Da sempre al centro di grandi dibattiti, la serie Grand Theft Auto è stata accusata più e più volte di promuovere la violenza e l’aggressività, arrivando ad avere influenze estremamente negative sulla mente soprattutto dei più giovani. Uno studio che si è occupato della faccenda per ben 10 anni ha invece dimostrato che non vi è alcuna correlazione, scagionando Rockstar Games.
Uno studio, pubblicato da Cyberpsychology, Behaviour and Social Networking, si è posto come oggetto della sua ricerca proprio questa domanda: esiste un legame tra GTA e l’aggressività dei più giovani, sbandierata ai quattro venti da più persone in passato? Basti pensare all’ondata di polemiche che a cavallo tra il 2013 e il 2014 colpì l’ultimo gioco della serie di Rockstar Games, accusato di promuovere l’omicidio, la prostituzione, la violenza e chi più ne ha, più ne metta. Gli attacchi ai videogiochi sono quasi all’ordine del giorno, e abbiamo esempi anche dalle nostre parti: forse ricorderete il politico Carlo Calenda, che un paio di anni fa si lasciò andare a considerazioni poco carine nei confronti dei videogiochi.
Questo studio, che è durato ben 10 anni e i cui risultati sono stati da poco pubblicati, non ha trovato prove che mostrino un legame significativo tra i bambini che giocano ai videogiochi violenti e quelli che sperimentano una maggiore aggressività nell’adolescenza.
Dopo un focus group di 500 partecipanti con un’età media di 14 anni, i ricercatori hanno misurato l’impatto che giochi come Grand Theft Auto hanno avuto sui partecipanti nel tempo. Quelli che hanno giocato ai giochi violenti per molte ore non hanno visto un notevole aumento dell’aggressività da adolescenti rispetto a quelli che hanno giocato per meno ore. Invece, i ricercatori affermano che alcuni dei bambini potrebbero aver usato i giochi come un modo per affrontare i sentimenti di ansia.
Ai partecipanti allo studio sono stati dati dei questionari da compilare per analizzare i livelli di aggressività. Secondo lo studio, sono emersi tre gruppi: il gruppo 1 ha giocato più giochi aggressivi da bambini, riducendo gradualmente le ore su questi giochi quando sono cresciuti; il gruppo 2 ha giocato una quantità moderata in giovane età, che è aumentata con l’avanzare degli anni; infine, il gruppo 3 ha iniziato praticamente senza utilizzare giochi aggressivi, aumentando però notevolmente la quantità di tempo trascorsa su di essi nel tempo. I risultati non hanno mostrato differenze tra i gruppi 1 e 3, mentre il gruppo 2 sembrava mostrare il più alto livello di aggressività.
Si tratta di un ulteriore studio che dimostra ancora una volta che l’impatto dei videogiochi violenti sui giocatori non è devastante come alcuni sedicenti esperti vogliono far credere. Questo particolare studio è degno di nota, tuttavia, data la quantità di tempo in cui è stato condotto. È difficile misurare l’impatto a lungo termine in uno studio tradizionale, ma questo fornisce una comprensione più approfondita.
Naturalmente, alcuni partecipanti potrebbero essere stati poco onesti, del resto non possiamo garantire la trasparenza totale in quanto ognuno ragiona con la propria mente. Detto questo, la durata dello studio di oltre 10 anni e il numero di partecipanti coinvolti rende questa ricerca molto affidabile, e i risultati sono i più precisi possibili.
A lungo trattati come capro espiatorio per crimini e problematiche sociali, i videogiochi si prendono ancora una volta una bella rivincita, anche se non escludiamo che neppure questo studio possa far cambiare idea alle menti più testarde e rinchiuse su se stesse che di tanto in tanto si sfogano contro il medium.
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