No, non avete letto male il titolo della notizia, e non state nemmeno impazzendo: è tutto vero.
Le ultime settimane sono state decisamente movimentate. Dopo la morte di George Floyd, afroamericano di Minneapolis soffocato dal poliziotto Derek Chauvin lo scorso 25 maggio, l’America è scesa in piazza per protestare contro la piaga del razzismo e la violenza nelle forze di polizia.
Tra manifestazioni pacifiche e non, che in quest’ultimo caso ci sentiamo in dovere di condannare senza appello, gli Stati Uniti sono ormai sotto gli occhi del mondo per gli scontri che da quasi due settimane si susseguono, e che hanno come principale tema quello della lotta al razzismo nei confronti degli afroamericani con il movimento Black Lives Matter.
Anche grandi aziende del settore dell’intrattenimento hanno contribuito a promuovere il movimento con varie iniziative. Major come Disney e Warner Bros. hanno devoluto grosse somme di denaro in favore delle associazioni, mentre aziende come Sony, Microsoft, Activision, Electronic Arts e altri giganti (e non solo) del settore videoludico hanno aderito con una sorta di protesta silenziosa, tra rinvii di attesi eventi dedicati a PlayStation 5 a storiche decisioni come la chiusura temporanea dei server di GTA Online e Red Dead Online da parte di Rockstar Games.
Farà sicuramente discutere, in quest’ottica di iniziative da parte delle grandi aziende per sensibilizzare le persone all’importante tema della lotta al razzismo, l’ultima decisione di Google per il suo motore di ricerca Chrome.
Il colosso di Mountain View ha deciso infatti di bannare definitivamente le parole blacklist e whitelist, accusate di essere troppo legate a un concetto discriminatorio che potrebbe ingannare le persone.
I termini blacklist e whitelist fanno infatti, secondo il ragionamento di Google, riferimento a un pensiero di discriminazione che può insinuarsi insinuarsi indirettamente nelle persone.
Per chi non lo sapesse, una blacklist rappresenta, in poche parole, una lista di utenti, portali o altro a cui viene impedito l’accesso a un determinato servizio. Chi finisce in questa lista nera, in pratica, non può usufruire di determinate funzioni o visualizzare interi siti web e gruppi.
Al contrario, la whitelist, o lista bianca, identifica una lista di utenti cui è concesso l’accesso al servizio.
La dicotomia tra blacklist e whitelist, sottolineata dai colori nero e bianco, non viene più considerata accettabile da Google, che teme che le persone possano cadere nel significato nascosto di “nero = cattivo” e “bianco = buono”, allargando poi il concetto anche al colore della pelle e introducendo quindi discriminazioni razziali.
Il gigante di Mountain View ha quindi deciso di togliere definitivamente di torno i due termini incriminati, che per il momento sono stati sostituiti con nomi ritenuti neutrali: al posto di blacklist, ecco blocklist; al posto di whitelist, arriva invece il termine allowlist.
Ricordiamo, a onor di cronaca, che questa decisione non è una novità. Già nel 2018 Google aveva infatti affermato di voler rimuovere questi due termini dal suo browser di ricerca Chrome, ma i fatti degli ultimi giorni e il movimento Black Lives Matter devono evidentemente aver fatto accelerare il cambiamento del codice.
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