Sembra una giornata come tante, una vita come tante, eppure ci troviamo dall’altra parte del mondo, un cataclisma ha sconvolto la quotidianità di tante persone e stanno per accadere fenomeni paranormali apparentemente inspiegabili.
Questa cornice intrigante è in realtà un pretesto per riflettere sui rapporti umani, sulla solitudine, sull’elaborazione del lutto, sul difficile processo che ci porta dall’adolescenza all’età adulta.
Until Then, la visual novel sviluppata da Polychroma Games, si pone l’ambizioso obiettivo di aprire una finestra sull’animo umano e sull’importanza del sé in relazione agli altri, lo fa attraverso una storia longeva e ricca di spunti… ma quanto efficacemente questo gioco compie il suo dovere?
Scopriamolo insieme nella recensione di Until Then, priva di spoiler.
Versione provata: PS5
Ringraziamo Maximum Entertainment per il codice review
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Un multiverso di emozioni
Per le prime dieci ore di gioco, Until Then potrebbe sembrarvi una semplice storia “slice of life”, fatta eccezione per qualche strano accadimento. Seguiamo la quotidianità di Mark, un ragazzino di quindici anni che vive nelle Filippine. Mark ha tanti amici, è un po’ scapestrato e non sempre si ricorda di fare i compiti, mettendo nei guai la sua diligente capoclasse. Ben presto scopriamo che non tutto nella sua vita è così ordinario. La popolazione si sta riprendendo faticosamente da un evento climatico devastante (presupponiamo si tratti del tifone Haiyan, che nel 2013 ha provocato nel paese oltre 6.000 vittime): in tanti hanno perso i propri cari o sono stati costretti a lasciare le proprie case.
Questa sensazione di perdita e l’elemento della catastrofe naturale sono onnipresenti durante l’intera avventura. Insieme al senso di solitudine: a volte si è circondati da tante persone, ma per un motivo o per l’altro non si riesce ad ascoltare o a farsi ascoltare davvero. Mark, ad esempio, soffre la mancanza dei genitori. Nonostante la sua giovane età, il ragazzino vive da solo, mentre i due adulti sono emigrati per cercare lavori più remunerativi e garantirgli una vita agiata.
Mark trascorre il tempo con la sua migliore amica Cathy, che nasconde dietro la sua giovialità una storia ben più complessa (avremmo apprezzato qualche trigger warning a inizio avventura, viste le tematiche trattate), scherza con gli altri compagni di classe e, in particolare, è incuriosito dalla nuova arrivata, Nicole, una ragazza dal carattere forte. La sera però, tra le quattro mura solitarie di casa sua, Mark non può fare a meno di posare la maschera e soffrire di una apatia dolorosa. In fondo, si tratta sempre di un ragazzo di 15 anni lontano dai genitori.
La prima metà dell’avventura analizza questa quotidianità complessa e intimista, il che sarebbe bastato per fare di Until Then un buon videogioco. Sappiate però che, una volta giunti per la prima volta ai titoli di coda, l’avventura è molto lontana dalla sua conclusione. Vi basterà scegliere l’opzione “continua” per comprendere che c’è ancora tanto da scoprire: vi sembrerà assurdo, ma siete circa a metà gioco.
La prima partita, se così vogliamo chiamarla, presenta pochi elementi soprannaturali e più scene slice of life. Serve a introdurre i personaggi, le loro vicende, l’ambientazione. In realtà Until Then è una storia di multiversi e fili rossi del destino, che si dipaneranno meglio solo nella seconda parte del racconto. Ci è piaciuta questa storia nell’insieme?
Chi scrive non è grande fan dei multiversi, ma diciamo che questo schema narrativo in Until Then è solo un pretesto per parlare di altro.
Tra minigiochi e chat di gruppo
Come vi anticipavamo, Until Then analizza la complessa tematica delle relazioni umane: c’è chi ha subito una perdita e vive in un limbo senza fine, ancorato al passato e ai rimpianti. C’è chi vede i propri affetti andare avanti e avere successo nella vita, soffrendo in silenzio senza riuscire a trovare la propria strada. C’è chi non riesce a prestare attenzione, dando per scontata la felicità degli altri e chiudendosi nel proprio piccolo mondo. L’elemento paranormale diventa sempre più imperante mano a mano che ci si avvicina al “vero finale”. Già dai primi minuti della nostra “seconda run” infatti, noteremo elementi diversi rispetto a quanto vissuto a inizio gioco, per poi deviare del tutto dal percorso già tracciato, con nuove scene e risvolti di trama. Le rivelazioni sono abbastanza telefonate, ma comunque si tratta di una narrazione intrattenente che sa incuriosire. Sappiate che il giocatore è un semplice spettatore, non può influenzare il racconto in nessun modo.
Essendo una graphic novel, per la maggior parte del tempo ci limiteremo a leggere i dialoghi tra i vari personaggi. Ci muoveremo in spazi molto limitati, con una visuale a scorrimento laterale. Ci sono due elementi che arricchiscono l’esperienza, uno realizzato efficacemente, l’altro invece non del tutto riuscito. Il cellulare di Mark rende la storia più interattiva e realistica, potremo infatti partecipare a scambi di messaggi tra amici e nel gruppo classe, nonché passare il tempo scrollando una sorta di bacheca social, commentando, lasciando like e condividendo i post altrui. Abbiamo apprezzato tanto questo elemento, che aggiunge realisticità all’avventura.
Non ci hanno del tutto convinti invece i minigiochi: questi sono disseminati per lo più nella prima metà dell’esperienza, e non tutti funzionano a dovere. Si tratta di minigiochi brevi e rudimentali, passeremo dall’infilzare polpettine di pesce presso una bancarella di street food a fare una gara di velocità in bici con la nostra Nicole. Il pianoforte, elemento cardine della storia di Until Then, avrebbe meritato un minigioco musicale più ricorrente e ben strutturato, questo è invece presentato solo in rare occasioni (e meno male, dato che si tratta di un mezzo fiasco… praticamente impossibile capire quando si preme il tasto giusto e quando no, tra l’altro la nostra performance non influenza né quello che succede a schermo, né l’andamento della storia). In generale quindi i minigiochi sono poco intuitivi e scomodi a livello di comandi (su PS5 l’esperienza andrebbe ottimizzata in tal senso. Anche navigare il cellulare di Mark non è esattamente un compito agevole).
Until Then: la vita in pixel
La narrazione di Until Then è sempre delicata, dolce, nostalgica. Le tematiche più pesanti vengono approcciate in punta di piedi. La grande forza della visual novel sta in questa scrittura semplice e scorrevole (il gioco è interamente tradotto in italiano) e nell’originale resa grafica. I personaggi sono talvolta resi in una pixel art davvero elementare, altre volte, durante le scene clou, la regia lavora sui primi piani e su una pixel art più dettagliata e d’impatto. I volti sono sempre espressivi, tanto da commuovere in alcune circostanze.
Le Filippine e le tradizioni di questo paese sono ben rese, aggiungendo realisticità al tutto: è affascinante scoprire la quotidianità di chi vive così lontano da noi, ritrovando comunque sentimenti, paure e sofferenze comuni. Peccato per l’età dei protagonisti: nonostante si tratti di adolescenti, troppo spesso i loro discorsi appaiono di una profondità e di una maturità davvero irrealistiche, così come il loro modo di parlare (avremmo apprezzato più slang, più parolacce, più linguaggio da sms).
Le musiche non sono particolarmente originali e non restano impresse. Durante la nostra avventura ci è capitato più volte di dover chiudere l’applicazione e riaprire il gioco dopo essere rimasti bloccati senza la possibilità di far proseguire l’azione, tuttavia i checkpoint sono numerosissimi e non abbiamo dovuto rigiocare intere scene.
Riassunto
Until Then è una graphic novel priva di particolari guizzi di gameplay, con qualche imperfezione tecnica ma godibile dal punto di vista grafico. La grande forza della narrazione sta nel suo tono dolce e delicato, così come nell’ambientazione filippina, originale e ricca di tradizioni. L’elemento paranormale e il multiverso fungono solo da cornice per tante riflessioni sull’animo umano, sull’elaborazione del lutto, sul viaggio verso l’età adulta e sui rapporti interpersonali. Saper lasciare andare e imparare ad ascoltare chi invece resta nella nostra vita non è facile. Crescere non è facile, e Until Then ce lo racconta attraverso una storia che vale la pena di essere vissuta. Se cercate un titolo rilassante e senza troppe pretese, dategli una chance. Lacrimuccia garantita.
Pro
Longevo e coinvolgente Ambientazione caratteristica e originale Ci si affeziona ai personaggiContro
Qualche difetto tecnico I minigiochi sono davvero rudimentali La storia non è influenzabile dal giocatore e non tutti i dialoghi sono credibili- Concept & Trama7.5
- Gameplay7
- Comparto Artistico 8
- Comparto Tecnico 7
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