetto: pur avendo fin troppe somiglianze con i primi tre capitoli, la storia era interessante, e la formula funzionava e funziona ancora, risultando così ancora piacevole da giocare. Già all’epoca, comunque, si notava come le idee in Core stessero scarseggiando.

Questo lo si vede anche con Tomb Raider: Chronicles, il quinto capitolo che in realtà è una raccolta di brevi storie dedicate a Lara in vari momenti della sua vita. A suo tempo, l’idea era apparsa davvero poco incisiva, e il sintomo di un franchise che era entrato in una fase di stanca. Oggi, con la riedizione di Aspyr, se non altro si può dare atto a Chronicles di aver saputo ridare varietà alle ambientazioni, elemento che in TLR era stato del tutto ignorato. Non è comunque un gioco indimenticabile, ecco.

E poi, The Angel of Darkness. Ne parleremo più avanti, ma per chi non lo conoscesse, ecco l’antefatto: anni dopo gli eventi di The Last Revelation, Lara si ritrova a Parigi, accusata dell’omicidio del suo mentore Werner Von Croy. In quella che è una trama con incredibili somiglianze con Il codice Da Vinci, libro di Dan Brown pubblicato nello stesso anno, Lara viene portata al Louvre per una caccia agli indizi e di misteriosi dipinti. La storia la porta a intrecciare il suo cammino con quello di Kurtis Trent, che a sorpresa era anche giocabile in alcuni livelli, per rintracciare e fermare il potente villain Pieter Van Eckhardt. Una sorta di thriller giallo con elementi fantasy. Paradossalmente, The Angel of Darkness non riuscì a eccellere in nulla, eppure fece da precursore ad altri giochi di questo stampo. Precursore brutto, ma sempre precursore.

Per ogni titolo, Aspyr propone una serie di aggiornamenti comuni. I comandi sono disponibili sia nella versione classica (Tank), sia con una configurazione moderna (e rimappabili), che in alcuni giochi si traduce con un’esperienza migliore, in altri non riesce a sistemare un sistema di base errato. Anche l’interfaccia è personalizzabile, e viene implementata una funzione di auto-salvataggio che è una manna dal cielo soprattutto per The Angel of Darkness.

Altre due aggiunte tecniche degne di nota sono il sistema di trucchi, che tornano nella loro interezza rispetto ai giochi originali, e la modalità Foto, ora accompagnata dalla funzione Flyby: questa consente di inviare una telecamera virtuale attraverso percorsi personalizzati, creando scatti dinamici e osservando cosa ci attende nei successivi istanti. Ma soprattutto scattare tanti screenshot appassionanti.

Problemi da lontano…

Per quanto riguarda TR The Last Revelation e TR Chronicles, la discussione è e sarà breve, in quanto, esattamente come i due giochi originali, non c’è nulla, se non l’ambientazione e la storia, che li differenzi da Tomb Raider 1-2-3. La formula è sempre la stessa, con ambientazioni dal level design intricato e con puzzle ambientali da risolvere per riuscire a proseguire tra corridoi angusti e grandi templi da scalare. Che siano giochi invecchiati, è evidente, e neppure i comandi moderni riescono a mitigare questa sensazione. Ma nell’essere giochi che rispecchiano in tutto e per tutto il game design originale, restando fedeli in ogni elemento, è anche naturale che sia così.

I problemi veri, ma veri veri, arrivano quando si va ad analizzare The Angel of Darkness. Sullo sviluppo di questo capitolo si potrebbero probabilmente scrivere interi libri: tra contenuti tagliati, cambi di motore, corse contro il tempo per arrivare alla data di uscita e altro, il gioco che Core Design mirava a sfruttare per un rilancio assoluto del franchise con nuove forme e idee fu un disastro su tutta la linea. E non solo per i bug che funestavano qualsiasi momento del titolo.

Abbiamo già discusso brevemente della trama di Angel of Darkness, ma quello che non abbiamo ricordato è che questa fosse proposta con evidenti tagli, addirittura errori di continuità, rendendola discordante e confusionaria al punto che persino i giocatori più attenti si ritrovavano spiazzati di fronte ad alcuni risvolti apparentemente impossibili o ingiustificati.

Lato gameplay, mancavano anche le vere e proprie tombe che fecero grandi la serie, perché il gioco ora andava alla ricerca di quella che aveva più l’aria di essere una sorta di avventura investigativa in aree urbane con tantissimi personaggi coi quali interagire, labirintiche location e, purtroppo, anche un notevole senso di smarrimento. Sembrava quasi dalle prime sequenze che Core Design volesse fare di Tomb Raider una sorta di Shenmue, o comunque riformulare Lara come protagonista di qualcosa del tutto nuovo e con un gameplay che prendeva gli elementi classici per fare però altro.

Il risultato, come detto, fu un grandissimo pasticcio di bug e ingenuità di ogni tipo, tanto che The Angel of Darkness è ancora oggi considerato il peggior gioco in assoluto nella saga di Tomb Raider. Inutile dire quindi che gran parte delle energie sono state spese da Aspyr per cercare di salvare il salvabile da questo titolo. Operazione riuscita? Sì e no. The Angel of Darkness risulta essere oggi più fluido da giocare, anche con l’aggiunta dei comandi moderni che, se non altro, rendono molto meno tremenda l’esperienza. Gli sviluppatori si sono anche premurati di aggiungere alcuni contenuti tagliati dal gioco originale, come una zona di allenamento a Parigi, e anche chicche inedite che servono a migliorare (leggerissimamente) il gameplay di Lara e Kurtis, altro personaggio giocabile.

Ma quindi ora The Angel of Darkness è un bel gioco? Nel modo più assoluto, no, no e ancora no. Il lavoro sul comparto grafico è meno impattante rispetto agli altri due titoli nella collection (è di una generazione differente, dunque si nota questo distacco anche nel filtro originale), ma questo è il meno: l’avventura di Lara è ancora molto, molto problematica.

Oltre al fatto che non tutti i bug sono stati risolti, alcuni dei quali fastidiosissimi, The Angel of Darkness si dimostra essere anche in questa riedizione un guazzabuglio di idee mal assortite che gli sviluppatori originali non sono riusciti a mettere insieme, e che Aspyr non ha potuto sistemare. L’unico elemento che può portarvi fino alla fine è la storia, comunque raccontata abbastanza male. Per rilanciare davvero Tomb Raider 6, forse l’unica operazione possibile e sensata dovrebbe essere un remake completo, capace di ricostruire da zero un titolo in certi casi ai limiti della giocabilità sia per la struttura che per il gameplay – iniziate da subito a prendere familiarità con la funzione di autosalvataggio, perché basta un millimetro di troppo per dover ripartire da capo grazie a hitbox e trigger assurdi. Ma chi sarebbe disposto a spendere 70 o anche 80 € per il remake del più brutto gioco della serie di Lara Croft?

Ringraziamo Aspyr per il codice review

6.8
Review Overview
Riassunto

Serviva davvero questa nuova raccolta? Questo è quello che ci siamo chiesti un po' tutti al momento dell'annuncio, e la risposta poteva essere nella ricerca, da parte di Aspyr e Crystal Dynamics, di una seconda chance per i giochi più dimenticati di Tomb Raider, tra cui il pessimo The Angel of Darkness. Il lavoro svolto dal team ormai esperto di remastered è buono, specie sui già validi The Last Revelation e Chronicles, ma allo stesso tempo tutti i tre giochi dimostrano ancora tutta la loro inferiorità rispetto ai predecessori. In più, per quanto sia stato limato il più possibile, The Angel of Darkness si conferma essere un titolo stracolmo di difficoltà e ingenuità, che neppure Aspyr è riuscito a salvare.

Pro
Buon lavoro di restauro grafico Novità riuscite The Angel of Darkness è stato sistemato al meglio...
Contro
... ma è comunque ancora un mezzo disastro Persistono alcuni bug non sistemati nei tre giochi
  • Giudizio complessivo6.8
Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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