Secondo un’esclusiva di Reuters, l’Italia ha deciso di farsi sentire dalle parti di Meta, l’azienda di Mark Zuckerberg, per il pagamento dell’Iva arretrata. Non solo Meta nel mirino, perché anche X e LinkedIn sono state accusate di frode discale.
Come riportato dal portale di finanza, il Fisco italiano ha inoltrato le richieste di di pagamento delle imposte a Meta, X e LinkedIn, per un totale di un miliardo di euro. Ciò arriva a conclusione di un’indagine avviata negli scorsi mesi che vedeva i giganti della tecnologia accusati di frode fiscale, con conseguenze che, stando a quanto riferito, avranno impatto su tutta l’Unione Europea.
Il periodo preso in esame dal Fisco risale agli anni 2015-2016 e 2021-2022. L’Italia, valutate le opzioni, ha richiesto 887,6 milioni di euro alla società di Facebook, 12,5 milioni di euro al social network di Elon Musk e altri 140 milioni di euro alla piattaforma del lavoro. Il totale ammonta a 1,04 miliardi di euro.
Al momento, riporta Reuters, questa richiesta sembra riguardare solamente i contributi del 2015 e 2016, dunque le varie big tech possono aspettarsi altri avvisi da parte delle autorità italiane.
In una dichiarazione, un portavoce di Meta ha dichiarato di aver “collaborato pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale e continueremo a farlo. Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo, ma siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva”.
La situazione secondo l’Italia, però, è abbastanza complessa. Le registrazioni degli utenti alle piattaforme Meta, X e LinkedIn, secondo il Fisco, dovrebbero essere considerate transazioni imponibili, dal momento che avviene uno scambio nell’attivazione di un account tra i servizi forniti e i dati dell’utente stesso. Il rischio che questo possa diventare un caso europeo, spiega ancora Reuters, dipende dal fatto che l’Iva è un’imposta che accomuna tutti i 27 Paesi dell’Unione europea, e che quindi anche l’UE potrebbe decidere di far sentire la propria voce presso i colossi dei social network.
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